di Roma Comune
Nelle prime assemblee che hanno costruito la campagna “Roma non si vende” si diceva che obiettivo di partenza era passare dal minimo comune denominatore al minimo comune multiplo. Il 19 marzo questa indicazione di metodo si è tradotta in realtà. Almeno 20.000 persone hanno sfilato dietro lo striscione “Roma non si vende” da Piazza Vittorio Emanuele fino al Campidoglio. Una manifestazione imponente e plurale, dove si sono ritrovate assieme le tante vertenze sociali che vivono nella città, difendendola dagli appetiti degli speculatori e del governo della città e del paese.
A partire dall'attacco portato avanti contro gli spazi sociali tramite la delibera 140 e dal piano di austerità e di privatizzazione contenuto nel Dup firmato da Tronca, (ma presentato dalla giunta Marino), la città solidale si è trovata insieme. Una manifestazione frutto della maturità politica dei movimenti, capaci, di fronte alla radicalità dell'attacco, di costruire una risposta all'altezza dell'offensiva dei poteri forti.
Un corteo moltitudinario, non riducibile alla somma delle realtà organizzate o di lotta, che ha raccolto una voglia diffusa di conflitto e di partecipazione in una città descritta come desertificata e pacificata. L'invasione di Piazza del Campidoglio segna un punto di non ritorno: Roma non vuole più un governo di polizia. Roma vuole riappropriarsi della decisione sul presente e sul futuro della città.
Un corteo moltitudinario, non riducibile alla somma delle realtà organizzate o di lotta, che ha raccolto una voglia diffusa di conflitto e di partecipazione in una città descritta come desertificata e pacificata. L'invasione di Piazza del Campidoglio segna un punto di non ritorno: Roma non vuole più un governo di polizia. Roma vuole riappropriarsi della decisione sul presente e sul futuro della città.
Il 28 febbraio 2015 decine di migliaia di persone avevano invaso Roma contro la destra di Salvini che si presentava nella capitale. Alcuni credevano che non sarebbe stato possibile ripetere quella grande giornata. Troppo l'oscuramento mediatico. Per questo il 19 marzo rimarrà impresso nella memoria collettiva della città. Grazie al lavoro capillare di comunicazione sociale nei territori e negli spazi virtuali, la città ha risposto all'appello, inaugurando una nuova stagione di conflitto. Da oggi possiamo davvero dire: #decideRoma #decideLaCittà. Un'affermazione che va oltre la semplice pretesa di bloccare i processi di privatizzazione e attacco ai soggetti impoveriti dalla crisi, che vuole invertire la rotta non accontentandosi di resistere. Un'affermazione che prefigura l'apertura di un processo di autogoverno di Roma. Il prossimo 9 aprile costituiremo assemblee territorio per territorio per aprire spazi di autogoverno e decisione dal basso.
Un percorso autonomo da qualsiasi candidatura elettorale, che sfiderà su un piano avanzato chiunque andrà al governo della città. Consapevoli che la fase emergenziale che stiamo vivendo non si chiuderà con il ritorno alla normalità, ma fornisce precise indicazioni, e rigidi vincoli, a chi verrà dopo. È invece indispensabile rompere le gabbie del Salva Roma, del Dup e dell'ipoteca del debito sul futuro sviluppo di Roma. Oltre primarie e gazebarie, pantomime di partecipazione e discussione, schermaglie interne ai gruppi di potere a destra e come a sinistra, la città ha invece preso parola e vuole decidere sul proprio futuro.
L'assemblea in piazza del Campidoglio, invasa dai molti contro il governo dei pochi, delle mafie e delle cricche, ha rappresentato tutta questa ricchezza, con gli interventi di lavoratori delle municipalizzate, occupanti di case, inquilini delle case popolari, spazi sociali, maestre degli asili in lotta, comitati di quartiere ed esperienze di autogoverno.
Fonte: dinamopress.it
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