di Tony Weaver
Il 2 aprile 2016, a Amadiba, sulla Wild Coast in Sudafrica, in un clima molto testo, si sono svolti i funerali di Sikhosiphi “Bazooka” Rhadebe, leader dell’opposizione contro lo sfruttamento minerario della zona a opera della corporation australiana MRC – tramite la sua filiale locale TEM. Sikhosiphi “Bazooka” Rhadebe è stato assassinato “da due sicari” allo scopo di “intimidire la resistenza della popolazione locale contro il saccheggio e l’espropriazione della terra”. Pubblichiamo la notizia, arrivata dal Sudafrica, insieme al comunicato e all’appello del comitato di cui Sikhosiphi “Bazooka” Rhadebe faceva parte.
Fare l’attivista ambientale non dovrebbe essere un mestiere pericoloso. Ma in tutto il mondo grandi imprese e governi autoritari stanno sempre più ricorrendo alla violenza per mettere a tacere coloro che si oppongomo alle loro scelte distruttive per l’ambiente.
Il 3 marzo, Berta Cáceres, attivista honduregna per i diritti indigeni e ambientali e co-fondatrice del Consiglio dei popoli indigeni dell’Honduras (COPINH), è stato uccisa nella sua casa, una settimana dopo aver ricevuto minacce di stupro e di morte a causa della sua opposizione a un progetto di una società idroelettrica e delle sue campagne di denuncia contro la distruzione di territori boschivi volute dai proprietari delle piantagioni. A Berta Cáceres l’anno scorso era stato assegnato il prestigioso Goldman Environmental Prize per la sua campagna contro uno dei più grandi progetti idroelettrici dell’America Centrale – quattro dighe sul fiume Gualcarque – una campagna che ha portato al ritiro dal progetto sia del settore privato che della Banca Mondiale: l’International Finance Corporation, e la cinese Sinohydro.
Non sorprende questo tipo di violenza contro gli attivisti in Honduras – 101 attivisti per i diritti ambientali e indigeni sono stati uccisi tra il 2010 e il 2014, secondo la ong Global Witness. Anche Tomás García, co-fondatore di COPINH con Cáceres, è stato ucciso da un ufficiale dell’esercito durante una protesta, nel 2013. Sorprende invece che simili fatti accadano ad attivisti ambientalisti in Sudafrica – anche se in questo paese siamo di gran lunga abituati alla violenza che si scatena su altre forme di attivismo politico, in particolare contro coloro che protestano nei confronti dei consiglieri corrotti del partito di governo. Spesso questi omicidi, o le aggressioni, avvengono nelle zone rurali, lontano dai riflettori delle aree urbane e dei media mainstream.
Martedì sera della scorsa settimana [22 marzo 2016, ndr], tale illusione [di essere in una posizione un po’ diversa dall’Honduras, ndr] si è miseramente frantumata. Ecco l’inizio della e-mail che ho ricevuto dal “Comitato di crisi” che si è formato per contrastare l’estrazione nella minieria a cielo aperto di titanio a Xolobeni sulla Wild Coast, per conto della società mineraria australiana di proprietà MRC e la sua filiale locale TEM:
“Siamo scioccati, dobbiamo informare tutti che il presidente del comitato di crisi Amadiba, Sikhosiphi Bazooka Rhadebe dal villaggio Mdatya in Amadiba, è stato brutalmente assassinato questa sera davanti alla sua casa in borgata Lurholweni borgata, zona Mbizana. Il nostro amato Bazooka ha compiuto l’ultimo sacrificio nel difendere la terra dei padri del Amadiba dalla Wild Coast”.
Il comunicato afferma che “Bazooka” (il cui soprannome non deriva da una predilezione per certe armi ma dal fatto che era un grande fan di un calciatore sudamericano con lo stesso nome) è stato ucciso da sicari che sono arrivati nella sua fattoria con una macchina bianca, modello Polo Wolkswagen, e con una “luce lampeggiante blu sul tetto”.
“Mr Rhadebe è stato ucciso con otto proiettili in testa. È morto per difendere suo figlio piccolo, che ha assistito all’omicidio. Suo figlio e sua moglie ora sono ricoverati in ospedale. Dopo un anno di minacce e attacchi, temevamo che qualcosa del genere potesse accadere… per un anno la polizia locale ha rifiutato di collaborare con le autorità Mgungundlovu della zona costiera Amadiba per fermare la violenza contro la nostra comunità che si oppone alla miniera”.
Il comunicato aggiunge che “la società mineraria australiana MRC e tutti i criminali di alto rango che intendono espropriare un pezzo della nostra terra per riempirsi le tasche con i profitti macchiati di sangue, devono sapere questo: la comunità costiera Amadiba non si farà intimidire né si sottometterà”.
Il presidente Mark Caruso della MRC, secondo fonti di Fin24 (un“business media” locale, ndr), ha dichiarato che l’omicidio è frutto di una tragica fatalità: “La società non è in alcun modo implicata in questo incidente. Eventuali dichiarazioni in senso contrario sono semplicemente infondate. La nostra società non intraprende alcuna attività che incita alla violenza”, ha affermato.
È un racconto terribile, di cattivo auspicio, per la comunità Amadiba e per gli attivisti ambientalisti delle comunità rurali in tutto il Sudafrica. Nessuno di loro gode di un’adeguata e sufficiente protezione, essa è inferiore a quella di cui possono godere altri attivisti nelle città. La loro è spesso una lotta solitaria contro un potere economico che con il denaro è in grado di comprare intere comunità, devastate dalla povertà.
Fonte: Effimera
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