di Michele Prospero
Le parole più gravi che il ministro Boschi ha pronunciato nella trasmissione di Lucia Annunziata forse non sono quelle sui partigiani. Quelli che ancora restano in circolazione, e coloro che non ci sono più, hanno saputo reagire, da par loro, ad ogni avversità. Ben più preoccupanti, delle vacue chiacchiere sui “veri partigiani”, sono le cose dette da Boschi in studio, in qualità di esperta di istituzioni. Occupa da quasi tre anni la poltrona del dicastero per le riforme e ancora non ha appreso neppure i contenuti dell’articolo 138, proprio quello che stabilisce le procedure di revisione della costituzione. Il referendum, ha spiegato in Tv, “è obbligatorio, visto che in aula la legge non è stata approvata in seconda deliberazione con la maggioranza dei due terzi per ciascuna camera”. Ma come “obbligatorio”, dal momento che i professoroni sono indigesti, il ministro si rivolga almeno alla matricola di Catania, che ne sa più del governo.
Il ministro Boschi, che la narrazione di regime ama descrivere come una tosta, che studia, si rivela in realtà un concentrato di insipienza tecnica quando precisa che il referendum “è obbligatorio perché la maggioranza assoluta non basta per evitarlo”. Ma cosa dice e su quali fonti ha studiato la chierichetta madre delle grandi riforme?
Boschi è uscita indenne dalla sfiducia individuale per il caso Etruria. Poteva non sapere della condotta del padre ed essere all’oscuro delle sue frequentazioni. Ma può non sapere cosa prescrive la costituzione sui modi della riforma proprio il ministro che la vuole cambiare da cima a fondo? In un ordinamento che non contempla il referendum obbligatorio è forse obbligatorio tollerare l’ignoranza distruttiva del potere gigliato?
Fonte: Pagina Facebook dell'Autore
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