La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 25 aprile 2017

Ora e sempre Resistenza!

di Angelo d’Orsi
Vorrei cominciare con una pubblica lode all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. E al suo presidente, Carlo Smuraglia, una delle personalità che meglio incarnano i valori civici dell’Italia repubblicana nata dalla Resistenza. Vorrei dire grazie a lui, e alle migliaia di aderenti all’Associazione, che, in ogni plaga d’Italia (una sorta di corrispettivo laico e militante delle parrocchie cattoliche…), ogni giorno, barcamenandosi con la penuria di fondi, con la ristrettezza di mezzi, con la provvisorietà di strutture in cui le Sezioni vengono ospitate, lottano non soltanto per tener vivo lo spirito della lotta partigiana, ma per la tutela del supremo bene che da quella lotta è nato, la Carta costituzionale. 
Nell’Almanacco di Storia che MicroMega ha realizzato, nel 70° della Liberazione, nel 2015, abbiamo inserito alcune interviste a partigiani, un paio dei quali intanto ha cessato di vivere, in quel mestissimo stillicidio di morti, che, inevitabilmente, accompagna il regesto dei partigiani italiani. Ebbene, una delle domande che a tutti abbiamo rivolto era, semplicemente, e vorrei dire banalmente: “Che cosa è rimasto di quella vostra lotta? Che cosa avete ottenuto?”. Le risposte, al di là delle differenze di toni e accenti, erano tutte improntate a un senso di accorata delusione, se non addirittura di sconsolata disillusione. Un briciolo di orgoglio, però, affiorava quando gli intervistati rispondevano, alla domanda sui risultati raggiunti dalla lotta costata sangue, prigione, umiliazione, esclusione sociale: “La Costituzione!”.
Ebbene, l’ANPI è stata, assai più della nostra Suprema Corte, tante volte ingessata da condizionamenti politici del momento, la custode vigile di quel risultato, e insieme la sua prima animatrice, onde evitare che la stessa Carta divenisse un mero simulacro. Ne abbiamo avuto prova lampante nella straordinaria mobilitazione che, quasi totalitariamente, l’Associazione a livello centrale e periferico ha messo in atto nella campagna referendaria conclusasi con lo straordinario risultato del 4 dicembre 2016. Assai più convintamente delle forze politiche che pure erano contro le “riforme” renziane, molto meglio di gruppi sparsi di militanti, e più seriamente organizzata di tanti circoli e sodalizi, l’ANPI ha contribuito in modo determinante alla sconfitta del tentativo, irreversibile, di manomettere, con la Carta costituzionale, la stessa democrazia italiana, già sottoposta a pesanti forme di inquinamento, di riduzione, di snaturamento. E Carlo Smuraglia è stato in prima linea. Se il presidente della Repubblica volesse fare un gesto vero di riconoscimento, indirizzato non solo all’individuo Smuraglia, ma all’intero mondo del partigianato, dovrebbe, sia pur in ritardo, concedergli il laticlavio. Subito.
In questa breve evocazione del passato recente, andrebbe ricordata, poi, la infelicissima battuta della madrina della “riforma” costituzionale, Maria Elena Boschi, che, davanti alla presa di posizione dell’ANPI in difesa della Costituzione, con una bella faccia tosta, ebbe a sibilare: “I veri partigiani sono per la riforma”. Si trattò di un autogol micidiale che nel suo piccolo ha contribuito alla sconfitta dei guastatori. Oggi quella battuta è stata riproposta con altrettanta faccia tosta dalla rappresentante della Comunità Israelitica di Roma, Ruth Dureghello, che ha sentenziato che l’ANPI non rappresenta i “veri partigiani”. E che gli ebrei romani, dunque, faranno una propria manifestazione.
Gad Lerner, ebreo che si ostina a ragionare con la propria testa, e rifiuta il richiamo della appartenenze etniche o religiose, in occasione del XXV Aprile 2013, invitò la Comunità israelitica milanese a non fare abuso politico della Brigata Ebraica, in cerca di consensi che inevitabilmente giungevano dalla destra. Oggi alla dichiarazione sciagurata della Comunità romana, che si è “dissociata” dalla manifestazione, causa la presenza di bandiere ed esponenti palestinesi, ha subito fatto eco, il signor Matteo Orfini “commissario” del PD romano, che ha sparato a zero, maramaldescamente, contro l’ANPI. Sicché, per la prima volta, l’erede del PCI, il partito che ha dato il maggior contributo di forze e di caduti alla Resistenza, sarà assente alla manifestazione che celebra appunto l’esito di quel tributo di lotte e di sangue. Una definiva, irrimediabile conferma che quel partito è morto per la democrazia italiana. E che non merita neppure di essere preso in considerazione in vista di futuri rassemblements democratici per sconfigger la destra: la destra vera, la destra pericolosa oggi, in Italia è il sedicente “Partito democratico”. 
Anche a Milano, una associazione vicina alla Comunità Israelitica, la quale pare non aver tenuto in alcun conto l’accorato invito di Lerner, ha provato a mettere i piedi nel piatto chiedendo al sindaco di non accettare alla manifestazione rappresentanti del movimento BDS, un movimento nonviolento diffuso ovunque in risposta alle politiche israeliane ai danni dei palestinesi. In questo caso è stato Moni Ovadia, ebreo e milanese, a replicare con finezza argomentativa e ricchezza di spunti, e non posso che rinviare alla sua nobile lettera al sindaco Beppe Sala.
Quello che irrita, al di là della pesante strumentalizzazione politica della Brigata Ebraica e sul suo ruolo effettivo nella guerra di Liberazione (sul tema ho già scritto in passato e non ritorno), e al di là della ovvia legittimità della partecipazione palestinese (e del BDS) ai cortei, è il fatto che delle agenzie religiose, o comunque parareligiose, si permettano di dettare la linea alle autorità civili del Paese. Aggiungo che è inaccettabile è, dietro la “contesa”, l’idea, da tante parti ventilata in questi giorni di vigilia, che il XXV Aprile debba essere ricorrenza “inclusiva”, una “festa di tutti”, una “giornata di riconciliazione”, all’insegna della grottesca “memoria condivisa”. A queste scempiaggini, va risposto in modo secco: come un partigiano potrebbe condividere la memoria di un repubblichino? Quale sarebbe il tessuto che unisce chi ha combattuto per darci la Costituzione repubblicana e chi ha combattuto dall’altra parte? Quale condivisione è possibile tra le vittime e i carnefici? Tra fascismo e antifascismo?
Sia lode dunque all’ANPI, che, anche a dispetto del PD, ci ricorda con la sua stessa esistenza, che quella condivisione è un inganno pericoloso, e che si può stare soltanto da una parte, se si vuole essere cittadini a pieno titolo della Repubblica: “nata dalla Resistenza” (mi si lasci ripetere lo slogan), e non dalla Repubblichetta di Mussolini, fantoccio di Adolf Hitler. Il XXV Aprile non è la festa di tutti. È la festa di chi ha combattuto dalla parte giusta.

Fonte: Micromega-online 

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