La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 9 agosto 2015

“Hands up, don’t shoot”. Questione razziale e polizia negli Usa


di Emma Pradella
Il movi­mento #Blac­kLi­ve­sMat­ter con­ti­nua ad avere validi motivi di pro­te­sta, visto il costante ripe­tersi di vio­lenze – spesso omi­cidi – da parte delle forze di poli­zia con­tro afro americani.
“Tray­von Mar­tin sarebbe potuto essere me 35 anni fa”, ha detto Obama il 19 luglio 2013, dopo la con­clu­sione del pro­cesso in cui erano coin­volti il 18enne afroa­me­ri­cano e il suo assas­sino, George Zim­mer­man. Le parole di Obama hanno deter­mi­nato una svolta radi­cale per quel che riguarda l’attenzione media­tica e poli­tica rivolta alla discri­mi­na­zione degli afroamericani.
Nono­stante l’intervento della Casa Bianca, sem­bra che la situa­zione sia cam­biata poco. L’ultimo epi­so­dio risale al 22 luglio scorso, quando Samuel DuBose, 43enne afroa­me­ri­cano di Cin­cin­nati, viene ucciso alla guida dall’agente Ray Ten­sing per­ché non si sarebbe fer­mato, dopo la richie­sta dell’agente. Pochi giorni prima, aveva scosso ancor più l’opinione pub­blica la vicenda di San­dra Bland, dece­duta – si tratta della prima di tre donne morte in due set­ti­mane — men­tre era in custo­dia della polizia.

San­dra, tra­sfe­ri­tasi da poco a Wal­ler County, Texas, gui­dava in dire­zione sud verso le 16:30 quando viene fer­mata dall’agente Brian Enci­nia per non aver segna­lato il cam­bio di cor­sia con gli indi­ca­tori di dire­zione. L’arresto è discu­ti­bile: stando al video rila­sciato dalla poli­zia stessa e da un testi­mone ocu­lare, la donna viene tirata fuori dalla mac­china e minac­ciata dall’agente Enci­nia, che non si limita solo ad usare il Taser, ma è anche autore di vio­lenze fisi­che sulla 28enne, ripresa in ginoc­chio sul prato a bordo della strada. Accu­sata di essere ‘com­bat­tiva e poco col­la­bo­ra­tiva’, San­dra viene arre­stata per assalto a pub­blico uffi­ciale, reato di terzo grado negli Usa. Sul video rila­sciato dalla poli­zia sono sorte nume­rose que­stioni che fanno pen­sare ad un rima­neg­gia­mento del clip, seb­bene sia poi stata rila­sciata una seconda ver­sione più lineare, in cui non sem­bra­vano esserci modi­fi­che. Ecco il video dell’arresto, ripreso da un testi­mone ocu­lare, che raf­fi­gura la vit­tima al bordo della strada men­tre viene minac­ciata dall’agente.
Dal 10 al 13 luglio, tempo che ha pas­sato nella pri­gione di Wal­ler County, in una cella che nor­mal­mente avrebbe dovuto ospi­tare quat­tro dete­nuti, la fami­glia ha poche sue noti­zie: San­dra ha diversi pro­blemi con il pin del tele­fono, ma rie­sce comun­que a con­tat­tare i fami­liari e un paio di amici, chie­dendo aiuto a rac­co­gliere i 5.000 dol­lari di cau­zione per essere libe­rata. Il 13 luglio alle 9 di mat­tina circa, San­dra viene tro­vata impic­cata nella sua cella. Nell’abitacolo non ci sono tele­ca­mere, quindi quello che è suc­cesso ci viene comu­ni­cato solo da chi si tro­vava nei pressi. Si tratta delle per­sone che poi hanno chia­mato la guar­dia medica per far ten­tare invano di ria­ni­mare San­dra. Qui anche il mes­sag­gio vocale lasciato da San­dra durante la detenzione.
Secondo l’autopsia, San­dra Bland è morta per asfis­sia autoin­flit­tasi con la busta della spaz­za­tura pre­sente nella cella. Molte domande sono sorte nel momento in cui la fami­glia e gli amici della donna hanno negato una sua appa­rente depres­sione o un pre­sunto istinto sui­cida. “Ho dif­fi­coltà a sop­por­tare l’incoerenza”, dice alle CNN Sha­ron Coo­per, sorella di San­dra Bland, “che sem­bra essere il tema prin­ci­pale dell’ultimo paio di giorni”.
I dubbi sorti dopo le varie dichia­ra­zioni della poli­zia e della fami­glia sono più di quanti ce ne fos­sero prima: oltre al fatto che i parenti della Bland non erano al cor­rente dell’apparente ten­ta­tivo di sui­ci­dio avve­nuto nel 2012. Ancora oggi affer­mano che la donna non avrebbe potuto com­piere un gesto simile, e che non le è mai stata cli­ni­ca­mente dia­gno­sti­cata la depres­sione. Hanno chie­sto di con­se­guenza un’autopsia pri­vata, i cui esiti sono ancora ignoti.
Le discor­danze tra i fatti e le dichia­ra­zioni fanno sì che ancora una volta, dopo nume­rosi epi­sodi di natura simile, sor­gano pro­te­ste messe in atto per lo più dalla comu­nità afroa­me­ri­cana, come quelle avve­nute a Fer­gu­son l’anno scorso.
Che sia San­dra Bland, Tray­von Mar­tin o Eric Gar­ner, la situa­zione è comun­que gra­vis­sima: secondo un son­dag­gio del Guar­dian, le vit­time di spa­ra­to­rie non neces­sa­rie pro­vo­cate da agenti di poli­zia arri­ve­ranno a 1.100 alla fine di quest’anno. Sono com­prese 500 vit­time nei primi sei mesi, con gli afroa­me­ri­cani che hanno il dop­pio delle pos­si­bi­lità di morire.
“E’ qual­cosa di cui ci dovremmo ver­go­gnare pro­fon­da­mente e che dovremmo essere deter­mi­nati a cam­biare urgen­te­mente per­ché è let­te­ral­mente una que­stione di vita o di morte per molte per­sone, e molte di quelle per­sone mi asso­mi­gliano”, ha detto Brit­tany Pac­k­nett, atti­vi­sta e mem­bro del pro­gramma di Obama ‘Task Force On 21st Cen­tury Policing’.
“I dati incom­pleti e inaf­fi­da­bili ren­dono più dif­fi­cile capire la reale por­tata del pro­blema e più com­pli­cato arri­vare ad una solu­zione poli­tica”, ha scritto Cory Boo­ker, sena­tore demo­cra­tico, in un post online.
Poche per­sone, tra cui il sopra­ci­tato, la col­lega Bar­bara Boxer e il mem­bro della Camera dei Rap­pre­sen­tanti Steve Cohen hanno già pen­sato a prov­ve­di­menti legi­sla­tivi. Forse anche altri potranno comin­ciare a pen­sarci, con un migliaio di vit­time alle spalle.
Fonte: il manifesto

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