La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 1 dicembre 2015

Le sfide di Jeremy Corbyn, il "rivoluzionario gentile"

Intervista a Domenico Cerabona Ferrari di Alessio Aringoli
In questi giorni, il nuovo leader del Partito Laburista britannico, Jeremy Corbyn, sta affrontando la prima seria sfida interna dopo la trionfale, quanto imprevista, vittoria al Congresso. La Camera dei Comuni deve infatti votare l'autorizzazione ai raid aerei in Siria, proposti dal governo conservatore. Tutta l'ala "blairiana" del Partito è favorevole. Corbyn invece, e con lui gran parte della base del Labour, e un settore rilevante dell'opinione pubblica, è seriamente critico sulla strategia che propone Cameron, che considera sbagliata. Difficile dire come finirà questo scontro, che ovviamente ha implicazioni molto più ampie del tema specifico in oggetto. Per capire un poco meglio cosa sta succedendo oltre Manica, abbiamo scelto di fare qualche domanda a Domenico Cerabona Ferrari, direttore della Fondazione Amendola, membro del comitato di redazione della rivista Pandora, che sta curando per Castelvecchi una libro che raccoglierà i discorsi più importanti del nuovo leader della sinistra inglese.
Cosa ha contraddistinto il primo periodo di leadership di Jeremy Corbyn?
"Una netta presa di distanza dalla passata "gestione" del Partito Laburista il quale ora non ha più paura di fare battaglie in difesa dei sindacati, a tutela dello Stato Sociale, alle disuguaglianze. Soprattutto il gruppo parlamentare, nonostante i generosi tentativi di Ed Miliband, si era contraddistinto per una linea moderata, che rendeva spesso il Labour non troppo distante, specie in materia economica, dal Partito Conservatore. Da quando Corbyn è diventato leader, la differenza è piuttosto evidente, nonostante questo cambio di rotta non sia avvenuto in maniera "violenta". Corbyn è un uomo mite, e senza barricate sta spostando l'asse del Labour a sinistra. Dovendo fare una battuta la definirei una "rivoluzione gentile"."
Come si sta sviluppando il rapporto tra Corbyn e la vecchia leadership del Labour?
"In maniera molto conflittuale, per usare un eufemismo. Il gruppo parlamentare, organo chiave per la gestione del partito, è largamente contrario alla linea di Corbyn. Sono quasi tutti parlamentari provenienti dalla scuola del "New Labour" di Blair che vedono come il fumo negli occhi questo ritorno a una linea di stampo socialista. E d'altronde al momento del congresso, solo 35 parlamentari su 232 diedero il loro appoggio a Corbyn, e lo fecero peraltro non perché ne sostenessero davvero la candidatura, ma perché credevano che la sua partecipazione avrebbe indebolito altri candidati. Ora si ritrovano tutti un leader che non volevano, forte di una grande investitura popolare e che non ha la minima intenzione di annacquare le proprie proposte per assecondare il suo gruppo parlamentare. L'impressione è che i parlamentari tenteranno di disarcionare Corbyn alla prima occasione utile, anche se il nuovo leader può contare su un sempre crescente appoggio della base- peraltro in espansione - composta di nuovi iscritti entusiasti di questo nuovo corso. Sarà una bella "battaglia", dal risultato incerto."
Corbyn sta smentendo o confermando il luogo comune per cui rappresenterebbe una sinistra destinata a perdere?
"È davvero troppo presto per dirlo, sono passati pochi mesi dalla sua investitura e le prime elezioni importanti saranno a maggio del 2016 con grandi città come Londra e Liverpool che andranno al voto e, soprattutto, le elezioni per le assemblee nazionali di Galles e Scozia. Quello sarà il primo vero test della gestione di Corbyn, solo a quel punto saremo in grado di capire quanto il nuovo corso laburista sia in grado di parlare a tutto il paese. Per quello che possono valere i sondaggi, al momento sono molto positivi, soprattutto in termini di gradimento per la leadership di Corbyn. Anche perché il leader laburista ha assestato un paio di colpi niente male ai conservatori. In primis ha costretto Cameron ad un clamoroso passo indietro sul fronte della politica estera: il Governo ha dovuto ammettere di aver siglato e, di conseguenza, annullare alcuni accordi commerciali con l'Arabia Saudita, un paese retto da un feroce regime integralista. E poi, proprio la scorsa settimana, Corbyn ha ottenuto una grandissima vittoria in campo economico, con il Governo costretto a ritirare un programma di tagli al credito di imposta che avrebbe sfavorito in maniera significativa soprattutto il ceto medio-basso. Questa vittoria è stata frutto di settimane di battaglia serrata nei due rami del Parlamento e nel Paese. Una battaglia, va sottolineato, che il Labour non si apprestava a dare: gli altri candidati alla leadership di fatto consideravano giusta la linea di austerity portata avanti dal Governo, proprio mentre nel paese si chiede sempre a maggior voce, l'abbandono delle misure lacrime e sangue."
Torniamo indietro di qualche mese. Com'è stato possibile che uno sconosciuto deputato della sinistra del Labour diventasse il Capo dell'Opposizione del Regno Unito? Chi sono i sostenitori di Corbyn?
"Ecco, in parte ho già risposto sopra: nei mesi in cui si stava avviando la campagna congressuale per il Labuor, in Inghilterra si organizzavano marce contro l'austerità, specialmente a seguito della conferma conservatrice al governo. Come detto, il Labour sembrava non opporsi abbastanza nettamente a questa linea e quando in quel campo si è alzata una voce fortemente contraria, molti di quei movimenti hanno iniziato a seguirla. Certo non è stato così semplice. Proviamo a fare un po' d'ordine. Innanzitutto grande "merito" (o demerito, decidete voi) va riconosciuto a Ed Miliband il quale ha cambiato radicalmente le regole del gioco: la sua riforma del partito ha ridotto in maniera consistente l'enorme potere del gruppo parlamentare e dei sindacati affiliati per spostarlo alla cosiddetta base degli iscritti. Quindi, dopo il risultato disastroso delle elezioni politiche, la base laburista, così come tutta la sinistra inglese in generale dimostravano una forte propensione verso un cambiamento di rotta, e la candidatura di Corbyn sembrava dare speranza in tal senso. Con ogni probabilità, l'adesione di massa al Labour per poter partecipare alle primarie è stato un il segno più evidente di questo nuovo sentimento. Inoltre, per la prima volta sempre per decisione di Miliband, gli iscritti ai sindacati affiliati non erano automaticamente considerati iscritti e aventi diritto di voto nel Labour, ma dovevano manifestare apertamente la loro volontà di partecipare e votare. Questo ha tolto molto potere all'establishment sindacale per spostarlo, ancora una volta, alla base. Anche questa si è rivelata una vera e propria "arma" in favore di Corbyn. Insomma Corbyn si è rivelato l'uomo giusto al momento giusto."
Cos'è la "Corbynomics"?
"Basterebbe fare tre nomi: Thomas Piketty, Joseph Stiglitz, Mariana Mazzucato. Questi, insieme ad altri meno noti al grande pubblico, sono i suoi "consulenti" economici. Questo la dovrebbe dire abbastanza lunga sulla linea economica scelta da Corbyn. Senza voler entrare nelle tecnalità, mi sentirei di definirla una linea socialdemocratica: lotta alla speculazione finanziaria, difesa del ruolo dei sindacati, difesa e incremento delle tutele dello Stato Sociale e, soprattutto, un forte piano di investimenti statali in chiave di rilancio dell'economia. Facciamo un paio di esempi. Al momento le due battaglie più importanti che stanno facendo Corbyn e John McDonnel, il ministro ombra con delega all'economia, sono in difesa dell'industria dell'acciaio britannica e contro un'ulteriore privatizzazione delle ferrovie. Corbyn sostiene infatti che il governo britannico dovrebbe intervenire con tutti i mezzi per difendere le acciaierie del nord est dalla sleale concorrenza straniera, specialmente cinese, che sta mettendo in ginocchio la capacità produttiva di uno dei principali comparti del Paese. Peraltro nel farlo cita spesso come esempio virtuoso il decreto salva Ilva del governo italiano. Ancora più clamorosa è la posizione sulle ferrovie: i Laburisti ora ne propongono la nazionalizzazione, ritenendo - e a ragione - il sistema ferroviario britannico inefficiente soprattutto in termini di servizio reso ai cittadini. Tutto questo proprio mentre il Governo si appresta ad un'ulteriore privatizzazione del settore. Insomma, anche in campo economico, Corbyn ha apportato una piccola rivoluzione alla linea del Labour di tradizione blairiana."
Esiste una "dottrina" di Corbyn in politica estera, ad esempio sul tema dell'Is, o sul rapporto con l'Unione Europea?
"A mio parere la politica estera è il campo in cui Corbyn avrà più difficoltà. Le sue posizioni sono spesso di buon senso e spesso si sono rivelate anche lungimiranti. Per esempio lui fu uno dei più grandi oppositori alla guerra in Iraq decisa da Tony Blair. Eppure una grande forza di governo in un paese come la Gran Bretagna non sempre può permettersi il lusso del pacifismo intransigente. Non è un caso che proprio in questi giorni in cui ci si appresta a votare su un intervento britannico in Siria, il gruppo parlamentare e persino il gabinetto ombra, stiano dando importanti segnali di dissidenza nei confronti del proprio leader. Vedremo se e quanto Corbyn riuscirà ad unire idealismo e real politik, dimostrandosi davvero pronto a guidare un grande partito di governo. Anche quella sul rapporto con l'Unione Europea è una sfida insidiosa. Corbyn eredita un Labour schiacciato tra le forze euroscettiche di estrema destra (l'Ukip di Farage) e l'estrema sinistra (il Partito Nazionalista Scozzese di Nicola Sturgeon) e le ambigue posizioni conservatrici, con un Cameron che in Europa appoggia una linea che, di fatto, rende l'Europa un guscio vuoto capace solo di esprimere una linea tecnocratica. Dunque il Partito Laburista avrà un sentiero molto stretto quando nel 2016 si arriverà (ancora non si sa quando) al referendum che deciderà sul futuro europeo della Gran Bretagna. Per ora Corbyn si è dichiarato contrario all'uscita dall'Unione Europea, perché è convinto che l'Unione sia l'unico "luogo" in grado di garantire maggiori diritti e tutele ai lavoratori e ai più deboli, a patto che però l'Europa smetta di essere quella sognata dai conservatori, Cameron in testa. Insomma anche questo sarà un test piuttosto importante per la leadership di Corbyn."

Fonte: Huffingtonpost.it - blog dell'Autore 

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