di don Aldo Antonelli
Come prete mi sono sempre sentito in dovere di "ascoltare" le voci dal basso, espresse e non, quelle meno gridate, quelle degli esclusi e degli emarginati. Lontano un universo intero dagli stregoni che abusano della "buonafede" e dai fattucchieri che mestolano nel torbido dei sentimenti tribali di coscienze all'ammasso.
Come cristiano credo in quel Dio che è entrato nella storia degli uomini in maniera silenziosa e "periferica" (questo è il vero Natale!), bussando e non invadendo, e il cui luogo eminente di residenza è la coscienza delle singole persone e non le piazze delle folle. Come laico ritengo che gli spazi pubblici sono spazi degli uomini e delle donne tout-court, senza aggettivi e senza colorazioni politiche o religiose.
Come politico trovo rivoltante il feticismo verniciato di cristianesimo di razzisti intolleranti e insensibili ad ogni ragione di umana convivenza.
Come politico trovo rivoltante il feticismo verniciato di cristianesimo di razzisti intolleranti e insensibili ad ogni ragione di umana convivenza.
Tutto ciò premesso (perché non venga annoverato tra gli schiamazzanti del Fascio e della Lega!), mi preme fare alcune considerazioni sulla "motivazione" che da più parti, spesso, viene addotta per cancellare tradizioni che fanno parte della nostra storia e della nostra cultura: "Rispettare l'altrui sensibilità!". Una motivazione vecchia, che oggi riguarda l'istallazione di presepi e in passato ha riguardato l'affissione dei crocifissi. Realtà, queste, che se vanno rimosse non è per via di un malinteso e/o interessato (ideologicamente) "rispetto", ma semplicemente perché non essendo "opere d'arte" né manifestazione di "cultura", come simboli religiosi male insistono in luoghi laici e pubblici.
Sarebbe bene, invece, che si riflettesse sul risvolto assurdo di questo millantato rispetto. Rispettare l'altro non significa cancellarlo, ma sapersi rapportare con esso. E considerato che si parla di scuola, struttura altamente educativa, dovremmo ricordare a noi stessi che educare ( la parola stessa lo dice: e-ducere, tirar fuori) è sempre un tirar fuori dalla prigionia del proprio narcisismo ed accompagnare all'incontro con la diversità.
Le persone sono sempre nodi di relazione, affettive e ideali; politiche, sociali e religiose. L'incontro è sempre un incontro con dei "mondi" di cui le persone sono parte. Isolarle sarebbe come sterilizzarle e l'incontro non sarebbe più "In-Contro": essere e non essere, sentirsi parte e sentirsi diverso. L'educazione all'incontro non si costruisce sul vuoto. In quel vuoto nel quale il soggetto, in un processo di cieca autoreferenzialità, diventa oggetto di se stesso. "Idiota" è il termine che identifica questo tipo di nuovo soggetto, incapace a rapportarsi con gli altri e tutto intento a girare intorno a se stesso.
Invece che costruire percorsi di comprensione del diverso lo si cancella tout-court. I bianchi non possono vedere i neri? Uccidiamoli! Gli italiani non sopportano gli immigrati? Bombardiamoli! I ricchi non sopportano i poveri? Eliminiamoli! Credevo che questa storia di nefandezze ci stesse alle spalle; invece è nostra compagna di strada. I confini che una volta delimitavano gli stati si trasformano in frontiere che umiliano gli umani. Unico valore, da tutti unanimemente riconosciuto, nel vuoto gravitazionale di questa nave spaziale senza guida e senza meta: il danaro! Sporco o intriso di sangue, è per tutti il benvenuto!
Benedetto anche da abbati e cardinali...
Fonte: Huffingtonpost.it - blog dell'Autore
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