La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 22 dicembre 2015

Una leggina razziale

di Roberto Ciccarelli 
Nella sua «eNews» di Natale al partito Democratico Matteo Renzi respinge l’accusa del movimento 5 Stelle: la legge di stabilità non è fatta di «marchette»: «Chi lo dice ha nostalgia del passato» sostiene. Scambi ispirati al lessico della prostituzione. A quanto pare, per Renzi, «in passato» c’è stato spazio per tali pratiche in parlamento. Per i Cinque Stelle è quello che accade oggi.
Dibattito altissimo. Una manovra fatta di «bonus» e «mance»: questa è l’accusa del Corriere della Sera, domenica scorsa ci ha fatto l’apertura del giornale. Macché, Renzi nega tutto. A Sergio Rizzo, e Dario Di Vico, che hanno firmato gli attacchi a Palazzo Chigi e al Mef di Padoan risponde: «Hanno nostalgia del malus».
Battute criptiche a misura di tweet che non fanno ridere. Dal dibattito — per usare un’espressione enfatica — manca una riflessione sul senso di una misura simbolica per il renzismo: quella dei 500 euro riservata ai 18 enni italiani e stranieri provenienti da un paese dell’Unione europea, ma non ai loro coetanei figli di genitori extra-comunitari nati in Italia, gli italiani di seconda generazione, e di tutti gli altri che frequentano le scuole.
Una «leggina razziale» è stata definita da Andrea Maestri (Alternativa Libera-Possibile) la mancia elettorale (in primavera si vota) riservata agli italiani e non a chi non ha la cittadinanza. Queste persone non votano, dunque non contano per il mercato della politica. «Discriminazione di stato», una «misura anti-costituzionale», «non il segno migliore per un’integrazione». «Sul piano culturale è un segnale bruttissimo» ha detto Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.
Il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd) si è reso conto dell’autogol da brividi del governo ma ha escluso per il momento un ripensamento al Senato. Non sembra esserci spazio tra gli 839 emendamenti da spulciare in un giorno in commissione Bilancio. La legge di stabilità andrà approvata entro il 23. Per rimediare alla mancetta razziale si punta, forse, sul milleproroghe.
Nella politica renziana del consenso, fondata su bonus e mance, vige la legge dei 500 euro. Tanto avranno gli insegnanti dei 18enni italiani per andare (insieme?) al cinema o al museo. L’Anief ha fatto notare che sarebbe stato meglio dare questi soldi ai ragazzi che vogliono iscriversi all’università, considerato il crollo delle immatricolazioni in atto dall’inizio della crisi.
Nell’erogazione a pioggia di risorse, per fini legati a una «lotta contro il terrorismo» (il bonus Irpef da 80 euro andranno alle forze dell’ordine), il governo in realtà sta rispondendo come peggio non potrebbe a un’esigenza urgente: il reddito minimo per gli studenti, legato alle esigenze di studio o di formazione. Si tratta di una misura esistenti in molti paesi, richiesta dalle organizzazioni studentesche peraltro, ridotta a un provvedimento a sostegno dei «consumi culturali», cioè ai gestori dei cinema, ai distributori di spettacoli o agli editori in crisi di vendita.
Mai, invece, considerare i ragazzi — come gli adulti — soggetti di diritto meritevoli di un sostegno universale: per lo studio, contro la precarietà o la disoccupazione, vale a dire i principali motivi per cui si erogano garanzie di questo tipo. Per Renzi questi sono «bonus», non diritti. Chi la pensa diversamente, pensa «malus».

Fonte: il manifesto 

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