La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 29 agosto 2016

L’eredità della schiavitù della Gran Bretagna

di Julian Vigo
L’estate scorsa, quando facevo lezioni nelle università in tutto il Regno Unito, una delle mie priorità, durante una conferenza vicino a Liverpool, è stata di riuscire ad andare al Museo Internazionale della Schiavitù che c’è lì, per conoscere il coinvolgimento di questo paese nel commercio transatlantico degli schiavi. In effetti la maggior parte delle culture del mondo ha un legame storico con una forma di schiavitù o un’altra, e non è necessario cercare molto lontano quando si va in vacanza d’estate in qualsiasi destinazione di viaggio, per istruirsi su questo argomento. Per esempio, il Colosseo di Roma è stato costruito da 20.000 schiavi ebrei portati nella città dagli imperatori Vespasiano e Tito, e a Granada gli schiavi cristiani costruirono l’Alhambra.
E non avete bisogno di lasciare il Regno Unito, dato che gran parte dell’originaria città di Londra è stata costruita dagli schiavi britannici che furono poi massacrati dai Romani intorno al 50 d.C.
Per più di 200 anni, la Gran Bretagna è stata il centro di un commercio transatlantico di essere umani molto redditizio che riduceva in schiavitù milioni di africani. Nei 245 anni intercorsi tra il primo viaggio per mare di John Hawkins, e l’abolizione del Commercio degli Schiavi nel 1807, i mercanti in Gran Bretagna hanno organizzato circa 10.000 viaggi in Africa per gli schiavi, mentre in altre parti dell’Impero Britannico i mercanti forse ne hanno preparati altri 1.150 . Anche con l’approvazione da parte del Parlamento della Legge per l’abolizione della Tratta degli schiavi nel 1807, la schiavitù non fu abolita nelle colonie britanniche fino alla Legge per l’abolizione della schiavitù (1883). A questo punto, secondo la Commissione per il risarcimento degli schiavi, l’amministrazione governativa stabilì di valutare le rivendicazioni dei proprietari di schiavi che in Gran Bretagna erano 46.000. Tra il 1562 e il 1807 le navi britanniche trasportarono nelle Americhe fino a 3 milioni di persone che sarebbero diventate schiavi. Molto stranamente, quando la schiavitù fu abolita, non furono gli schiavi a essere risarciti, ma i circa 3.000 proprietari britannici di schiavi che ricevettero 20 milioni di sterline (1,6 miliardi di sterline di oggi) di risarcimento.
Tuttavia, molti oggi nel Regno Unito sono ignari della storia della schiavitù che non soltanto ha reso questo paese estremamente ricco, ma che è la base della sua opulenza in tempi in cui il denaro divideva una classe dalla successiva tanto quanto l’autodeterminazione per la libertà accertava chi incarnava “i fondamentali valori britannici” e chi semplicemente non era in grado di farlo. Termini come “mercanti delle Indie Occidentali” e “proprietari di piantagioni delle Indie occidentali” erano eufemismi comuni usati al posto di mercante di schiavi e di proprietario di schiavi. In effetti la storia recente della Gran Bretagna è deturpata da un passato di schiavismo che, o non è riconosciuto oppure è trascurato a favore dell’inquadrare un’eredità nazionale in termini dell’enorme ricchezza che è stata ottenuta sfruttando le fatiche degli schiavi. E così, ciò che era stato un crudele commercio di vite umane e promozione della schiavitù, che quindi sosteneva la ricchezza di una nazione, è stato storicamente posto all’interno del linguaggio del “commercio.”
Considerate la Compagnia delle Indie Orientali che ha avuto il controllo commerciale e politico della Gran Bretagna in India e nell’Asia Orientale dal 1660 fino al 1874. La Compagnia delle Indie Orientali è servita come trampolino di lancio per il dominio coloniale nell’Asia meridionale e divenne luogo di competizione tra i paesi europei per il commercio, il potere e il profitto, portando alla conquista di nuovi territori. La colonizzazione dei Caraibi e di parti dell’America Nord e del Sud America e anche gli sviluppi della Tratta degli schiavi transatlantica, è stata un’indicazione della ricchezza britannica per Portoghesi, Spagnoli, Olandesi e britannici che stabilivano tutti punti dove prendere piede in queste zone.
Per esempio, nel 1662 i Britannici stabilirono il loro quartier generale sulla Costa d’Oro (l’attuale Ghana), a poche miglia a est di Elmina, entrando in competizione con gli Olandesi che erano già nella zona. E soltanto a circa 160 km a sud dalla foce del fiume Senegal, c’è l’isola di Gorée dove i Francesi avevano costruito un forte e avevano esteso la loro presenza coloniale fino alla riva settentrionale del fiume Gambia. Al di là del fiume c’era un forte britannico. Da allora quell’aerea divenne per molti anni una zona di conflitto tra le potenze coloniali in concorrenza: Francia e Gran Bretagna. Quando, quindi, si guarda su una mappa la posizione geografica delle nazioni africane, spesso questa è un segnale di dove una potenza coloniale ha avuto influenza sulla popolazione locale e/o su altre nazioni che hanno colonizzato quelle zone.
E in coppia con la schiavitù etichettata come “commercio”, la Compagnia delle Indie Orientali era direttamente coinvolta nel commercio degli schiavi dell’Africa Orientale e portava schiavi anche dalla costa occidentale dell’Africa per farli lavorare nei suoi insediamenti nell’Africa meridionale e orientale, in India e in Asia. Anche il padre del futuro Primo Ministro William Gladstone, cioè Sir John Gladstone, era direttamente coinvolto nella “importazione” di schiavi dall’India, che furono ribattezzati “servi a contratto” e che lavoravano nelle sue piantagioni di canna da zucchero nelle Indie Occidentali. Non soltanto i “servi a contratto” nei Caraibi, per tutta la metà del diciannovesimo secolo, lavoravano nel campo del proprietario per un periodo determinato di servitù (di solito da 4 a 7 anni), ma fino a mezzo milione di Europei furono portati con la forza ai Caraibi per guadagnarsi la libertà dalla loro schiavitù, e alla fine venivano pagate loro le “quote di libertà” (consistenti in terra o denaro, n.d.t.). Per molti aspetti questo sistema funzionava come precursore di quello attuale che definisce l’autonomia economica di un individuo come basata sul fatto di avere avuto un debito con qualcuno in un qualche momento.
Mentre a questi lavoratori non veniva dato un salario perché si considerava che lavorassero per finire di pagare il loro “debito” a Gladstone (per il “favore” di essere in una nave e portati nei Caraibi), la realtà è che queste persone erano schiave in tutto tranne che nel nome. Più cinicamente, Gladstone e altri avevano esercitato delle pressioni durante la stesura dello Slavery Abolition Act (Legge per l’abolizione della schiavitù) del 1883 che permetteva la schiavitù in India e la riduzione in schiavitù degli Indiani per i mercati coloniale gestiti dalla Compagnia delle Indie Orientali esclusi “i Territori in possesso della Compagnia delle Indie Orientali, o l’Isola di Ceylon, o l’Isola di Saint Helena.” Queste eccezioni furono eliminate nel 1843.
La colonizzazione ha semplicemente precorso il capitalismo contemporaneo quando le nazioni si impadronivano di territori per espandere la loro ricchezza utilizzando la mano d’opera locale per cercare il petrolio, per estrarre il rame, la cromite, il platino e l’oro. La schiavitù e la servitù con contratto, costituivano, di fatto la prima industria del mondo e servivano come modello a successive forme di capitalismo. Come le straricche multinazionali in tutto il mondo, la schiavitù era realmente gestita da poche centinaia di famiglie, molte delle quali sono le grandi famiglie aristocratiche della Gran Bretagna che hanno un passato nascosto di commercio degli schiavi (comprendono, cioè, gli antenati di Graham Green, Elizabeth Barrett Browning, Sir George Gilbert Scott, David Cameron, and George Orwell). A causa dello sfruttamento degli schiavi e delle risorse da parte dei Britannici, la schiavitù ha aperto la strada all’eredità economica dell’economia britannica e alla stabilità della sterlina britannica fin dal 1880.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Counterpunch
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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