La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 29 agosto 2016

Odiatevi tra voi, che state in basso

di Alessandro Gilioli
«Perché non mettere a disposizione il Campo Base di Expo per ospitare gli sfollati del terremoto? Mi pare una destinazione idonea, invece che farci un campo 'profughi'». Lo ha scritto Roberto Maroni su Facebook, comprese le virgolette attorno alla parola profughi: come dire che veri profughi non sono. Maroni era ministro degli Interni nel governo che gestì la vergogna dell'Aquila: decenza vorrebbe che di terremoti e simili non parlasse mai più. Invece, contrapponendo terremotati e migranti mette i piedi nel piatto in quello che è il tratto politico e subculturale più forte di questi anni.
Non vale nemmeno la pena di spiegare a Maroni che portare gli sfollati dalla Sabina alla periferia di Milano sarebbe una solenne stronzata proprio per gli sfollati: che non devono essere sradicati dalle loro terre, che devono restare il più vicino possibili ai loro paesi e ricostruirli dov'erano, com'erano.
Non vale la pena perché a Maroni degli sfollati non importa una mazza: a lui interessa soltanto che le casette di Expo non vadano ai migranti. Anzi, per essere più precisi: a lui interessa soltanto che sia attizzata e rinfocolata la contrapposizione tra due componenti deboli della società.
Tra chi è rimasto senza casa per via del terremoto e chi casa propria ha dovuto abbandonarla per guerra o per fame.
Ecco, appunto: è questo il tratto forte dell'oggi, quello a cui ci hanno portato gli ultimi decenni - e ben oltre il terremoto: odiatevi tra voi, che state in basso.
Odiatevi tra voi, che avete dei problemi.
Ammazzatevi tra voi, che siete deboli.
Italiani e migranti, certo, ma non solo: anche pensionati al minimo e giovani disoccupati, interinali e voucheristi, partite Iva e operai, cassieri dei centri commerciali e precari dei call center, poveri del nord e poveri del Sud, e così via all'infinito.
La giustapposizione tra migranti e terremotati è solo la rappresentazione plastica di questo gioco dell'odio intrecciato, di questi non-blocchi sociali che sono diventate schegge di rabbia messe una contro l'altra.
Maroni ci soffia su, per guadagnare qualche consenso intestinale. E così mette un altro piccolo grande mattone alla logica dell'odiarsi in basso: quindi alla decomposizione sociale, alla guerra civile diffusa.
Ma Maroni è solo uno dei tanti, che campano così: giocando a distruggere ogni ipotesi di coesione sociale.
Lo fanno anche molti altri, non leghisti, che abitano nei palazzi dell'uno per cento e sanno di poterci restare solo se, fuori, nel mondo, gli altri continuano a odiarsi.
Così come sanno che più togli l'acqua nell'acquario - cioè il welfare alla società - più i pesci si mangeranno tra loro.
E sono loro, tutti loro, i veri nemici di qualsiasi possibile futuro.

Fonte: L'Espresso - blog Piovono Rane

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