di Luca Kocci
Nessuno è clandestino. Non lo dice proprio in questi termini, ma quello che papa Francesco scrive nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato — il prossimo 17 gennaio — ci si avvicina molto. «È importante — si legge nel messaggio reso noto ieri — guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri».
In ogni caso, puntualizza Bergoglio, «non si possono ridurre le migrazioni alla dimensione politica e normativa, ai risvolti economici e alla mera compresenza di culture differenti sul medesimo territorio». Insomma le persone valgono più del proprio status giuridico.
Il dato di partenza individuato dal papa è che «i flussi migratori sono ormai una realtà strutturale» del nostro tempo. È sbagliato quindi affrontarli come «emergenza», sono necessari «programmi che tengano conto delle cause delle migrazioni, dei cambiamenti che si producono e delle conseguenze che imprimono volti nuovi alle società e ai popoli».
Ma non è ciò che succede. Anzi quello dei migranti è una sorta di percorso ad ostacoli, sovente mortale: fuggono «dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta», sottolinea, affidandosi ai «trafficanti di persone»; poi, «se sopravvivono agli abusi e alle avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure», ovvero tante aree della “civile” Europa; e quando sembrano arrivati alla fine, «incontrano la carenza di normative chiare e praticabili, che regolino l’accoglienza e prevedano itinerari di integrazione a breve e a lungo termine, con attenzione ai diritti e ai doveri di tutti».
Che fare? Il “piano” del papa — ispirato, scrive, al «Vangelo della misericordia» — è in tre mosse. «L’accoglienza dello straniero», perché così «si aprono le porte a Dio», mentre «l’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità». Poi azioni che rendano effettiva «l’integrazione», anche per prevenire «il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo» e «della xenofobia». Contemporaneamente l’intervento sulle cause, affinché ciascuno possa esercitare «il diritto a non emigrare»: quindi «solidarietà», «cooperazione» ed «equa distribuzione dei beni della terra».
Bergoglio parla ai governi, ma anche alle singole persone (ciascuno «è responsabile del suo vicino») e alla Chiesa, rilanciando l’appello alle parrocchie ad ospitare una famiglia di profughi. «Non cessano — rileva — di moltiplicarsi i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza, non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune comunità parrocchiali che vedono minacciata la tranquillità tradizionale».
Come sta andando su questo fronte? Monsignor Perego, direttore della Fondazione Migrantes (Cei) spiega che «centinaia di parrocchie hanno dato disponibilità», ma è presto per dare numeri precisi. In ogni caso «22mila migranti sono accolti in strutture religiose italiane, lo scorso anno erano 10mila». La Caritas di Roma fa sapere che finora circa novanta fra parrocchie ed istituti religiosi hanno offerto disponibilità all’accoglienza.
Considerando che a Roma ci sono 336 parrocchie (più qualche centinaio di istituti religiosi) il dato però non è particolarmente esaltante.
Comunque se ne sta parlando. Dal Vaticano monsignor Vegliò (presidente del Pontificio consiglio per i migranti) informa che verrà pubblicato un documento per le Conferenze episcopali di tutto il mondo «che cerca di dare una soluzione pratica e concreta» al richiamo di Francesco. La stessa cosa stanno facendo i vescovi italiani riuniti a Firenze per il Consiglio episcopale permanente, che si conclude oggi.
«Cercheremo le vie più sicure e praticabili per corrispondere all’appello del papa», dice il cardinale Angelo Bagnasco. Domani, quindi, si dovrebbero conoscere le linee guida della Cei.
Fonte: il manifesto
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