di Antonio Sciotto
Abituati a un sindacato europeo ormai seduto, carico di scartoffie, rituali, burocrazie, e che rarissimamente scende in piazza? Il Congresso della Ces che si chiude oggi a Parigi ha tentato di riscattare un’immagine ormai parecchio offuscata, e ieri da Carmelo Barbagallo, segretario Uil, è arrivato l’invito a tornare a mobilitarsi: «Negli interventi che ho ascoltato in questi giorni — ha detto dal palco — ho sentito parlare di raccomandazioni, di buone prassi, di attività negoziale. Ma nel nostro dizionario non ci sono più le parole: “rivendicazione”, “mobilitazione”, “lotte”? Pensiamo che con le sole raccomandazioni sia possibile contrastare il neo liberismo delle multinazionali e dei governi che cercano di dividerci tra giovani e anziani, tra occupati e disoccupati?».
Ma il centro del dibattito, al Congresso, è stato soprattutto il tema del salario minimo europeo, da rivendicare per evitare il dumping tra i diversi paesi: il sindacato italiano arriva con una posizione molto netta, e se apre a uno standard Ue, è però deciso a difendere il ruolo del contratto nazionale all’interno dei confini italiani.
«Apprezziamo la proposta della Ces in merito a un approccio equilibrato e differenziato al tema del salario minimo — ha detto Barbagallo — In Italia, in particolare, i minimi salariali vengono fissati dai contratti nazionali di lavoro che rappresentano anche un consolidato riferimento giuridico e che sono in grado di cogliere le singole specificità settoriali, evitando fenomeni di dumping salariale».
Specificità da conservare, seppure in un quadro europeo concordato e comune, anche per la segretaria Cgil Susanna Camusso: «Non si possono discutere in chiave italiana le norme europee, non si può presupporre che tutta Europa abbia lo stesso modello contrattuale — ha spiegato — Si fa confusione tra il salario minimo nazionale, che ovviamente dove c’è un forte sistema contrattuale come il nostro diventa una pura ingerenza nella contrattazione, con il tema che invece qui si è discusso, che le norme sulla libera circolazione determinano l’esistenza di un dumping diretto che si esercita tra i singoli Paesi». Ciò non significa però, ha precisato Camusso, che i sindacati nazionali non debbano porsi il problema di «rafforzare la contrattazione e trovare forme di contrattazione transnazionali» e di inclusività dei contratti.
Fa muro Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl: Siamo «contrari a un salario minimo fissato per legge» in Italia, perché questo «significherebbe in molti casi abbassare il salario dei lavoratori». La vera questione, ha aggiunto, è «come estendiamo i minimi contrattuali anche al lavoro precario, falsamente autonomo, partite Iva, co.co.co».
Fonte: il manifesto
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