di Carlo Milani
Al fine di contrastare il perdurante problema del basso livello dei prezzi nell’Area euro la BCE ha messo sul tappeto, durante l’ultima riunione del 10 marzo, un nuovo arsenale di misure.
I tassi negativi
Un primo pacchetto di interventi ha riguardato il tradizuionale strumento dei tassi d’interesse. Il tasso sulle somme depositate presso la BCE dalle istituzioni finanziarie e monetarie è passato dal -0,30 al -0,40%. La BCE ha quindi ulteriormente aumentato la penale che le banche sono tenute a pagare nel caso in cui dispongano di liquidità in eccesso, non curandosi pertanto dei molti dubbi sollevati sull’efficacia di questa misura. Le banche dell’eurozona, infatti, continuano a detenere un ingente quantitativo di depositi presso la BCE (circa 250 miliardi di euro a febbraio 2016).
Data la ritrosia delle banche nell’applicare tassi negativi sui depositi della clientela per il rischio di perdere una stabile fonte di finanziamento, nonché in certi casi per effetto di alcuni vincoli normativi che impediscono di applicare ai conti corrente tassi al di sotto dello zero, gli istituti di credito europei hanno visto aumentare il costo della raccolta. Per il momento questo maggior costo non si è trasferito sulla clientela, tant’è che i tassi d’interesse applicati a imprese e famiglie mostrano una tendenza decrescente. In Svizzera, dove la Banca Centrale si è spinta già da molto tempo nell’applicare tassi negativi fino a un livello del -0,75%, gli operatori stanno riscontrando alcuni effetti opposti rispetto ai desiderata dell’autorità monetaria, come alcune tendenze all’aumento dei tassi applicati sui mutui.
Il piano di acquisto di titoli (quantitative easing)
Tra le misure non convenzionali la BCE è andata nuovamente a rivedere, e ampliare, il precedente programma di acquisti di titoli, noto come quantitative easing, o più brevemente QE. Dopo essere già intervenuta nel dicembre del 2015 per allungare la scadenza del QE, passata dal settembre 2016 a marzo 2017, il programma è stato ampliato nella sua portata, aumentando da 60 a 80 miliardi di euro gli acquisti mensili.
Un’altra novità ha riguardato il perimetro dei potenziali titoli eleggibili. Oltre ai titoli di Stato, ai titoli emessi dagli enti locali, alle obbligazioni garantite da attività reali (covered bond) e ai titoli cartolarizzati (ABS) aventi come sottostante strumenti finanziari di alta qualità, si sono aggiunti i titoli emessi dalle società non finanziarie operanti nell’Area euro e aventi un rating elevato (BBB- o superiore). In altri termini, la BCE potrà acquistare emissioni obbligazionarie di solide imprese non finanziarie europee, come ad esempio Eni o Enel per il caso italiano.
Grafico 1. Composizione dello stock obbligazioni emesse in euro da imprese non finanziarie dell’Area euro
(dati relativi a gennaio 2016)
Fonte: elaborazioni su dati BCE.
Al momento mancano i dettagli tecnici su questa nuova misura, quindi è difficile darne una valutazione esaustiva. In ogni caso va rilevato che le emissioni di obbligazioni da parte di aziende non finanziarie sono molto diverse da paese a paese. Guardando allo stock totale di questi titoli, includendo quindi anche quelli con rating basso o senza rating, si può notare come la Francia sia il paese in cui le aziende non finanziarie hanno emesso più obbligazioni in valuta domestica (430 miliardi di euro a gennaio 2016), seguita da Germania (126 miliardi) e da Italia (113 miliardi – grafico 1). L’ammontare totale comunque non è molto ampio, essendo pari a poco meno di 900 miliardi di euro, cifra che impallidisce di fronte ai quasi 7.500 miliardi di titoli pubblici emessi in valuta domestica dai paesi dell’Eurozona.
Il piano di finanziamento straordinario T-LTRO II
Ultima misura varata dalla BCE è una nuova versione del T-LTRO (Targeted Longer-Term Refinancing Operations), ovvero del piano di finanziamento straordinario rivolto alle banche. Il programma T-LTRO II prevedrà la possibilità di prendere a prestito fino a un massimo del 30% del valore dello stock di impieghi erogati, nel gennaio 2016, a imprese e famiglie, con esclusione dei prestiti per acquisto di abitazioni e al netto dei prestiti già ricevuti in virtù del primo programma di T-LTRO. Lo spazio lasciato aperto per ulteriori finanziamenti è pari a circa 310 miliardi di euro per la Germania, 270 per la Francia, 240 per l’Italia (grafico 2).
Il tasso applicato su queste operazioni di finanziamento è pari al tasso di riferimento, ovvero lo 0%. Viene però fissato un parametro di riferimento (benchmark) che può garantire alle banche un’ulteriore convenienza nell’attivare queste operazioni. Le banche che dovessero infatti allentare le loro politiche creditizie potrebbero, alla scadenza dell’operazione, ripagare un importo inferiore rispetto a quello preso a prestito.
Grafico 2. Ammontare potenziale del T-LTRO II
(in miliardi di euro)
Fonte: elaborazioni su dati BCE e Thomson-Reuters.
Mancando anche su questa misura tutti i dettagli tecnici il giudizio che si può fornire è solo parziale. Dalle informazioni disponibili non sembrano però essere presenti sufficienti disincentivi che potrebbero spingere le banche a finanziarsi per quattro anni a tasso zero e utilizzare questa forma di provvista per sostituire, quanto meno in parte, le obbligazioni bancarie in scadenza, piuttosto che erogare nuovo credito all’economia reale.
Conclusione
La BCE, con gli ultimi interventi, ha dimostrato ancora una volta di essere l’unica istituzione europea capace al momento di offrire una qualche risposta alle perduranti difficoltà dell’Area euro. L’opposizione interna, coalizzata intorno alla Bundesbank, ha però impedito in questi anni di intervenire in modo più tempestivo, facendo così diminuire l’efficacia delle misure messe più recentemente in campo. Una conferma al riguardo è fornita dall’andamento implicito dell’inflazione dell’Area euro desumibile dai titoli obbligazionari ad essa indicizzati (grafico 3). Se dopo i recenti annunci di Mario Draghi, e le sue anticipazioni, gli indici azionari hanno recuperato parte del terreno perso da inizio anno, le attese sull’inflazione a 5 anni sono andate invece peggiorando.
Grafico 3. Inflazione attesa e indici azionari
Fonte: elaborazioni su dati Thomson-Reuters.
Le armi a disposizione della BCE per combattere la deflazione non sono comunque finite. Un QE focalizzato sui titoli dei paesi periferici e l’ampliamento dei titoli eleggibili alle cartolarizzazioni con sottostante le sofferenze bancarie sono probabilmente le misure aggiuntive che più efficacemente potrebbero essere messe in atto. Più in generale, comunque, va ribadito che la politica monetaria può far ben poco per rilanciare l’economia reale in un contesto in cui prevale negli operatori economici una preferenza per la liquidità. Solo una seria politica fiscale espansiva potrebbe rimettere in moto il motore della crescita europea, da troppi anni oramai ingolfato.
Fonte: Econopoly
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