di Roberto Mancini
L’Europa dei muri. È quella che si manifesta sempre di più, per ironia della sorte, nell’anno della misericordia. Ed è la stessa che, in funzione anti-islamica, torna sfrontatamente a dirsi “cristiana”. Ovunque si rialzano muri e barriere; governi neofascisti o di destra moderata o di centro-sinistra sono accomunati da questo tipo di reazione. Papa Francesco, nel discorso al corpo diplomatico, ha detto: “l’Europa non vacilli e accolga i migranti”; la risposta è stata quella della sordità e, in Italia, del ritorno delle voci -comprese quelle di molti politici “cattolici”- che esigono il mantenimento del reato di clandestinità. Così a essere misconosciuti ed espulsi non sono solo i migranti. Di fatto questa Unione Europea del mercato, della burocrazia e dei respingimenti ha espulso anche l’Europa dei popoli.
Se la coscienza europea fosse vigile, comprenderebbe che respingendo gli altri che sono nel bisogno, nel pericolo e nella disperazione si distrugge la parte migliore di se stessi e della propria democrazia perché ci si consegna a una spirale di egoismo, irresponsabilità e violenza. Solo un forte risveglio etico può consentire di vedere le due contraddizioni di fondo di questa situazione.
La prima contraddizione è quella tra l’identità cristiana retoricamente dichiarata e la mentalità realmente adottata. Quest’ultima ha cancellato la memoria del Vangelo, che in sé non è affatto “religiosa” nel senso di un’appartenenza esclusiva, perché al contrario la visione evangelica dischiude una vera sapienza antropologica ed è profondamente laica, cioè universalmente umana. Un’indicazione centrale custodita in tale memoria dice che la misericordia -cioè l’amore resistente al male proprio perché è accogliente verso chiunque- è un fattore indispensabile per vivere insieme. Non è una cosa da eroi o da santi, né la si può ridurre a un sentimento di pietà. Essa è una forma di relazione e di azione liberatrice che porta frutto in ogni ambito, anche in quello sociale e politico, educativo ed economico.
La seconda contraddizione da riconoscere e affrontare è quella tra accoglienza e respingimento. È chiaro che bisogna scegliere l’una fino in fondo anziché l’altro. Ma se ci si limita a questa alternativa secca, senza un impegno ulteriore, non si vedono né le cause decisive del problema delle migrazioni coattive di massa, né la sua soluzione. Accogliere non basta. Occorre colpire le cause di guerre, dittature, impoverimenti e deportazioni di massa, facendo in modo, con il tempo, che quella di andare a vivere all’estero diventi una scelta di libertà e non sia più un tentativo generato dalla disperazione. Il mondo attuale è un caos organizzato, più che da singoli e pessimi potenti, da logiche mortali: la logica della finanza e del profitto a tutti i costi, quella del potere come supremazia sugli altri, quella dello sfruttamento illimitato di esseri umani e mondo della natura. Ecco perché il fenomeno delle migrazioni forzate e delle espulsioni è sistematico e inevitabile finché vincono queste logiche.
L’unica via per abolire le cause delle migrazioni coattive è quella di uno sviluppo internazionale della democrazia, con modalità autoctone in ogni Paese, ma anche con la costruzione di vere istituzioni democratiche mondiali. La vera cooperazione tra le nazioni è la cooperazione nella democratizzazione reciproca e nella corresponsabilità per il mondo. Infatti solo un autentico ordinamento democratico, dove i popoli della terra diventino non solo autodeterminati ma anche solidali, può dare risposta alla povertà, alla violenza, all’iniquità. Solo così si riuscirà a prevenire il crearsi di quelle situazioni senza scelta che costringono intere moltitudini a fuggire dal proprio Paese. In sintesi: non deve essere ignorato il legame tra logica della misericordia e sviluppo della democrazia. La misericordia tratta chiunque secondo la sua dignità e a suo modo la democrazia traduce questo stesso criterio nella vita pubblica. Lo si comprende quando si riconosce che la democrazia stessa non è solo una forma di governo o una procedura elettorale, ma è anzitutto una forma di società e di vita, quella appunto in cui la dignità umana e il bene comune, ivi inclusa la natura, sono il criterio più alto. Per queste ragioni l’anno della misericordia non è una ricorrenza rituale, è un’occasione di rigenerazione per tutti.
Fonte: Altreconomia
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