di Alessandro Avvisato
Ci sono molti modi di far soldi e ci sono altrettanti modi per ridurre la popolazione. Sembrano due cose lontanissime tra loro, con la prima sugli altari dei “valori di libertà” e la seconda agli inferi del male assoluto.
Eppure, senza alcuno sforzo, in regime capitalistico le due cose vanno a coincidere, con la massimizzazione del profitto che contribuisce a sfoltire la massa dei viventi facilitando i decessi.
Non è affatto un ragionamento “ideologico”, ma una semplice constatazione. Basta guardare a quel che avviene nel mondo incantato dei farmaci “salvavita”, giunto a una svolta sia tecnologica che commerciale: ce ne sono oggi molti di più, ma i loro prezzi sono proibitivi. Non solo per i singoli pazienti, ma addirittura per i sistemi sanitari pubblici (che comunque vengono nutriti con la fiscalità generale di un paese).
Per i dettagli vi rinviamo all’articolo che segue, ripreso da La Stampa di qualche giorno fa. Qui preferiamo individuare la logica che governa “la svolta” in campo farmacologico.
È noto che l’alto prezzo dei nuovi farmaci viene da sempre giustificato con il fatto che le industrie devono recuperare gli investimenti in ricerca fatti per arrivare a produrli, prima che i brevetti giungano a scadenza e che chiunque, quindi, possa produrli in proprio abbatendo i prezzi al consumo.
Un argomento debole ma universalmente accettato, anche se – almeno per i farmaci indicati per patologie di massa – i tempi di “rientro” dagli investimenti sono notevolmente inferiori a quelli di vigenza del brevetto.
Poi, poco più di un anno fa, Martin Shkreli, giovanissimo amministratore delegato di una startup biotech, la Turing Pharmaceuticals, ha deciso di innalzare il prezzo del Daraprim da 13,5 a 750 dollari a tavoletta nel giro di 24 ore. Più 5.000%. Il fatto più indicativo è però che il Daraprim – usato per trattare pazienti con toxoplasmosi, malaria e Aids o patologie derivanti da un sistema immunitario indebolito – è una molecola piuttosto vecchiotta, sintetizzata oltre 60 anni, ma che per qualche motivo è ancora protetta da brevetto. Questo avido imprenditore ha semplicemente rovesciato il vecchio argomento a favore del prezzo alto: i maggiori introiti – promette – andranno a finanziare altre ricerche, non a ripagare investimenti già effettuati.
Ora è in arrivo una valanga di farmaci nuovi, tutti dichiarati eccezionalmente efficaci, dai prezzi altrettanto strabilianti. Se si trattase di terapie per malattie rare, effettivamente ci sarebbe un pessimo rapporto tra costi di ricerca e “mercato”. Ma scorrendo la lista delle possibili applicazioni si nota subito che, al contrario, la maggior parte di queste novità va a investire patologie che colpiscono un numero enorme di persone in tutto il mondo: tumori, colesterolo alto, problemi cardiovascolari, infezioni (dall’Aids in giù), Alzheimer, fino ai comunissimi antibiotici.
Il mercato potenziale è dunque sconfinato, tale da permettere economie di scala vantaggiosissime per i produttori e tempi di ammortamento degli investimenti assai brevi.
Dunque, perché?
L’ansia di profitto è certo, come sempre al primo posto. Ma si scorge anche un’intenzione “politico-sociale” più articolata. Prezzi spaventosi come quelli riferiti più sotto, infatti, selezionano una clientela privata così ristretta da essere economicamente svantaggiosa. Ma possono concorrere a mandare in default quel che resta dei sistemi sanitari pubblici, e quindi a modificare drasticamente la scala dei valori su cui si misura ciò che è possibile, giusto, etico, doveroso fare.
Ovvio che, come già sta avvenendo per esempio con il farmco più efficace contro l’epatite C – il Sofosbuvir – alcuni di questi farmaci saranno “mutuabili” solo in particolari condizioni, per restringere al massimo la platea degli aventi diritto. Altrettanto ovvio, come hanno spiegato i medici, che molti dei pazienti non arriveranno vivi alla soglia-limite oltre cui scatta la somministrazione del farmaco.
Ovvio infine che, trattandosi di patologie “di massa”, questo diventerò un buon metodo per ridurre il numero dei malati a carico del sistema. Lasciandoli morire. Lo logica del risparmio e quella del profitto, in fondo, sono la stessa cosa.
Fonte: contropiano.org
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