di Il Simplicissimus
Sta per uscire negli Stati Uniti un libro di Noam Chomsky che raccoglie mille articoli del grande intellettuale e grande critico del potere americano, una panoramica di nequizie che parte dall’ 11 settembre per snodarsi fino ad oggi fra creazioni di terrorismo, sabotaggi del Mercorsur in America Latina, sostegno a regimi criminali ,operato del Fondo monetario internazionale. Si intitolerà “Interventi” e verrà pubblicato da una piccola casa editrice, City Lights Books, che si occupa principalmente di dare spazio alle voci emarginate del dibattito politico e culturale in Usa, quelle che vengono costantemente censurate. Chomsky in prefazione spiega che tutto il dibattito negli States si svolge alla luce“di un presupposto così stravagante che se fosse adottato da un altro Paese moriremmo dal ridere, ossia che il mondo ci appartiene. E’ difficile trovare un commento o una discussione che non parta dalla tacita accettazione di questo”. E dunque anche se non ci si trova di fronte a una sorta di media monolitici e di sistema totalitario, il potere di orientamento è tale da imporre questo presupposto “non solo all’informazione, alle riviste specializzate, ma anche ai sondaggi e alla ricerca universitaria”.
In effetti la cosa più interessante per noi europei che qualcosa di Chomsky riusciamo a leggerla, non è forse il libro in sé, ma il contesto in cui nasce, ossia quella sorta di censura invisibile del mercato che non sembra tale, ma che forse è ancora più efficace di quella di una dittatura nella quale almeno la clandestinità fa da volano all’interesse. Ed ecco come funziona il controllo dell’informazione e del dibattito nel caso di Chomsky: nel 2002 il New York Times Syndicate ha comprato i diritti di distribuzione dei suoi articoli, dando l’impressione di voler assicurare loro una maggior eco, ma essi non sono mai comparsi, nemmeno una volta, sul New York Times e vengono concessi solo a pochissimi giornaletti locali, tipo Dayton Daily New o Knoxville Voice oppure oltre atlantico: gli americani non devono sapere che esistono voci così autorevoli, eppure così critiche e soprattutto non devono essere esposti ai fatti e alla logica. La stessa cosa accade per altre dozzine di giornalisti e scrittori di attualità come Edward Herman, Alex Cockburn, Robert Fisk i cui reportage dall’America latina o dal Medio oriente spariscono grazie a questi tipi di operazioni contrattuali.
Vi domanderete la ragione di un simile post nel momento di massimo baillame e allarme terrorismo che permette ad ogni cretino di alzare la voce e di avere ragione arrampicandosi sui morti. Bene la ragione è mostrare la trama del mondo in cui viviamo, che cosa siamo e come ci vedono dall’esterno, di cominciare ad uscire dalla favola che ci raccontiamo e che viene riproposta ad ogni occasione come il nostro matrix. Una catena di surreale idiozia che ha portato a trasmettere le immagini dell’attentato all’aeroporto di Mosca spacciando come quello di Bruxelles, dimostrando da una parte il cinismo e la facilità con cui viene costruita una narrazione e dall’altra una completa sottomissione e ciò che dice, fa e decide e depista grande fratello Cnn: altro che controllo delle notizie che i burbanzosi giornalisti del potere vengono a raccontarci. Così fra strane vittime recidive dei vari attentati di Parigi e della capitale belga, altrettanti illesi recidivi nelle due città (leggere qui per farsi un’idea) stiamo assistendo a una rappresentazione del mondo dietro lo specchio scritta dal cappellaio matto. Per capirci qualcosa, per non avere solo paura e rabbia mal riposte, dovremmo invece cominciare a metterci davanti allo specchio e guardare il ritratto preciso di ciò che stiamo diventando. Prima che sia troppo tardi.
Fonte: il simplicissimus
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