Intervista a Wilma Reveron Collazo di Geraldina Colotti
“Se c’è un paese che merita di presiedere questo vertice, è il Venezuela”, dice Wilma Reveron Collazo, copresidente del Movimiento Independentista Nacional Hostosiano (Minh-Pr). Un movimento per l’indipendenza di Portorico, erede dello storico Partito socialista portoricano, che si è dissolto tra l’89 e il 90. In quanto responsabile esteri del Minh, Wilma è a Margarita a capo della sua delegazione: nel gruppo di organizzazioni osservatrici invitate al vertice del Movimento dei non allineati (Mnoal) che si riunisce qui fino al 18.
Fondato nel 1961 a Belgrado, il Mnoal è formato da 120 stati dell’Africa (53), dell’Asia (40), del Latinoamerica e dei Caraibi (26), dell’Europa orientale (2), e inoltre da 17 nazioni e 10 organizzazioni osservatrici, e da movimenti di liberazione. Un organismo nato dalla conferenza afroasiatica di Bandung che, nel pieno del Novecento (aprile del 1955) evidenziò la nascita del cosiddetto Terzo mondo all’insegna dell’anticolonialismo. A Margarita sono presenti rappresentati dei 5 paesi che allora organizzarono quella conferenza, Asia, Pakistan, India, Indonesia, l’attuale Sri Lanka e la Birmania.
Il Mnoal è l’organismo più grande dopo l’Onu (194 paesi) e – come ha sottolineato la ministra degli Esteri venezuelana Delcy Rodriguez nella dichiarazione sottoscritta dai suoi omologhi – rappresenta “il 55% della popolazione mondiale”. Il Venezuela – che esercita attualmente la presidenza di sei organismi internazionali di prima grandezza – riceverà quella del Mnoal dall’Iran, che ha ospitato l’ultima volta il vertice dell’organismo. Per questo XVII summit arriva a Margarita il presidente iraniano Hassan Rohani, che poi si recherà a Cuba e a New York per l’Assemblea Generale dell’Onu.
“Per noi sono importanti la pace e la non interferenza negli affari interni di altri paesi, la loro sovranità nazionale, la consultazione e il coordinamento sui problemi del mondo in via di sviluppo e del mondo intero”, ha dichiarato Rohani, anticipando alcuni temi del suo prossimo discorso al Palazzo di Vetro. Rohani ha anche definito Cuba “un paese amico e rivoluzionario”.
Al vertice Mnoal, l’Iran ha avanzato la necessità “di una nuova architettura finanziaria” e ha sostenuto la diplomazia di pace del Venezuela. La difesa di Cuba dal blocco economico e finanziario, che è stato nuovamente rinnovato dagli Usa, è stata all’ordine del giorno nelle dichiarazioni del vertice, insieme alla condanna dell’occupazione della Palestina e a quella delle sanzioni Usa contro il Venezuela.
“Nei vertici di solito abbondano le dichiarazioni, che non costano niente, ma il difficile è metterle in pratica – dice Reveron al manifesto – il Venezuela, invece, ha dimostrato di saper intendere nel modo giusto il concetto di sovranità, mettendo l’accento sui diritti economici e sul potere popolare, sradicando la povertà estrema e garantendo una vita degna senza distinzione di sesso, etnia, garantendo rappresentanza a tutti i popoli indigeni. Come possono gli Stati uniti dare lezioni, visto come trattano i nativi e come rispondono alle rivendicazioni dei popoli da quelle parti? Nel Mnoal si ritrovano molti paesi e gruppi etnici, con una grande diversità e articolazione politica non sempre facili. Avere alla presidenza uno sguardo come quello del Venezuela, chiaramente di sinistra, è fondamentale perché grande è la battaglia da affrontare con il capitalismo, che sta portando il mondo alla catastrofe. Questo per il Venezuela è molto chiaro, ed è una garanzia che il Mnoal possa rinnovare lo spirito di Bandung e la cooperazione sud-sud”.
Il movimento di liberazione portoricano è presente come osservatore nel Mnoal dal 1964. Spiega la dirigente: “Il 1 gennaio del ’59 trionfa la rivoluzione cubana, l’11 il nostro leader Juan Mari Bras, ora scomparso, precisa la visione della lotta per l’indipendenza: avrebbe dovuto essere legata a quella per la giustizia sociale, alla difesa del territorio e delle risorse naturali, ai diritti umani. Il movimento indipendentista ha avuto anche una struttura clandestina e vari accenti, ma è apparso chiaro che non potevamo farcela contro le armi Usa: però possiamo depotenziarle con la disobbedienza civile. E finora siamo riusciti a farcela senza sparare un colpo. Così abbiamo ottenuto vittorie importanti e abbiamo fatto crescere la forza del movimento anche tra i giovani. A Porto Rico vi sono stati due momenti importanti nella lotta per cacciare la marina da guerra Usa dall’isola di Veja, una meraviglia della natura completamente devastata e usata per le esercitazioni militari. Il popolo portoricano si è mobilitato una prima volta nel ’79. Siamo scesi in piazza come scudi umani per fermare i bombardamenti Nato e Usa che avevano ucciso per errore anche un impiegato. Nel ’79 venni arrestata anch’io insieme ad altri compagni. Uno, poi, verrà ucciso in un carcere della Florida. E nel 2003 abbiamo vinto la nostra battaglia: la base navale, la più importante degli Stati uniti, è stata smantellata”.
E ora, quali sono le campagne del movimento?
“Adesso lottiamo contro i fondi avvoltoi e per la liberazione del prigioniero politico Oscar Lopez, detenuto nelle carceri Usa da 35 anni. Per la crisi economica provocata dalle politiche di dipendenza coloniale, abbiamo un debito di 73.000 milioni di dollari che il governo non può pagare, ma che deve onorare prioritariamente, in base a un articolo-capestro imposto dagli Usa alla nostra costituzione. Il Congresso ha approvato una Giunta di controllo fiscale (coloniale) di sette membri, tutti rappresentanti del settore finanziario ed energetico, nominati direttamente da Obama. Tra questi, Bill Cooper, che avrebbe voluto far passare un gasdotto per il centro dell’isola e che ha provocato le proteste della popolazione. Hanno distrutto la nostra economica. Oltre l’85% di quel che consumiamo, viene importato. Se vogliamo comprare banane dalla Repubblica dominicana, che si trova a mezz’ora di aereo, le banane devono andare da lì in nave al Nord Carolina per poi tornare da noi in una nave Usa. Per i prezzi gonfiati, perdiamo 500 milioni di dollari all’anno. E i nostri professionisti emigrano a causa della crisi”.
La situazione è difficile, ma la mobilitazione cresce: “Il principale effetto collaterale – aggiunge con un sorriso Wilma – è quello di aver svegliato le coscienze dei settori giovanili. Per impedire l’inizio dei lavori della Giunta di controllo fiscale coloniale, i giovani hanno eretto un campeggio permanente di sorveglianza civile di fronte al governo federale di Porto Rico, obbligando i partecipanti a passare dal retro. Sono già riusciti a paralizzare la prima conferenza, hanno impedito l’accesso ai rappresentanti dei fondi avvoltoio. E anche i nostri migranti organizzati ci aiutano in questo sforzo dagli Stati uniti. La lotta per una nuova architettura finanziaria è fondamentale, così come quella per la giustizia ambientale, cardini della battaglia per la sovranità e l’indipendenza, assunte in questo vertice dei Non allineati”.
Fonte: Il manifesto
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