di Chiara Colasurdo
Nei mesi di giugno e luglio di quest’anno, il Governo, in particolare nella persona di uno zelante Ministro Franceschini, si è affannato a predisporre la ricezione tramite legge delega, della Direttiva 2014/26/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, meglio conosciuta come Direttiva Barnier, avente ad oggetto «la gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno».
Una corsa contro il tempo perso nei precedenti due anni, quelli trascorsi dalla pubblicazione della Direttiva, che potevano essere utilizzati dal Governo per aprire reali consultazioni col mondo degli autori e delle autrici, i titolari dei diritti disciplinati dalla direttiva, e degli organismi di gestione collettiva, che all’art. 3 della 2014/26/UE1 sono così definiti: «organismo autorizzato, per legge o in base a una cessione dei diritti, una licenza o qualsiasi altro accordo contrattuale, a gestire i diritti d’autore o i diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare dei diritti, a vantaggio collettivo di tali titolari come finalità unica o principale e che soddisfa uno o entrambi i seguenti criteri: 1) è detenuto o controllato dai propri membri; 2) è organizzato senza fini di lucro». Una corsa volta a evitare l’ennesima procedura d’infrazione e le relative sanzioni connesse al mancato recepimento della direttiva. Il pericolo è stato sventato, con l’art. 20 della legge delega n. 170 del 12 agosto 2016, in vigore dal 16.09.20162. In esecuzione della delega del parlamento, il Governo dovrà dunque emanare uno o più decreti legislativi sulla base dei principi e nei termini indicati nella legge.
Di contro al monopolio detenuto dalla S.I.A.E. (Società Italiana Autori e Editori) e confermato nella sostanza dalla legge delega (che liberalizza esplicitamente, in una nota, solo la gestione dei diritti connessi al diritto d’autore, e non il diritto in se), la direttiva, che pure non dichiara apertamente l’abolizione dei monopoli degli enti gestori dei diritti d’autore nei singoli Stati membri, si rivolge in ogni sua disposizione a una pluralità di organismi di gestione collettiva concorrenti su un unico territorio nazionale e dunque all’interno del mercato unico dell’Unione, imponendo la predisposizione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno, e dunque di fatto implica e comporta un mercato liberalizzato. Infatti l’articolato normativo della Direttiva disciplina proprio le forme di controllo diretto, da parte degli autori, degli organismi di gestione collettiva, che gli autori stessi, liberi e indipendenti, dovrebbero poter scegliere o costituire a tutela dei propri diritti. Pertanto, siamo ancora una volta di fronte ad una magia – ma potremmo definirla anche finzione – giuridica tutta italiana, che consiste nella ricezione di una direttiva europea senza recepirne i contenuti.
Un po’ come è avvenuto per la disciplina dei contratti a termine predisposta dal Jobs Act, in particolare dal decreto legge n. 34 del marzo 2014 e dall’attuativo d. lgs. n. 81 del giugno 2015 di fatto passibili di dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 11, 37 e 117, Cost. Un’unica disciplina che produce la violazione simultanea di ben tre Direttive comunitarie, in particolare la 1999/70/CE (accordo quadro sul lavoro a tempo determinato), la 2000/78/CE (discriminazione fondata sull’età) e la 2006/54/CE (parità di trattamento fra uomini e donne), ma questa è un’altra storia.
C’è però certamente un elemento che accomuna le scelte di indirizzo politico del Governo, lo spossessamento del diritto di lavoratori e lavoratrici di decidere del proprio lavoro e della propria vita, amplificando il ricatto della sopravvivenza. Da un lato la frammentazione contrattuale e sociale nel lavoro dipendente e la sempre maggiore fragilità dei diritti di tutti i lavoratori, dall’altra la privazione, perpetrata negli anni, della libertà di scelta degli autori di opere artistiche o culturali rispetto alla gestione del proprio diritto d’autore e dei diritti connessi. Il diritto d’autore, che trova ragion d’essere nella proprietà intellettuale, proprio quella proprietà immateriale che prima tra tutte svolge una funzione sociale concorrendo «al progresso materiale e spirituale della società» (art. 4, Cost.), e di cui dovrebbe essere garantita la più ampia circolazione e riproduzione nel rispetto dei diritti degli autori e dei molteplici usi possibili (commerciale/non commerciale) ebbene, questo genere di proprietà non è pienamente godibile e disponibile da parte dei titolari.
Prima prerogativa tra tutte, per garantire l’effettivo esercizio di un diritto, in questo caso del diritto d’autore, è la sua disponibilità da parte del titolare. L’obbligo degli autori e degli operatori, in regime di monopolio, di conferire mandato esclusivo alla S.I.A.E.3 rispetto alla gestione dei propri diritti ed alla riscossione dei proventi che ne derivano, mina l’effettivo esercizio del diritto d’autore spoliando di fatto l’autore della sua disponibilità. A quanti è capitato durante l’organizzazione di un evento pubblico, di ricevere la vista degli «sceriffi» della S.I.A.E. pronti a comminare sanzioni amministrative (multe), anche se di fatto, l’autore di cui si è organizzata la performance non è iscritto alla Società?
La situazione attuale, dunque, è l’impossibilità di costituire organismi di gestione collettiva con sede legale in Italia, la conseguenza di questa situazione è che gli autori indipendenti italiani, che vogliono mettere a disposizione le loro opere con licenze Creative Commons e in copyleft, si affideranno a organismi esteri per essere liberi di decidere il se, il come, il quando (e il quanto) riscuotere i proventi della riproduzione della loro opera, proprio quell’equo compenso garantito dal codice civile e reso impossibile o iniquo dalla legislazione speciale che disciplina il diritto d’autore in Italia. D’altra parte è noto che il diritto non è un oggetto separabile dalla morale o dalla politica. È una costruzione ideologica il cui scopo è quello di legittimare discriminazioni funzionali a un certo tipo di società, in questo caso quella neoliberale: la salute della S.I.A.E. – ente pubblico economico che agisce a tutti gli effetti come un privato, anche con riguardo agli investimenti finanziari – nella scala dei valori che informano la società italiana, è più importante della garanzia di un equo compenso per la riproduzione di un’opera, è più importante della libera circolazione dell’arte e della cultura. La creatività è anche il terreno della libertà, del superamento dei limiti individuali e dei tabù. La manipolabilità delle persone è direttamente proporzionale alla loro incoscienza. La cultura e l’accesso all’arte assumono il compito di trasformare in esperienza di coscienza e comunicazione quella che il soggetto che non le sperimenta subisce come condizionamento.
Non si vuole, in questa sede, approfondire tutte le distorsioni e le ingiustizie perpetrate dalla S.I.A.E., sin dalla sua costituzione, a danno degli autori, secondo una gestione del tutto arbitraria e condotta senza il coinvolgimento dei titolari dei diritti; né mettere in evidenza il carattere escludente della nuova proposta europea di riforma del diritto d’autore, ad opera della Commissione Europea4 che nella sostanza non riconosce valore alcuno ai diritti del pubblico, di chi dell’arte e della cultura dovrebbe poter beneficiare, in una relazione libera tra autore, opera e pubblico. Tali informazioni sono facilmente reperibili on line. Ciò che si può, al contrario, rilevare è la configurazione di un campo aperto di lotta per gli autori, le autrici e gli operatori del settore artistico e culturale, per i lavoratori dell’arte della cultura e dello spettacolo, per lavoratrici e lavoratori cognitivi. Uno spazio che negli ultimi anni è stato curato da quel filone di occupazioni culturali come il Teatro Valle Occupato, L’Asilo di Napoli, Macao a Milano, che viene agito da una miriade di etichette indipendenti, e ruota proprio intorno alle rivendicazioni legate alla dignità del lavoro creativo, artistico e culturale e alla capacità di costruire altri modelli produttivi fondati sulla cooperazione e il mutualismo hanno costruito il loro spazio politico5.
La lotta, tuttavia, in questo caso specifico, riguarda la capacità di un gruppo organizzato, di una rete di lavoratrici e lavoratori, di intraprendere un percorso autonomo e orizzontale di produzione artistica e culturale e di gestire in modo del tutto indipendente i propri diritti. L’autogestione da parte degli stessi autori e operatori dell’intera filiera produttiva, la possibilità di stabilire un’equità effettiva nella redistribuzione dei proventi, la predisposizione di contratti liberamente determinati, la diminuzione dei costi di produzione, il contatto diretto col pubblico, la circolazione di cultura fuori dalle logiche di accumulazione privatistica e dunque la disponibilità di gestire direttamente i diritti, può consentire un’elevazione della qualità delle opere, in un sistema produttivo che in luogo della concorrenza valorizza la solidarietà e la mutualità tra lavoratrici e lavoratori dello stesso settore. Una lotta che insieme alla rivendicazione dei diritti, predispone uno spazio di sperimentazione reale di nuove relazioni di produzione.
Proprio nel cuore di questa lotta di lavoratrici e lavoratori, intermittenti, precari, autonomi, nasce CTRL , una rete cooperante di autori e operatori che ambisce, tramite una piattaforma digitale gestita collettivamente, a creare un’alternativa totalmente indipendente e autonoma al mercato musicale industriale basato sul copyright, scardinando il monopolio S.I.A.E. nella gestione del diritto d’autore e allargando anche le maglie del pubblico dominio dei repertori licenziati. Non solo, per il tramite di meccanismi di decentramento amministrativo (Blockchain) e di democrazia digitale, la piattaforma sarà strumento a disposizione degli Autori e degli Operatori di relazione diretta e fluida tra i cooperanti, e di determinazione orizzontale della stessa governance della piattaforma.
In breve, l’attività della cooperativa sarà diretta a favorire l’indipendenza degli operatori e delle operatrici culturali e creative con particolare e non esclusivo riferimento al settore della musica e dello spettacolo; a favorire lo sviluppo e la produzione di attività creative e di spazi e mezzi adeguati alla produzione artistica e culturale; a rafforzare e rendere più certo il quadro giuridico del settore artistico e culturale contrastando la fragilità contrattuale degli operatori del settore attraverso un confronto costante tra i soci e l’interlocuzione con enti e istituzioni operanti nel settore, nonché a restituire agli autori la piena disponibilità dei diritti d’autore e di quelli derivati; ad agire e operare nel contesto internazionale contribuendo all’ampliamento dei circuiti di distribuzione e di circolazione delle opere artistiche e culturali favorendo gli scambi, le contaminazioni e le relazioni tra gli operatori del settore anche attraverso la nascita di soggetti transnazionali; a mettere a disposizione gli strumenti amministrativi e giuridici per l’esercizio delle attività artistiche e la tutela del lavoro artistico e culturale; la prestazione di tutti gli strumenti per la gestione, produzione e promozione di qualsivoglia attività culturale e artistica; la sindacalizzazione del lavoro artistico e culturale.
Il 16 e 17 settembre presso Scup, in via della stazione Tuscolana n. 84, Roma, nell’ambito del 13° anno di vita di RadioSonar.net, storica radio indipendente romana, si terrà la prima assemblea nazionale di tutti i soggetti, singoli e collettivi, coinvolti nella realizzazione di questo progetto. L’incontro aperto, ha l’obiettivo di fare un punto sullo stato dei lavori, di condividere e approvare lo statuto della cooperativa di produzione e lavoro che sarà la struttura formale e collettiva di decisione sulla gestione del diritto d’autore e dei diritti connessi e derivati. Altro obiettivo è il lancio della campagna di crowdfunding necessaria per raccogliere i fondi per la materiale realizzazione della piattaforma e dei mezzi di produzione necessari per concretizzarlo. L’assemblea e quelle future vogliono trasformarsi in luogo di incontro e condivisione, tra soggetti indipendenti che agiscono nel mercato artistico e culturale, per intercettare criticità nell’ambito di questo settore specifico del lavoro, anche come tentativo di costituire una prima forma di sindacalizzazione.
L’idea di questo nuovo spazio di produzione è che non interessano le singole parti o il tutto, ma le loro relazioni, che costituiscono un’incessante opera di attraversamento dei rispettivi confini. Non c’è sistema senza ambiente, non c’è parola senza scrittura o anima senza corpo. «Crearsi creando le condizioni del proprio godimento» può significare allora che oggi, per agire seriamente il piano del conflitto, c’è bisogno di costruire percorsi che svelino le contraddizioni interne alla società e cerchino di trovare soluzioni reali e prospettive tangibili in favore di chiunque si attivi per trasformare, migliorandole, la condizione dello stato delle cose esistente.
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NOTE
3. ↩ La legge n. 633/1941 sul diritto d’autore, al titolo quinto, in particolare all’art. 180, attribuisce alla SIAE, in forma esclusiva, «l’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta e indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate». Tale attività viene esercitata per effettuare: 1. concessione, per conto e nell’interesse degli aventi diritto, di licenze ed autorizzazioni per l’utilizzazione economica di opere tutelate; 2. la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni; 3. la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto.
Fonte: operaviva.info
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