di Aldo Giannuli
Sette anni fa, Rifondazione conquistava il 5,87%, il Pdci il 2,32%, i Verdi il 2,06%, per un totale che sfiorava il 10%. Oggi, pur assorbendo qualche briciola dell’Idv, che aveva un po’ più del 2% nel 2006, la sinistra, tutta insieme, ha difficoltà a raggiungere il 4% ed il quadro politico –organizzativo è desolante: Rifondazione, ridotta a poche migliaia di iscritti, Sel si rivela come un aggregato di aspiranti assessori in carriera ed è ora allo sbando con un gruppo dirigente nazionale che non controlla la sua base, Pcl, Sinistra anticapitalistica, Pc di Marco Rizzo ecc. sono piccolissimi gruppi di diaspora politicamente non significativi, del gruppo di Civati si sono perse le tracce da gennaio.
La terza componente della “lista Tsipras” sembra dissolta o non fa altro che leccarsi le ferite dopo i reiterati tradimenti del loro idolo. Anche “Rossa” che per un momento aveva suscitato qualche speranza, non sembra essere riuscita a decollare.
La terza componente della “lista Tsipras” sembra dissolta o non fa altro che leccarsi le ferite dopo i reiterati tradimenti del loro idolo. Anche “Rossa” che per un momento aveva suscitato qualche speranza, non sembra essere riuscita a decollare.
La tendenza alla disgregazione prosegue imperterrita sotto la guida di una genìa di capetti uno più inconcludente ed incapace dell’altro, mentre la base elettorale si sta squagliando come un gelato al sole e i risultati delle amministrative di giugno sono stati meno che mediocri. Riuscireste ad immaginare un quadro più deprimente?
Il punto è che i vari soggetti di questo scombinato arcipelago non hanno alcun progetto comune (posto che lo abbia qualcuno di loro).
Sel sin dalla nascita non si è posta come alternativa al Pd, quanto piuttosto come una sorta di corrente esterna ad esso. Ciò fu reso evidente dalla scelta di entrare in coalizione con il Pd nel 2013, scelta pagata con un risultato elettorale assai misero e che, nonostante il premio di maggioranza alla Camera, non servì neppure a riconquistare il governo nel quale entrò Forza Italia e dal quale restò esclusa Sel.
Quanto a Rifondazione ed alla “terza componente” della lista Tsipras (a proposito: avranno ancora il coraggio di usare quel nome?) e civatiani non sembrano offrire molto di più.
Impressionante è il vuoto totale di proposta politica: queste organizzazioni sono il nulla assoluto.
Nonostante questo quadro che non potrebbe essere più deprimente, continuo a sperare in una ripresa della sinistra che non sia quella truffa indecente che è il Pd, ma il cui spazio non può essere coperto neppure dal M5s che ha caratteristiche proprie e deve ancora attraversare il suo processo di maturazione. E’ auspicabile che sinistra e M5s trovino un terreno di convergenza, che inizino a dialogare, mantenendo la propria fisionomia, ma questo presuppone che la sinistra si dia un’ espressione più accettabile e meno scomposta. Dunque, nonostante tutto, spero che il tentativo di Sinistra Italiana non vada disperso
Però, se la sinistra non vuol passare da un disastro all’altro è necessario in primo luogo che prenda atto della sua condizione pietosa e che abbia l’onestà intellettuale di cercarne le ragioni. Molto spesso la sinistra è stata troppo pietosa con sé stessa, rimuovendo con eccessiva disinvoltura le sconfitte ed autoassolvendosi dalle sue colpe. Ma, come si sa, il medico pietoso fa la piaga verminosa.
Il punto di partenza deve essere una impietosa autocritica, in primo luogo su quello che, una volta, si chiamava lo “stile di lavoro”. Da quasi trenta anni, la sinistra non ha più contatti se non sporadici, locali e poco duraturi con la conflittualità sociale, non produce un grammo di cultura politica, non promuove nessuna campagna, vive di una militanza sempre più povera di contenuti e sempre più legata alle sole scadenze elettorali. E questo ha prodotto un ceto politico impresentabile. Occorre ribaltare questo stato di cose e lavorare ad un progetto di lunga durata, magari curando un po’ meno le scadenze elettorali, ma formando seriamente una leva di militanti all’altezza dei compiti del presente.
Non si tratta di riaprire il museo delle cere, ma di elaborare un progetto politico adeguato ai tempi e di modellare su di esso una nuova forma di militanza politica affrancata dai troppi carrierismi che hanno sin qui soffocato la sinistra.
Fonte: aldogiannuli.it
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.