di Alessandro Giannelli
Siamo arrivati all'interrogativo di fondo della questione: i principi fondamentali della Costituzione, ricomprendendo tra questi anche quelli che costituiscono la c.d. Costituzione economica che dà attuazione ai principi fondamentali, possono essere derogati dalla legislazione comunitaria? Prima di addentrarci in aspetti più tecnici occorre subito fare una precisazione: il procedimento di formazione delle leggi a livello europeo è, nei fatti, in capo al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione Europea, organi non eletti dal popolo e i cui componenti generalmente nessuno conosce, mentre il Parlamento europeo svolge oramai un ruolo di mera assistenza.
La norma costituzionale normalmente invocata, per giustificare la compatibilità dei trattati europei alla Costituzione è l'articolo 11 della Carta Costituzionale in base alla quale "L'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Premesso che nessuno può ragionevolmente sostenere che nell'ambito dell'UE vi siano condizioni di parità tra gli Stati visto il palese sbilanciamento delle politiche dell'UE in favore dei paesi creditori, ciò che risulta evidente è che una norma nata in un particolare contesto storico (la fine del conflitto bellico) e scritta per favorire la nostra adesione ad organizzazioni internazionali, è stata manipolata ad arte per legittimare la cessione di sovranità economica e monetaria del nostro paese a favore di organismi che, per definizione, sfuggono a qualsiasi controllo democratico. Vera e propria cessione di sovranità in materia di bilancio e non limitazione come, invece, riferisce la norma
Ma il punto vero della questione è che i trattati europei, ed il pareggio in bilancio di cui all'articolo 81 della Costituzione, incontrano un limite inderogabile: quello dei principi fondamentali e dei diritti inalienabili della persona scritti nella nostra carta Costituzionale.
In particolare, due sentenze della Corte Costituzionale (la n. 284 del 13 luglio 2007 e la n. 238 del 2014) riconoscono che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, rappresentando gli elementi identificativi del nostro ordinamento, costituiscono “il limite che segna l’apertura dell’ordinamento italiano all’ordinamento internazionale e sovranazionale, anche in una prospettiva di realizzazione dell’obbiettivo del mantenimento di buoni rapporti internazionali, ispirati ai principi di pace e giustizia, in vista dei quali l’Italia consente a limitazioni di sovranità (art 11 Cost.)”.
Particolarmente interessante, a tal proposito, è il ragionamento svolto da Barra Caracciolo, il quale, partendo dalle sentenze della Corte Costituzionale e coerentemente con una lettura organica dei precetti costituzionali:
– considera come limiti invalicabili all'ingresso della normativa comunitaria nel nostro ordinamento, tutte le disposizioni della I parte della Costituzione, in quanto proiezioni programmatiche di quei diritti fondamentali cui la Corte fa riferimento;
– introduce anche il limite sancito dall'articolo 139 della Costituzione, attinente alla forma repubblicana, da intendere non solo come forma di Stato, ma anche inscindibilmente connessa con quel concetto di democrazia ed uguaglianza sostanziale cui tende la nostra Costituzione.
Ne consegue, dunque, che tutta la I parte della Costituzione, cioè l'intera gamma dei diritti dei cittadini potrebbe essere revisionata solo in melius, ovvero per precisare ed ampliare gli indirizzi necessari per dare piena attuazione ai diritti fondamentali.
La costituzionalizzazione del vincolo del pareggio in bilancio, quindi, non solo svuota i diritti sociali e si pone in contrasto con i principi fondanti il nostro modello costituzionale, ma muta la forma e gli indirizzi del nostro Paese orientandoli dal perseguimento della giustizia sociale al perseguimento di mere logiche contabili a tutto vantaggio delle istituzioni finanziarie.
Un disegno antidemocratico e socialmente criminale.
Qualche riflessione in vista del referendum costituzionale
Stabilite le finalità e gli effetti che il c.d. processo di integrazione europea sta producendo nei confronti della Costituzione resta naturalmente la domanda più difficile: come ribaltare l’attuale situazione?
Una parte di giuristi e studiosi sta senza dubbio dando un importante contributo nel mettere in luce ed in risalto il contrasto che si sta determinando tra Costituzione e Trattati europei, poiché la comprensione di questo “conflitto insanabile” permette di cogliere in profondità il disegno eversivo che si sta mettendo in campo.
Ma naturalmente la partita non potrà giocarsi solo su un piano giuridico, perché, come al solito, saranno i rapporti di forza, per come si dispiegheranno concretamente nel Paese, a determinare le condizioni per invertire radicalmente la rotta.
Rileva però un dato incontrovertibile: è l’Unione Europea, costruzione politico/ideologica che poggia proprio su quei trattati che impongono condizioni capestro agli Stati nazionali, la fonte di innesco di tutte le politiche che stanno mettendo in ginocchio la democrazia e quegli elementi di giustizia sociale contenuti nelle Costituzioni dei paesi europei.
Pertanto, il livello dello scontro oggi va giocato su un piano più alto.
Per questo non si possono mettere in discussione le politiche nazionali di attacco al sistema di welfare e ai diritti fondamentali, senza mettere in discussione l'impalcatura dell'Unione Europea, vero e proprio mandante di questo progetto.
Un progetto, quello di matrice europeista, fin troppo chiaro nelle sue finalità: allineare la nostra Costituzione ai trattati europei e l' "attenzione" che i vertici europei e gli organi della stampa internazionale stanno dedicando a questo referendum, assimilato a quello sulla Brexit, ci danno l'esatta dimensione della posta in gioco.
Per queste ragioni costituirebbe un grave errore politico contrastare il referendum Renzi/Boschi contro la Costituzione attraverso una battaglia di retroguardia che limiti la campagna per il No alla sola opposizione a quelle modifiche che interessano alcune norme di organizzazione dello Stato.
Ciò che va colto è il nesso esistente tra la prima parte e la seconda parte della Costituzione e più in generale quel disegno complessivo che, attraverso il pareggio in bilancio in Costituzione, l'affermazione della governabilità come principio assoluto di governo, l'introduzione di sistemi elettorali che escludono dalla rappresentanza le forze politiche “non allineate”, è volto a svilire la democrazia e ad incentivare quell'apatia sociale necessaria per rendere il governo del Paese più permeabile ai diktat di una “governance” sovranazionale.
Naturalmente non sarà sufficiente il NO al referendum sulla controriforma costituzionale per ripristinare quella tensione alla giustizia sociale che orientava la nostra Costituzione, ma non vi è dubbio che questo è un passaggio cruciale che può mettere in moto un processo virtuoso.
La sfida è aperta e va giocata fino in fondo.
Fonte: Contropiano
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.