di Geraldina Colotti
“Uniti nel cammino della pace”. Questo lo slogan del Movimento non allineati (Mnoal) riunito a Margarita (in Venezuela) fino al 18 per il XVII vertice dell’organismo. Fondato nel 1961 a Belgrado, il Mnoal è formato da 120 stati: 53 dell’Africa, 40 dell’Asia, 26 del Latinoamerica e dei Caraibi, due dell’Europa orientale, e inoltre da 17 paesi osservatori, 10 organizzazioni osservatrici e movimenti di liberazione. Si tratta dell’organismo più grande dopo l’Onu, che conta 194 paesi. Il Venezuela è stato eletto presidente pro-tempore dei Non allineati, ed è il terzo paese latinoamericano ad aver esercitato il ruolo dopo Cuba e Colombia.
L’ultimo titolare è stato l’Iran, che in questa sede passerà il testimone a Nicolas Maduro. Hassan Rohani, il capo di stato iraniano, è atteso per oggi a Margarita e, dopo il vertice, si recherà in visita a Cuba.
L’ultimo titolare è stato l’Iran, che in questa sede passerà il testimone a Nicolas Maduro. Hassan Rohani, il capo di stato iraniano, è atteso per oggi a Margarita e, dopo il vertice, si recherà in visita a Cuba.
Grazie anche alla diplomazia del Venezuela e dei paesi dell’Alba, l’Iran ha potuto ampliare i rapporti commerciali in America latina. L’ex presidente Ahmadinejead si prese persino una forte reprimenda da parte del clero iraniano per aver abbracciato la madre di Chavez in lacrime al funerale del leader venezuelano. Dopo la fine delle sanzioni, Hassan Rohani guarda invece all’Occidente e pare più cauto, ma non trascura gli affari con il Latinoamerica.
Ieri, durante l’incontro dei ministri degli Esteri, seguiti alla due giorni di discussioni tecniche per impostare il documento finale, in molti hanno ricordato Hugo Chavez, grande tessitore delle nuove relazioni sud-sud. E nel piazzale del vertice, accanto al logo del Mnoal – un albero a foglie multicolori – e ai pannelli che documentano i risultati raggiunti dalla rivoluzione bolivariana, c’è una scultura di Chavez coperta da un lenzuolo bianco, che verrà svelata nel cuore del summit.
Il Venezuela esercita attualmente la presidenza di sei organismi internazionali di prima grandezza: il Consiglio di sicurezza dell’Onu, il Consiglio dei diritti economici e sociali dell’Onu, la presidenza della Unasur, quella del Movimento dei non allineati e la presidenza del Mercosur. Quest’ultima è però fortemente messa in causa dal ritorno delle destre in due paesi membri, Argentina e Brasile. E dal Paraguay, sanzionato da Mercosur e da Unasur per il golpe istituzionale contro Fernando Lugo nel 2012. Un golpe che ha fatto scuola e che è stato rieditato contro Dilma Rousseff in Brasile: tradita, come Lugo, dal suo vice di centro-destra.
Il paradosso è che due governi nati da un magheggio fraudolento e non dalle urne pretendano di dar lezioni di “democrazia e diritti umani” al Venezuela, dove le urne e il voto, senza brogli né artifizi, sono pane quotidiano. Ma, intanto, i tre – definiti la Triplice alleanza da Nicolas Maduro – hanno dato un ultimatum al Venezuela: avrà fino al 1 dicembre per “mettersi in regola con il Mercosur”, e nel frattempo la presidenza pro-tempore verrà esercitata in modo collegiale.
Di ingerenze, colpi di mano, sanzioni e meccanismi condivisi per difendersi hanno parlato ieri i ministri degli Esteri a Margarita, introdotti dall’anfitriona venezuelana, Delcy Rodriguez. L’energica ministra ha ricordato i principi fondativi di Bandung, i grandi uomini dell’epoca che li hanno messi in pratica, l’esigenza di riprendere, in tutt’altro e imbarbarito contesto, la loro bandiera: è necessario trovare un’intesa comune – ha detto Rodriguez – “partendo dalla Carta dei principi delle Nazioni unite, dalla promozione dei diritti umani, dalla lotta alle disuguaglianze in un mondo sempre più violento in cui la pace è calpestata da potenze che non rispettano le legittime aspirazioni dei popoli. Siamo un grande Movimento – ha detto ancora -, che rappresenta il 55% della popolazione mondiale e la maggior riserva di ricchezze naturali e di diversità, dobbiamo raccogliere le grandi sfide. La principale è quella di preservare il diritto al futuro”.
Nella dichiarazione iniziale, approvata dai partecipanti, si è messa al centro la solidarietà con Cuba e con la Palestina, il rigetto del blocco economico e finanziario contro l’Avana e dell’occupazione israeliana. Il rigetto, anche, delle aggressioni al paese bolivariano da parte degli Stati uniti, da cui è considerato “una minaccia inusuale e straordinaria per la propria sicurezza nazionale”.
Nell’isola e in diverse parti del paese, intanto, i movimenti hanno organizzato dei campeggi, a mo’ di cintura protettiva, per prevenire eventuali violenze delle destre, di nuovo sul piede di guerra. Sull’isola si è svolta una festosa manifestazione per ricordare l’ottavo compleanno della gioventù del Psuv. E, intanto, il governo mantiene aperta la porta al dialogo con l’opposizione, supportato dalla Unasur. E adesso anche dal papa Bergoglio, che ha inviato una lettera a Nicolas Maduro, dicendosi pronto a entrare in campo.
Fonte: Il manifesto
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