di Gloria Riva
Più che un favore a lavoratori troppo stanchi, l'Ape, l'anticipo pensionistico, rischia di tramutarsi in un regalo a banche e assicurazioni. L'Ape è il fulcro della Riforma delle Pensioni che il ministro Giuliano Poletti, insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, sta in queste ore discutendo con i sindacati. E' una misura studiata per consentire agli attuali 63enni di andare in pensione con uno sconto di tre anni e sette mesi rispetto a quanto stabilito dalla legge Fornero.
Sostanzialmente si tratta di un prestito bancario, che il pensionato riceve e deve poi restituire nei successivi vent'anni. Questa è la teoria, che per diventare pratica dovrà passare attraverso le anse della Finanziaria 2017, la legge varata ogni autunno che ripartisce le disponibilità finanziarie dello Stato per l'anno successivo fra i vari capitoli di spesa pubblica. Dunque, nonostante sia prematuro calcolare con certezza quanto effettivamente costerà l'Ape agli anziani e quanto incasseranno le banche dai tassi d'interesse di questi prestiti, alcune cifre stanno già circolando.
Felice Roberto Pizzuti, professore di Economia Politica all'Università La Sapienza di Roma, stima che dall'Ape potranno derivare profitti sostanziosi (e soprattutto certi) a favore degli istituti di credito e delle società di assicurazioni italiane: « Se un pensionato percepisce mille euro al mese di pensione, con l'anticipo di tre anni, a conti fatti dovrà rinunciare a circa il 25 per cento del proprio assegno per i successivi vent'anni, cioè circa 3 mila euro l'anno. In definitiva, in tutto, restituirà circa 60 mila euro per un prestito di 39 mila euro. La differenza di 21 mila euro sarà il ricavo che verrà diviso tra banche e assicurazioni». Il professore fa notare come il rischio d'insolvenza o premorienza del pensionato per gli istituti di credito e le assicurazioni sia pari a zero, dal momento che l'Inps e lo Stato offrono una doppia garanzia sulla restituzione del prestito, riducendo a zero ogni eventuale perdita per gli istituti di credito.
L'Anticipo pensionistico è stato strutturato sotto forma di prestito bancario per l'indisponibilità governativa di ritoccare le linee economiche della riforma Fornero, una legge che è intervenuta prelevando risorse finanziare dal sistema previdenziale per sostenere il complessivo bilancio pubblico fiori controllo.
«Per non coinvolgere le casse pubbliche, il governo ha pensato di ricorrere a un prestito bancario, di cui lo Stato si fa garante. Fare previsioni certe sui costi di questa manovra è tuttavia prematuro perché da qui all'approvazione della Finanziaria tutto può cambiare. Possiamo però prevedere che banche e assicurazioni avranno un guadagno sicuro dall'erogazione di prestiti destinati all'anticipo pensionistico», continua Pizzuti, secondo il quale l'occasione dell'Ape è tanto più ghiotta per le banche se si considera che, in questo periodo essi dispongono di molta liquidità, ma – per via della crisi – la domanda di prestiti da parte degli operatori di mercato è contenuta e, per di più, è caratterizzata da molti rischi per la loro restituzione.
Eppure l'analista indipendente Andrew Sentance invita le banche a stare in guardia, perché sul lungo periodo quel prestito potrebbe non essere così vantaggioso. Sentance stima che il tasso d'interesse applicabile a un mutuo di questo genere potrebbe aggirarsi attorno all'1,1 per cento (in linea con il rendimento dei titoli di Stato). Secondo l'analista il tasso d'interesse è così basso perché esiste una tripla garanzia sulla probabilità di restituzione del prestito (dallo Stato, dall'Inps e dal percettore della pensione al quale viene trattenuta la rata mensile direttamente alla fonte). «Per una banca è conveniente, perché dovrebbe pesare molto meno sul proprio capitale attivare un mutuo di questo tipo, molto più simile a un investimento in un titolo di Stato, che a un prestito erogato a un privato o a una società.
Questo perché, in base alle regole di Basilea 3, il capitale che la banca deve accantonare per garantire un prestito a un privato è di gran lunga più elevato rispetto a quello che serve per un prestito a favore dello Stato. Eppure, se fossi nei panni di una banca, non mi prenderei questo rischio», dice Sentance, che ipotizzando una ripresa dei tassi d'interesse prevede una perdita secca per gli istituti di credito. E conclude: «Francamente, non lo vedo conveniente neanche per il contribuente che si condanna a vivere con il 20 per cento in meno ogni mese per 20 anni, per soli tre anni e sette mesi d'anticipo pensionistico».
Fonte: L'Espresso
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