di Duccio Facchini
“Microsoft ha guadagnato tanto. La maggior parte dei miei soldi, direi oltre il 95 per cento, non è necessaria per sostenere le spese né della mia famiglia né dei miei figli”. Così Bill Gates, fondatore della “multinazionale di Redmond”, detentore di un patrimonio di 79,2 miliardi di dollari, ha spiegato al Corriere della Sera lo spirito della sua “restituzione” (attraverso la Bill & Melissa Gates Foundation, ad esempio) in un’intervista pubblicata il 15 settembre. Nel racconto dell’“innovatore radicale”, però, manca un dettaglio, che certamente non ha condizionato in maniera determinante le fortune di Gates e di Microsoft, ma che avrebbe forse aiutato i lettori a comprendere meglio alcune dinamiche economiche.
E questo dettaglio -com’è prassi per i colossi digitali e più in generale i grandi soggetti trasnazionali- si chiama “tassazione”. Una leva che per soggetti del genere opera in maniera diseguale, con strategiche operazioni che vedono al centro Paesi a fiscalità agevolata -Irlanda, Lussemburgo, Stati degli USA su tutti-.
E questo dettaglio -com’è prassi per i colossi digitali e più in generale i grandi soggetti trasnazionali- si chiama “tassazione”. Una leva che per soggetti del genere opera in maniera diseguale, con strategiche operazioni che vedono al centro Paesi a fiscalità agevolata -Irlanda, Lussemburgo, Stati degli USA su tutti-.
Guardiamo all’Italia. L’impresa di Bill Gates nel nostro Paese è attiva dal 1987 attraverso la Microsoft Srl, di stanza a Peschiera Borromeo (Milano). Al marzo di quest’anno conta oltre 830 dipendenti, 265 milioni di euro di fatturato e un utile di 15 milioni. È di proprietà di due soci. Si tratta della “Microsoft Luxembourg International Mobile Sarl” -sede in Lussemburgo- con il 99% e della MSHC LLC (1%) di Las Vegas, Nevada.
Di che cosa si occupa la Srl che fa capo alla multinazionale fondata da Bill Gates (“Oggi il problema è proseguire sulla strada dell’innovazione e avere equità”) in Italia? “Non vende ai clienti i prodotti di Microsoft”, si legge nel bilancio 2015, ma cura prevalentemente la “promozione di contratti in qualità di agente” per la “Microsoft Ireland Operation Limited”. Quasi il 70% dei ricavi “italiani” dello scorso anno sono riconducibili alla “parte correlata” domiciliata in Irlanda, Paese a fiscalità agevolata recentemente finito al centro delle cronache per la maxi multa inflitta dalla Commissione europea ad Apple. Ciò significa che la società di Peschiera Borromeo incassa commissioni derivante dai contratti che promuove, mentre il cuore dell’attività è spostato, appunto, in Irlanda, dove l’aliquota è assai inferiore (tra il 12,5 e il 20%, a meno di accordi fiscali, ruling, che abbattano ulteriormente questa soglia).
Le operazioni con le parti correlate della Microsoft Srl. L’estratto dalla nota integrativa del bilancio 2015
Le operazioni con le parti correlate della Microsoft Srl. L’estratto dalla nota integrativa del bilancio 2015
Per gli autori della nota integrativa al bilancio di Microsoft Srl, però, l’isola dell’Atlantico è una provincia italiana: “La ripartizione dei ‘ricavi delle vendite e prestazioni’ per area geografica -si legge infatti nel documento- non è significativa in quanto originatisi prevalentemente da transazioni effettuate prevalentemente (sic) sul territorio italiano”.
Il paradosso dei colossi filantropi continua, in attesa di una radicale e innovativa, questa sì, regolamentazione nazionale e comunitaria del rapporto tra multinazionali e fisco. Che tarda ad arrivare.
Fonte: Altreconomia.it
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