di Alessandro Zabban
La situazione della sinistra in tutto il mondo occidentale è disastrosa. La profonda crisi in cui versa, non è solo elettorale ma anche e sopratutto identitaria e ideologica. A fronte di una vasta gamma di riferimenti culturali e simbolici, la sinistra non sembra essere riuscita a "elaborare il lutto" della caduta del muro di Berlino schiacciandosi su posizioni sempre più moderate e in linea con le regole del sistema politico liberal-democratico e di quello economico liberista.
Salvo poche eccezioni, oltretutto elettoralmente marginali, si è assistito all'emergere di una sinistra nuova, eccessivamente entusiasta delle promesse del nuovo capitalismo di plasmare un mondo post-ideologico senza frontiere, senza classi e profondamente emancipante rispetto ai limiti tradizionali imposti dagli apparati statali, dalle comunità etniche, dai legami familiari. Una società compatibile con l'allargamento dei diritti civili e delle libertà individuali che ha però ben presto mostrato anche il suo lato oscuro: ovvero quello di essere una spaventosa macchina produttrice di una nuova antropologia iper-consumistica e di nuove forme di iniquità e dominazione sociale.
Il nuovo libro del giovane filosofo Paolo Borgognone, L'immagine Sinistra della Globalizzazione, si pone, in questo contesto, come uno strumento di riflessione molto utile per comprendere le dinamiche, i processi e le contraddizioni che caratterizzano la cultura postmoderna attuale, vera e propria sovrastruttura del sistema economico neoliberista.
Elemento centrale di questo voluminoso saggio di oltre mille pagine, edito da Zambon, è la volontà di investigare quel "processo di metamorfosi, in chiave liberista e radical- libertaria di una sinistra che si candidava, dopo il 1989, venuti meno i propri legami con le classi popolari proletarie [...] al ruolo di apparato strategico affidabile di riproduzione culturale, politica e finanche economica, del capitalismo contemporaneo".
L'analisi ad ampio raggio, che mette al centro la situazione politica italiana degli ultimi trent'anni, ma che non si sottrae dal voler avanzare riflessioni ed elaborazioni politiche di maggior respiro, si propone di essere una critica al radicalismo liberale, ovvero a una cultura di carattere postmoderno, che portando alle estreme conseguenze certi valori della cultura liberale borghese, ha generato una trasformazione antropologica profonda e ha mobilitato una "neoplebe desiderante" e consumistica, completamente assoggettata ideologicamente alle logiche totalitarie del neoliberismo attuale, globalista e sans frontieres.
Come il precedente Capire La Russia (recensito qua), anche L'immagine Sinistra della Globalizzazione è un saggio controverso in cui l'accusa alla parabola storica della sinistra assume contorni estremamente netti. Secondo l'Autore,il "triplo salto mortale all'indietro" condotto dagli esponenti e dagli intellettuali vicini al PCI (e a i suoi omologhi negli altri paesi europei), verso posizioni apologetiche del "nuovo ordine mondiale" a guida americana, ha significato una profonda scollatura fra i partiti di sinistra, sia moderata che radicale, rispetto alle fasce subalterne della popolazione che tali organizzazioni politiche avrebbero dovuto rappresentare.
L'emergere di una sinistra mondialista, aperta, tollerante, libertaria, snob e "radical chic", non solo è interpretata da Borgognone come perfettamente compatibile col sistema liberista globalizzato, ma anzi essa è considerata come la forza politica adatta alla gestione delle dinamiche di un capitalismo che rispecchiando una cultura libertaria e cosmopolita, diventa globale e senza frontiere.
Quello descritto da Borgognone è un mondo "economicamente di destra ma culturalmente di sinistra", proprio in virtù del fatto che il sistema di rappresentazioni e di riferimenti valoriali del nuovo capitalismo è del tutto conforme al radicalismo liberale che ha preso forza all'interno della sinistra contemporanea.
In linea con le teorie anticonvenzionali del politologo francese Alain De Benoist, l'Autore pone l'inizio di questa metamorfosi della sinistra col movimento del sessantotto che «condusse la nominata sinistra occidentale al proprio parodistico e tragicomico autoscioglimento nel magma individualistico e apatride della società globale».
Se l'analisi di un capitalismo neoliberista totalitario, caratterizzato da un involucro culturale affine a certa sinistra liberale, dalla liquefazione di ogni aspetto della società, da un atteggiamento edonista e consumista e del tutto antitetico a qualsivoglia forma di giustizia sociale è in larga misura condivisibile, più controversa è la proposta geopolitica che scaturisce da queste riflessioni.
L'autore guarda infatti con una certa simpatia a quel calderone eterogeneo di partiti e movimenti politici declinabili all'interno delle nuove destre euroasiatiche, nazionaliste e identitarie. Il loro successo fra le fasce meno abbienti della popolazione, fra gli esclusi ed emarginati dei processi di globalizzazione, obbligano ovviamente ad interrogare in profondità la sinistra e il sostanziale fallimento di atteggiamenti e battaglie politiche percepite troppo spesso come lontane dall'interesse della gente, spaesata dall'abbattimento di ogni barriera, che si traduce poi in precarietà lavorativa ed esistenziale e perdita di riferimenti valoriali ed identitari.
Certamente si deve accogliere altrettanto positivamente l'invito dell'autore a non guardare all'emergere delle nuove destre in Europa come un banale rigurgito fascista, a non etichettare con snobismo le varie forme di risorgenza di movimenti populisti alla stregua di una omogenea "internazionale nera", bensì a mettere in evidenza la reazione di ampie fasce della popolazione rispetto a un sistema economico che ha lasciato indietro intere classi sociali, in un contesto in cui l'immaginario collettivo situa la sinistra più nei salotti letterari che nelle piazze.
Ma è altrettanto importante problematizzare quale tipo di proposta politica alternativa questi movimenti offrano. Il Front National, la Russia di Putin, la Lega di Salvini, l' FPÖ austriaco o tanti altri movimenti euroscettici e sovranisti europei hanno successo fra le fasce della popolazione meno abbienti perchè recuperano un sentimento identitario e patriottico che, per definizione, il capitalismo nella sua fase contemporanea nega. Ma siamo sicuri che l'alternativa plausibile a un capitalismo alienante e distruttivo possa venire da questo tipo di offerta politica?
L'opposizione di questi movimenti al "nuovo ordine mondiale" a guida Statunitense non rende automaticamente questa offerta politica foriera di valori di equità sociale, stabilità lavorativa, liberazione da stili di vita incentrati sulla logica dei profitti e del consumo. Piuttosto, molto spesso il riproporre un'identità nazionale piuttosto che forma di resistenza è uno strumento di riproduzione delle disuguaglianze, laddove i discorsi sulla sovranità diventano uno strumento efficace in mano alle elite borghesi nazionali per appiattire ideologicamente ogni reale differenza di classe sul discorso del riscatto patriottico.
Borgnognone ha ragione da vendere quando afferma che l'appiattimento della sinistra sui valori liberali, porta molto spesso a legittimare le forme più o meno subdole di colonizzazione ed imperialismo economico e culturale da parte dell'occidente rispetto a ogni paese etichettato come "non libero" e "non democratico". Le "rivoluzioni colorate" postmoderne, più che delle lotte autoctone per la libertà e democrazia, nascondono spesso l'esigenza dei grandi attori globali di orientare e condurre i paesi "non allineati" sotto l'ombrello NATO. Ma si commetterebbe un errore ad attribuire una mentalità imperialista e colonizzatrice solo all'occidente postmoderno. L'esempio di Russia e Cina è piuttosto esplicativo a riguardo. Insomma l'idea un po' romantica di una resistenza sovranista al turbocapitalismo attuale lascia campo aperto all'emergere di molte perplessità.
In un libro ricchissimo di spunti di riflessione e di opportunità di instaurare un confronto prolifico, altro elemento che merita almeno di essere menzionato è il rapporto fra diritti civili e politici. Si può convenire con l'autore che l'attenzione che la sinistra ha rivolto alla questione dei diritti delle donne o degli omosessuali, ha spesso superato quella rivolta alla questione dell'iniquità e della giustizia sociale, sopratutto se si prende in esame la parabola che ha condotto il PCI a trasformarsi passo dopo passo in PD, nonché il fatto che questi siano un sistema di valori liberali compatibili col sistema economico neoliberista.
Ma i diritti civili non possono essere derubricati a una semplice espressione della cultura individualista e postmoderna che riproduce le logiche capitaliste. I diritti civili non sono in contrasto con i diritti sociali e soprattutto, di per sé, i diritti civili non producono ineguaglianze sociali o stili di vita consumistici. Piuttosto che una proposta politica che snobba i diritti civili come espressione di un atteggiamento radical-chic occorre capire che le lotte per i diritti civili, per lo più compatibili col capitalismo d terza generazione, non sono però uno strumento di oppressione delle classi subalterne. Il punto sta nel ridare credibilità a una sinistra di classe che non abbia bisogno di occuparsi esclusivamente dei diritti civili per trovare un minimo di visibilità politica e mediatica e che ritorni a ridare risposte concrete a milioni di uomini e donne ridotte in condizioni di precarietà se non di semi-schiavitù.
L'Immagine Sinistra della Globalizzazione è un saggio che ha il merito di affrontare in maniera sistematica la questione del rapporto fra capitalismo neoliberista e la sinistra contemporanea. Si tratta di un contributo controverso e anticonvenzionale che offre numerosi spunti di riflessione. L'elaborazione politica a sinistra necessita di un confronto aperto con una lettura della realtà politica e sociale così approfondita, non sempre condivisibile ma indubbiamente stimolante.
Fonte: Il Becco
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.