La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 marzo 2016

Il Brasile ha perso la sinistra e la rotta

di Raúl Zibechi
Tra le principali caratteristiche del caos sistemico ci sono l’opacità e l’imprevidibilità degli scenari geopolitici e politici, globali e locali, frutto in gran misura delle transizioni in corso e della sovrapposizione di diversi attori che influenzano/deviano il corso degli eventi. In sintesi, una realtà ipercomplessa nella quale è possibile visualizzare le grandi tendenze non è così semplice da comprendere per la congiuntura. In ogni caso, è una realtà che resiste alle semplificazioni.
I recenti avvenimenti occorsi in Brasile, la detenzione di Lula e la successiva nomina alla guida del consiglio dei ministri (poi congelata dai magistrati, perché sospetta di essere stata fatta per ostacolare il corso della giustizia, ndt) e le manifestazioni della scorsa domenica [13 marzo] sembrano far precipitare gli eventi. Tuttavia, la destituzione della presidenta Dilma Rousseff per porre fine al governo del Partito dei Lavoratori (PT) non sarà una cosa semplice, perché anche l’opposizione è colpita da mancanza di credibilità. Quello che è finito in Brasile, è un periodo più o meno prolungato di stabilità politica ed economica perché non c’è una coalizione capace di dare stabilità al paese.
Vediamo quelle che sembrano le tendenze principali, con le loro rispettive controtendenze.
La prima è che risulta evidente una potente offensiva destituente contro il governo e il PT da parte delle destre: i media mainstream, il capitale finanziario brasiliano e internazionale, gli Stati Uniti e, a quanto pare, una parte dell’apparato giudiziario. L’operazione Lava Jato (“Autolavaggio”) sarebbe parte di questa offensiva che si accentua nella misura in cui lo scenario globale si polarizza.
Diversi analisti vicini alla sinistra pensano tuttavia il contrario e non considerano l’azione della giustizia dettata dagli impatti politici. Il sociologo Luiz Werneck Viannasostiene che “la natura dell’operazione Lava Jato è repubblicana e la sua funzione è denunciare la connivenza tra la sfera pubblica e la sfera privata”. Aggiunge che quelli che denunciano il Lava Jato come una manovra della destra, difendono “piccoli interessi” e che il rapporto tra pubblico e privato era giunto ad un punto estremo che richiedeva un intervento.
La seconda tendenza è la dissoluzione delle sinistre. Ci sono persone che dicono cose che sembrano di sinistra ma non esiste una forza sociale e politica con valori e atteggiamenti di sinistra. Il più importante intellettuale di sinistra brasiliano, il sociologo Francisco de Oliveira, sostiene che non c’è lotta di idee e di posizioni politiche, [ci sono] a malapena sfilate di strada, e che la sinistra non ha capacità di mobilitazione. “La sinistra non ha una direzione di marcia – dice- Io stesso sono di sinistra e ne sono privo”.
Un sintomo dell’inesistenza della sinistra è l’incapacità di autocritica, non solo da parte dei politici e dei dirigenti, ma anche dei cosiddetti intellettuali che, nella stragrande maggioranza, danno la colpa di tutto alla destra e ai media e sono incapaci di prendere in considerazione i dati che contraddicono le loro analisi. Domenica scorsa [13 marzo], i manifestanti che si presume siano di destra, hanno fischiato e cacciato i principali dirigenti dell’opposizione, il governatore di São Paulo, Geraldo Alckim, e il senatore Aecio Neves, del Partito della Social Democrazia Brasiliana [ Partido da Social Democracia Brasileira PSDB], al grido di “ladri” e “opportunisti”.
Come si inseriscono questi fatti nell’analisi semplicistica degli intellettuali di sinistra? Le denunce più devastanti contro Lula e Dilma (e contro buona parte dei politici di destra) provengono da Delcidio Amaral, senatore per il PT, nominato da Dilma alla guida del Senato. In precedenza, Amaral è stato ministro dell’Industria Mineraria e dell’Energia sotto Itamar Franco (1994 e 1995) e direttore della Petrobas sotto Fernando Henrique Cardoso (2000 e 2001) ed è considerato “esperto in affari torbidi”. (Página 12, 16/3/16). Questo è il tipo di persone che il PT recluta da quando è al governo.
Non c’è sinistra perché il PT si è incaricato di annichilirla, politicamente ed eticamente. Lula è stato per anni l’ambasciatore delle multinazionali brasiliane. Tra il 2011 e il 2012 ha visitato 30 paesi, 20 dei quali si trovano in Africa e in America Latina. Le imprese di costruzioni hanno pagato 13 di questi viaggi: la quasi totalità Odebrecht, OAS e Camargo Correa (Folha de São Paulo, 22/3/13). È solo un aspetto del “consenso lulista”. L’altro è l’addomesticamento dei movimenti.
È vero che c’è una controtendenza dal basso, segnata da un nuovo attivismo sociale che si è manifestato nel 2013 con il Movimento Passe Livre, poi con le occupazioni dei senza tetto, con il nuovo attivismo femminista e, più recentemente, con l’occupazione di centinaia di scuole superiori. Questi movimenti però, non obbediscono più alla vecchia logica (cinghia di trasmissione dei partiti) bensì a nuove relazioni sociali tra le quali spiccano l’autonomia dai partiti e dai sindacati, l’orizzontalità e il consenso nel prendere le decisioni.
La terza tendenza è la fine dell’egemonia dei diversi attori politici o sociali. Una società senza egemonia vuol dire una società caotica, disordinata, nella quale nessuna istanza possiede né legittimità né capacità di determinare le rotte da seguire. Per la sinistra istituzionale ed elettorale e per i professionisti del pensiero, questo è un orrore, un pericolo da cui fuggire. Per noi che puntiamo all’autogoverno dei popoli e delle comunità, è invece una possibilità concreta di “espropriare gli espropriatori”, poiché è l’anticamera di un collasso sistemico.
A due condizioni. La prima è che non si creda che il vecchio mondo cadrà senza colpirci. Saremo parte del naufragio, saremo in pericolo, tanto quanto i settori popolari. Questo non è né positivo né negativo, è il prezzo da pagare per avere la possibilità di creare un mondo nuovo.
L’altra è che non esiste la minima certezza. Quel che è prevedibile sono lo Stato, le istituzioni, le multinazionali. Il collasso è una scommessa, ma non un gioco, nel quale mettiamo in gioco il corpo e rischiamo di perdere tutto, per imprimere un cambio di rotta all’umanità.

Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo Brasil: sin izquierda y sin rumbo
Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo
Fonte: comune-info.net

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