di Eleonora Martini
«Le richieste di esclusione di tutto il territorio italiano dalla coltivazione di tutti gli Ogm autorizzati a livello europeo» sono arrivate ieri sul tavolo della Commissione europea. Il ministro Maurizio Martina lo comunica ufficialmente e Bruxelles conferma: l’Italia, come altri 15 Stati membri e quattro regioni, vuole diventare Ogm free. Bandendo così praticamente la coltivazione del mais geneticamente modificato dal cuore dell’Europa. Unica pecora nera, la Spagna.
Il governo italiano, tramite il titolare delle Politiche agricole, di concerto con il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, e della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inoltrato le otto richieste — una per ciascun tipo di Ogm da bandire — in applicazione della direttiva Ue approvata all’inizio dell’anno che permette agli Stati membri di vietare al proprio interno la coltivazione degli organismi geneticamente modificati il cui uso è stato già approvato da Bruxelles (come la varietà di mais 810 della Monsanto) o è in via di approvazione (come altre sette tipologie di mais).
«È un grandissimo risultato per il nostro Paese — esulta il ministro Galletti — è una battaglia che abbiamo fatto in Consiglio Ambiente durante il semestre europeo e che abbiamo vinto, modificando la direttiva europea». Anche Greenpeace incassa il risultato di anni di battaglie e trattative. E la Coldiretti conferma che la richiesta proviene dal basso: secondo un’indagine Ixè, «quasi 8 cittadini su 10 (76%) si oppongono oggi al biotech nei campi». Contesta invece il metodo, la Confeuro, la confederazione di associazioni e sindacati liberali europei che, senza entrare nel merito, parla però di decisione «presa in senso unilaterale, senza il coinvolgimento di tutti gli attori che compongono il settore primario». «L’Italia proibisce gli Ogm ma li importa, favorendo le multinazionali contro i nostri scienziati», fa notare però l’Associazione radicale Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
Fino all’entrata in vigore della direttiva europea 2015/412 dell’11 marzo scorso, approvata nel corso della presidenza italiana dell’Ue, erano nove i Paesi che avevano già notificato formalmente alla Commissione europea l’intenzione di mettere al bando le coltivazioni: Austria, Croazia, Francia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Olanda e Polonia; e una Regione, la Vallonia, in Belgio. «Ma risulta che stiano arrivando notifiche anche di Cipro, Danimarca, Germania, Slovenia, Bulgaria e di altre tre Regioni: Scozia, Galles e Irlanda del Nord», riferisce Federica Ferrario, responsabile Campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia. E così, a vietare gli Ogm sul proprio territorio sarebbero 15 Paesi e 4 Regioni, pari a oltre il 65% della popolazione dell’Unione europea e a più del 66% della terra coltivabile. Ma altri Paesi, prevede Greenpeace, potrebbero aggiungersi prima della scadenza di domani, 3 ottobre. «In sostanza, si tratta di gran parte della terra (esclusa quella spagnola) coltivabile a mais», aggiunge Ferrario.
Finora però in Italia e altri otto Paesi (Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Lussemburgo e Polonia) le colture dell’unica varietà Ogm già autorizzata a livello continentale, la Mon810, erano state bloccate dalla cosiddetta «clausola di salvaguardia». «Adesso — conclude Ferrario — dobbiamo bloccare l’approvazione delle altre sette varietà di mais modificato in attesa di approvazione, e rivedere completamente il processo di valutazione dei rischi e di autorizzazione degli Ogm a livello europeo. È un impegno che il Commissario Jucker aveva preso a luglio 2014 e ora deve mantenere».
Rimane però, come fa notare l’Associazione Luca Coscioni, la questione delle importazioni: «I ministri — osservano Filomena Gallo, Roberto Defez e Marco Cappato — evidentemente fanno finta di ignorare e nascondono il fatto che l’Italia continua imperterrita ad importare oltre 4 milioni di tonnellate di soia Ogm, ed a questa si aggiunge l’importazione anche di un miliardo di euro di mais estero (in parte Ogm). Grazie alle iniziative governative aumenteranno i volumi e la spesa per le importazioni di mangimi Ogm, dai quali dipende la produzione dei nostri alimenti tipici e di più alta qualità». Queste scelte del governo, concludono, «rappresentano degli oggettivi regali offerti alle multinazionali del settore perché rafforzano situazioni di monopolio legando le mani agli unici competitori credibili: gli scienziati pubblici europei ed italiani».
Fonte: il manifesto
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