di Massimo Villone
Avevamo la Costituzione di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Mortati, Calamandrei, Perassi e altri, a molti di noi cari. Una Costituzione che ha retto bene il paese per decenni, anche in momenti bui. Abbiamo da oggi la Costituzione di Renzi, Boschi e Cociancich. Ogni tempo ha gli eroi che si merita.
Quando fu presentato per l’Italicum il noto emendamento Esposito, fu chiaro che si poneva un precedente pericoloso, tale da poter stroncare non solo l’ostruzionismo, ma qualsiasi dibattito o confronto parlamentare. Riassumere un dettato normativo in un emendamento da anteporre e da votare prima degli altri ha infatti la conseguenza, secondo una lettura notarile dei regolamenti, di far cadere ogni altro emendamento perché l’Aula ha ormai deciso. Scrissi allora su queste pagine che il presidente avrebbe dovuto dichiarare l’emendamento Esposito inammissibile, per carenza di contenuto normativo. Fece diversamente.
Vicenda simile abbiamo ora con l’emendamento Cocianchic (1.203). Non importa chi l’abbia scritto. Calderoli ha riferito in Aula voci per cui Cociancich «avrebbe detto a più persone che ignorava il contenuto ovvero la portata del suo emendamento».
Non sappiamo se sia vero. Comunque, non ci voleva un genio del diritto parlamentare per infilarsi nel varco aperto allora dalla decisione del presidente del senato sull’emendamento Esposito. La cosa fu già grave con l’Italicum. È ancor più grave adesso, con una riforma della Costituzione di grande momento. E non si può ribadire abbastanza che il senso della Costituzione, ed in specie dell’art. 138, non è certo quello di favorire i trucchetti per stroncare il dibattito, e arrivare in qualunque modo alla decisione.
Dopo tanto esitare, il presidente Grasso è sceso in campo per il governo. Per la verità, qualche sospetto l’avevamo. Ne troviamo ora conferma nelle decisioni sull’ordine delle votazioni e sui subemendamenti.
Qual era il corretto ordine di votazione degli emendamenti? Secondo principio, gli emendamenti si votano a partire dal più lontano fino al più vicino al testo da emendare. In Aula, è stata contestata a Grasso la scelta di mettere in prima fila l’emendamento 1.203, e il presidente in realtà non ha risposto. Ancor più significativa la decisione di precludere ogni subemendamento al Cociancich. Va infatti considerato che gli emendamenti di maggioranza (quelli concordati in casa Pd) sono stati portati a conoscenza dei senatori all’ultimo momento. Molti sono andati in Aula senza nemmeno averli visti. Il presidente ha deciso che i termini per la presentazione di subemendamenti erano già scaduti. Forse vero, ma le condizioni reali del dibattito avrebbero certo suggerito, se non imposto, almeno una breve riapertura dei termini. Approvato il Cociancich, Grasso ha anche respinto il tentativo di subemendarlo attraverso l’art. 100, comma 5, reg. sen., norma raramente invocata, che però avrebbe potuto consentire una almeno parziale riapertura del confronto.
Il trucco c’è, e si vede. Con queste decisioni, l’approvazione del nuovo art. 55 della Costituzione si è sostanzialmente risolta nel voto sull’emendamento Cociancich, che ha precluso tutti gli altri, mentre veniva contestualmente impedito ai senatori di opposizione qualsiasi intervento in via di subemendamento. È stata così anche superata una raffica di voti segreti, rischiosi per il governo. All’accusa di avere consentito l’uso strumentale dell’emendamento 1.203 contro le opposizioni — avanzata da molti nella seduta di giovedì — Grasso ha reagito con stizza, ma senza porre argomenti. E nemmeno ha raccolto le ripetute e insistite richieste di riunire la Giunta per il regolamento. Non a caso. Come sappiamo, i numeri della Giunta non sono blindati per il governo, e il passaggio poteva rivelarsi pericoloso. Analoghe manovre si preannunciano per gli articoli successivi al primo. A quanto leggiamo, per i subemendamenti all’art. 2 il tempo concesso è mezz’ora.
Grasso protagonista, dunque. Avremmo pensato che il primo dovere di un presidente di assemblea fosse nei confronti dell’istituzione presieduta. Dobbiamo ricrederci. Possiamo forse capire l’atteggiamento tenuto verso gli 82 milioni di emendamenti Calderoli, per cui poteva valere l’argomento che non si può mai favorire la paralisi dell’istituzione. Ma questo era ieri. Oggi, vediamo Grasso schierato al fianco del governo. Erano possibili scelte diverse, e letture di regolamento secundum constitutionem, più attente alla necessità che una Costituzione nasca da un confronto reale, e non per il sostegno acritico di maggioranze occasionali e raccogliticce, popolate di anime morte e di voltagabbana.
Quanto accade ci conferma che la fu minoranza Pd ha sbagliato facendosi riassorbire nel gruppone, e sostanzialmente scomparendo nel gorgo della rottamazione costituzionale. Un pezzo del paese non accetta la Costituzione di Renzi, senza se e senza ma perché quella che abbiamo è di gran lunga migliore. Il senatore Cociancich ci comunica in una intervista di preferire la precisione e non la quantità come Calderoli. Rispetto ad entrambi, preferiamo l’intelligenza.
Fonte: il manifesto
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