di Tom Engelhardt
Dato il disordinato panorama degli scorsi 14 anni, potete anche debolmente ricordare il momento in cui è caduto il Muro di Berlino, quando la Guerra Fredda è finita in un momento silenzio attonito di sgomento e trionfo a Washington, quando l’Europa è stata liberata, la Germania unificata, e l’Unione Sovietica svanita dalla faccia della terra? In quel momento epocale terminarono sei secoli di rivalità tra imperi. Rimase soltanto una potenza poderosa.
Nella memoria storica non c’era stato un momento come questo: un’unica “iperpotenza” con una forza militare ineguagliabile che si profilava su un paese, senza avere rivali. In quelle circostanze, che cosa non poteva sperare Washington? Il dominio eterno del Medio Oriente e tutto quel petrolio? Una Pax Americana planetaria per generazioni a venire? Perché no? Dopo tutto, neanche i Romani e i Britannici al culmine dei loro imperi avevano sperimentato un mondo come questo.
Ora fate un salto di un quarto di secolo fino a oggi e osservate la marea di paranoia che aumenta in questo paese e la litania di previsioni di rovina e disastro. Considerate la gravità della paura e del pessimismo nel partito di Ronald Reagan “E’ di nuovo mattina in America”,* durante quelli che vengono chiamati “dibattiti” tra i suoi candidati presidenziali, ed è difficile non immaginare che non siamo sull’orlo del declino e della caduta di quasi ogni cosa. Il Secolo Americano? Tanta segatura sul pavimento della storia.
Se, tuttavia, si guarda il paese che i suoi massimi politici possono a malapena citare senza brandire a mo’ di difesa le parole “eccezionale” o ”indispensabile,” l’unica cosa veramente eccezionale è questa: una grande potenza, gli Stati Uniti, è da sola sul pianeta Terra e gli americani possono esibire tutta la paranoia che vogliono in maniera notevolmente sicura e tranquilla.
Ecco qui, allora, tre fatti eccezionali del nostro tempo.
Fatto eccezionale # 1: il fallimento è successo, oppure gli Stati Uniti restano l’unica Superpotenza
Se si dovesse scegliere il singolo aspetto più straordinario, anche se poco discusso, della politica estera americana nei primi 15 anni di questo secolo, potrebbe essere che l’incapacità di Washington di applicare il suo potere con successo più o meno dappertutto, conferma proprio quel potere; in altre parole, il fallimento è un segnale di successo. Lasciate che ve lo spieghi.
Negli anni successivi all’11 settembre, il potere americano in varie forme molto militarizzate è stato lasciato libero di scatenarsi in una vasta zona del pianeta dal confine cinese fino nelle zone di più difficile accesso dell’Africa e in nessun posto in quei 14 anni, malgrado i sogni di gloria e il dominio globale, gli Stati Uniti sono riusciti a raggiungere uno dei loro obiettivi strategici. Questo di per sé si dovrebbe definire eccezionale. Dopo tutto, quali sono le probabilità che, in tutto quel tempo, nulla dovrebbe risultare pianificato o certamente secondo gli standard di Washington? Non sono stati in grado di vincere la guerra in Afghanistan, né le loro altre due guerre, una ancora in corso in Iraq, né hanno avuto successo in quella attuale in Siria, il loro intervento in Libia si è dimostrato catastrofico; le loro operazioni speciali e le campagne con i droni in Yemen hanno portato al caos in quel paese, e così, come diceva di solito il romanziere Kurt Vonnegut, vanno le cose.
Sebbene nei primi anni di questo secolo si parlasse molto di “costruzione di una nazione” all’estero, il potere americano non è stato capace di costruire nulla. Dovunque il suo effetto è stato esclusivamente di disintegrazione (a meno che non si calcoli come azione non-disintegrante la creazione di un “califfato” del terrore in zone di Siria e Iraq oramai ala collasso). Sotto la pressione del potere americano, non ci sono state vittorie, neanche successi in qualche senso tradizionale, mentre intere nazioni sono crollate, le popolazioni sono state sradicate, e le persone costrette a fuggire a milioni.
Non importa in che modo lo misuriate, il potere americano è stato, in altre parole, una tempesta di fallimenti.
E allora dove sta il successo? La risposta: malgrado 15 anni in cui sono rimbalzati da un disastro militare a un altro, ci può essere qualche dubbio che, segni di declino oppure no, gli Stati Uniti rimangono l’unica e incontestata super potenza del pianeta Terra? Considerate questo una testimonianza della ricchezza e della forza del paese. In molto modi – certamente, in termini militari (malgrado il clamore dei recenti dibattiti tra Repubblicani) – non c’è alcun potere che potrebbe o vorrebbe contestarlo.
Se ascoltate i Repubblicani, il presidente della Russia, Putin, sembra ora rappresentare quasi da solo l’ex Unione Sovietica. Il presidente e il suo paese, come concordano i Repubblicani, i neoconservatori e i più alti personaggi militari, sono pronti a colpire il maggior nemico del paese, una genuina “minaccia esistenziale” agli Stati Uniti. Osservato però in maniera perspicace, questo nemico mostruoso (tuttavia stranamente familiare) è in molti modi un castello di carte. Oppure, detto in altro modo, Putin, come leader, è riuscito a fare cose notevoli (gran parte delle quali davvero orrende, dall’Ucraina alla Siria) con notevolmente poco. Paragonare Putin, come anche il suo paese, all’ex Unione Sovietica nel suo fulgore è, tuttavia, semplicemente un brutto scherzo (tranne forse quando si tratta del suo arsenale nucleare di dimensioni degne di una superpotenza). Infatti Putin è il capo di uno stato
energetico traballante, sotto attacco, in un momento in cui il prezzo del petrolio sembra diretto verso lo scantinato.
In quanto alla Cina, sempre considerata come la prossima superpotenza della fine del 21° secolo, non contateci. Come ci hanno ricordato recenti avvenimenti di tipo economico in accaduti là, è un paese al limite. Malgrado più di quattro decenni in cui si diceva “diventare ricchi è magnifico” e di notevole crescita economica, resta una terra relativamente povera la cui dirigenza non sa che cosa potrebbe accadere se, come in qualsiasi economia capitalista, le bolle dovessero scoppiare, le cose andassero male e l’economia cominciasse a calare rapidamente. Sì, il suo bilancio militare, sebbene ancora modesto in base agli standard del Pentagono sta aumentando e sta diventando sempre più aggressivo nel territorio, ma i suoi capi non mostrano alcun segno di voler presidiare il pianeta o di diventare un vero avversario degli Stati Uniti in nulla tranne che nei termini più locali.
E a parte la Cina, un quarto di secolo dopo che l’Unione Sovietica implose, non ci sono ancora altri potenziali nemici in nessuna altra parte della terra, soltanto potenze regionali di vari generi, a corto di soldi, un insieme di gruppi estremisti terroristi collegati tra di loro, che si trasformano costantemente e crescono sotto la pressione delle incursioni di bombardamento statunitensi, degli attacchi per operazioni speciali, e di campagne di assassinio con i droni.
Non c’è dubbio su questo. Se si è grossi sostenitori dell’eccezionale super dominio potente di Washington, la notizia non è esattamente allegra. Nulla funziona nel modo in cui funzionava, per esempio, in Iran nel 1953 quando la CIA provocò un colpo di stato che rovesciò un governo eletto democraticamente emise il suo uomo sul “Trono del Pavone.” Ci sono voluti 26 anni perché avvenisse un effetto controproducente e perché lo Scià fuggisse. Nel 2015 sembra che ci vogliano soltanto 26 giorni o forse 26 minuti.
Tuttavia, la buona notizia è che, per quanto il potere degli Stati Uniti possa essere in pratica in difficoltà, come il formaggio famoso della filastrocca per bambini (The Farmer in the Dell, dove si parla del formaggio che resta solo), ancora da solo. Quanto è eccezionale questo fatto?
Fatto eccezionale # 2 : gli americani sono realmente sicuri e tranquilli
Pensate al fatto eccezionale 2 come a uno da non credere con le proprie orecchie. Nell’era seguita all’11settembre, uno stato di sicurezza nazionale e di sorveglianza
globale di proporzioni storiche, è stato costruito e finanziato su una affermazione: che senza le sue 17 agenzie di intelligence, il Dipartimento di Sicurezza interna e le forze armate, come anche una penombra diffusa di segretezza e di secretazione (cioè, la sua capacità di non fare sapere ai cittadini molto di qualsiasi cosa riguardo a ciò che viene fatto a loro nome), il popolo americano sarebbe in un pericolo inimmaginabile, provocato da un unico fenomeno, il “terrorismo” (con l’ aggettivo “musulmano” o islamico” implicito se non proprio applicato).
Con tutto il parlare fatto negli anni di cellule dormienti, di lupi solitari e di complotti per uccidere gli americani, questo messaggio è stato una costante del nostro mondo. Come mostra il fatto di aver ammanettato e arrestato un ragazzo di prima superiore Irving, in Texas, * per aver portato a scuola un orologio che aveva costruito, il messaggio è ora nel flusso sanguigno degli americani. Ha fornito anche la base logica in gran parte indiscussa della crescita di agenzie segrete di ogni tipo, per le carriere di una vasta gamma di alti funzionari, per gli straordinari poteri garantiti a quello che è uno stato nascosto a tutti all’interno dello stato (dato che le forze armate statunitensi ora hanno al loro interno un esercito segreto di proporzioni che si espandono sempre di più). Se questo fosse messo in dubbio, anche quello stato e molto altro potrebbe essere messo in dubbio. Molto dipende dalle notizie e dagli allarmi su infiniti probabili complotti terroristici, che spesso risultano essere stati promossi o istigati da informatori dell’FBI.
Il messaggio si manifesta in una specie di isteria riguardo a possibili complotti futuri, rivendicazioni (in gran parte non comprovati o non veri) di quelli passati che sono stati fatti a pezzi dalle agenzie della sicurezza nazionale, e storie infinite sul modo in cui lo Stato Islamico sta usando Internet per provocare gli individui in questo paese a provocare confusione qui.
E tuttavia, fatto eccezionale 2 – malgrado l’11 settembre, la documentazione indica chiaramente che gli americani non sono prossimi al pericolo. Se si vive a Baghdad, la possibilità di attacchi terroristici non potrebbe essere più reale o orribile. Se si vive a Irving, in Texas, a Toledo, in Ohio, a Pittsburgh, in Pennsylvania, o perfino a New York City, questa probabilità è vicina a zero. Un paese delimitato da due oceani e da vicini cordiali, rimane una formula per la sicurezza, senza qualunque credito allo stato di sicurezza nazionale. In pochi posti sul pianeta chiunque è più probabile che sia sicuro, quando si tratta degli attacchi terroristici islamici come questo. Naturalmente è molto vero che gli Stati Uniti hanno contribuito a diffondere insicurezza e paura in importanti aree del mondo. E’ anche vero che perfino l’Europa non è più inviolata dall’insicurezza e dalla violenza. Anche in questo modo si potrebbe dire che gli Stati Uniti sono unici(certo non lo sapreste vivendo dentro il ghetto del terrore americano).
Permettetemi, allora, di offrire a chiunque legga questo pezzo, una garanzia pratica. Non verrete uccisi negli Stati Uniti continentali da un terrorista islamico o da qualche simpatizzante dello Stato Islamico – oppure le vostre probabilità che questo avvenga sono infinitesimalmente piccole. Le probabilità che vi accada quasi ogni altra cosa disastrosa, non importa, quanto oscura, sono almeno altrettanto grandi, e in quasi ogni caso sbalorditivamente maggiori, compreso essere schiacciati da un mobile che vi cade addosso, uccisi da un marmocchio che ha trovato un arma smarrita e carica, assassinati in un incidente di uccisione di massa (non da un terrorista), colpiti da un fulmine (o fatti fuori da eventi metereologici di quasi ogni tipo) o finiti da intossicazione alimentare, o uccisi nella vostra macchina.
Come è stato sempre vero – tranne le eccezioni dell’incendio di Washington per mano dei britannici, di Pearl Harbour nel 1941, e dell’11 settembre – gli Stati Uniti sono stati un luogo notevolmente protetto (tranne, naturalmente, quando si tratta a lotte interne di vari tipi). Quel senso di invulnerabilità spiega perché gli attacchi dell’11 settembre ebbero un impatto senza paragoni e perché è stato tanto facile costruire una vasta struttura intesa a supervisionare la “patria” in tutti i tipi di modi storicamente importuni.
L’altro lato di questo – consideratelo il fatto eccezionale due e mezzo – è che, a questo punto, i contribuenti americani hanno investito trilioni di dollari in quello che può soltanto essere definito un raggiro.
Fatto eccezionale # 3: Una cultura del vittimismo si sta sviluppando tra gli abitanti dell’unica Superpotenza del pianeta
Considerati i fatti eccezionali 1 e 2,che cosa potrebbe essere più eccezionale di numeri significativi di americani che vivono in una cultura basata sulla paura di essere vittime “corretta” con paranoia ed estremismo che sembra aver catturato uno dei nostri due partiti politici?
In questa, gli americani sono sempre alla mercé dei malvagi, ovunque, compresi quelli proprio in mezzo a noi che hanno in mente il caos. Le nostre forze armate sono un relitto sotto finanziato, la nostra Marina è praticamente un insieme di gommoni, un musulmano è perfino alla Casa Bianca, un malefico movimento per il cambiamento del clima è impaziente di distruggere totalmente il capitalismo, il corpo delle donne è sufficientemente pericoloso da far chiudere il governo, gli immigrati sono potenziali terroristi o stupratori, e così via attraverso una litania di fantasie e di fatti inventati stranamente intrecciati.
Questo stato d’animo è stato messo in evidenza di recente nei media dopo che un uomo, durante una manifestazione di Donald Trump nello stato del New Hampshire, subito dopo il secondo dibattito Repubblicano, si è alzato nella fase dedicata alle domande e ha detto: “Abbiamo un problema in questo paese e si chiama: Musulmani.
Sappiamo che uno è il nostro attuale presidente – sapete, non è neanche americano. Comunque, abbiamo campi di addestramento che nascono ogni momento e nei quali vogliono ucciderci. Ecco la mia domanda: quando potremo liberarci di loro?” La copertura dei media si è generalmente concentrata sulla parte dell’affermazione dell’uomo riguardante il presidente e la sua nascita, ignorando quegli immaginari “campi di addestramento” per i terroristi che si presume ci siano qui negli Stati Uniti.
In gran parte ignorati sono stati anche gli altri due membri del pubblico invitati da Trump a intervenire che non erano meno bizzarri. Il primo, un uomo, ha detto: “Applaudo il signore che si è alzato in piedi e che ha detto che Obama è un musulmano nato all’estero e che ha parlato di campi militari, tutti lo sanno.” (“Giusto,” ha risposto Trump, ed è andato oltre).
La seconda, una donna, secondo il Campidoglio, “gli ha detto che c’è un ‘nuovo olocausto’ nel New Hampshire e che la gente viene caricata su dei carri merci e decapitata da membri dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria. ‘Volevo solo che lo sapeste.’”
Considerate questa una piccola, marginale misura del senso di paura, persecuzione, e fantasie inserite ora in quella a cui spesso ci si riferisce chiamandola la “base” Repubblicana. Questa paranoia, naturalmente, non è nulla di nuovo in questo paese, particolarmente in momenti di stress economico. Tuttavia, considerando gli anni di propaganda della paura successivi all’11 settembre, e la costruzione di un universo di media di destra che funziona sia da camera di riverberazione che da megafono, questa è roba pericolosa. E non stiamo parlando qui soltanto di un insieme bizzarro di pazzi che stanno ai margini. Dopo tutto, come ha riferito di recente il Washington post, “il 54% dei sostenitori di Trump e circa il 43% dei Repubblicani, credono che Obama sia un Musulmano.”
In questo contesto, mentre le forze armate statunitensi perseguono le loro guerre, interventi fallimentari e i raid all’estero, mentre lo stato di sicurezza nazionale sviluppa sempre più meccanismi per spiare, sorvegliare e controllare gli abitanti in patria (come nei recenti apparati di sicurezza senza precedenti per isolare le maggiori città americane “per” il Papa), molti dei cittadini del paese vivono sempre di più dentro una fantasia di un paese che manca di fatti, una super potenza vittimizzata. Dei folletti si appostano a ogni angolo, come anche crimini gravi e oscure cospirazioni, e qualsiasi senso di responsabilità per ciò che hanno fatto gli Stati Uniti nel mondo in questi anni recenti, è assente.
Nel frattempo, viviamo in un pianeta sempre più disturbato i cui i fondamenti della siccità, del fuoco e delle inondazioni, del disgelo e del congelamento stanno acquistando un nuovo significato, in cui il potere non sembra si esprima o si dimostri nei modi normali, ragionevolmente prevedibili. Il sole forse sta tramontando, anche se davvero lentamente, sulla potenza imperiale americana, ma forse tramonta anche su un potere imperiale assoluto. E se è così, sarebbe veramente eccezionale.
*Frase di inizio di un messaggio pubblicitario per la campagna televisiva di propaganda per l’elezione di Reagan nel 1984 (n.d.t., tradotto da:
https://en.wikipedia.org/wiki/Morning_in_America
https://en.wikipedia.org/wiki/Morning_in_America
Tom Engelhardt, è uno dei fondatori dell’American Empire Project, e autore di: The United States of Fear (Gli Stati Uniti della paura) e anche di una storia della Guerra Fredda, The End of Victory Culture [La fine della cultura della vittoria). E’ socio del Nation Institute e dirige: TomDispatch.com, dove questo articolo è apparso la prima volta). Il suo libro più recente è: Shadow Government: Surveillance, Secret Wars, and a Global Security State in a Single-Superpower World [Il governo ombra: sorveglianza, guerre segrete, e uno stato di sicurezza globale in un mondo con un’unica superpotenza], (Haymarket Books).
Originale: TomDispatch.com
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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