di Alfredo Morganti
Dice Goffredo Bettini che le modalità di elezione dei senatori sono una questione “di dettaglio” (tant’è vero che lui il Senato lo abolirebbe). Mentre il punto vero è la “strutturale e tragica assenza di credibili canali di rappresentanza tra cittadini e potere. Un tempo questo lavoro veniva svolto dai partiti di massa. Oggi c’è il deserto”. Per spiegarsi meglio, espone la sua formula vincente: “Massimo decisionismo del leader e massima decisione diretta da parte dei cittadini”. E in mezzo il deserto, appunto! Deserto delle istituzioni rappresentative (ridotte a una soltanto, per di più formata da nominati che, col maggioritario, sono minoranza della minoranza). Deserto dei corpi intermedi (a partire dai sindacati, che Bettini vorrebbe ‘riformati’, magari con le primarie). Deserto della politica, che si farebbe solo ai vertici (le stanze dove si riuniscono le classe dirigenti), nelle piazze (il leader che fa discorsi), a Palazzo Chigi (il leader che prende decisioni in nome della nazione e del suo partito), sui media (occupando tv e social) o nei referendum (che somigliano sempre più a Grandi Eventi come l’Expo). Mentre invece, dico io, la politica andrebbe fatta soprattutto tra le persone, orizzontalmente e forse pure lateralmente rispetto alla verticalità e alla immediata fenomenologia dei vertici del potere.
Bettini punta il dito sull’attuale assenza di canali di rappresentanza sociale e sulla fine del partito di massa. Ma chi lo ha voluto il partito liquido, leggero, striminzito, in capo al quale doveva esserci il leader, l’alfiere, il pezzo da novanta, il comandante in capo, e sotto di lui al massimo un cerchio magico di lacchè, più una direzione bulgara e, infine, le primarie aperte o plebiscitarie? Io? Bersani? Berlinguer? Breznev? Molotov? Fidel Castro? Chi ha voluto QUESTO partito? Così com’è adesso, proprio così? Domanda retorica.
Il PD nasce sin dalle origini liquefatto, gassoso, sparkling. Perché così era più manovrabile, perché così poteva essere una mera piattaforma del leader, la sua plancia di comando, perché costava meno, perché la tattica è più importante della strategia, perché basta un po’ di comunicazione e il più è fatto no?, perché dovevamo rispondere a Berlusconi con le stesse armi, anzi essere noi stessi Berlusconi, fare come lui e come la sua ‘modernità’. Questo è. Se siamo a questo punto non ci siamo arrivati per caso, ma quale conseguenza delle scelte fatte dai fondatori del PD, in primis Veltroni e quindi Bettini, che fu l’ideologo di quel nuovo corso ‘all’americana’.
Il PD nasce sin dalle origini liquefatto, gassoso, sparkling. Perché così era più manovrabile, perché così poteva essere una mera piattaforma del leader, la sua plancia di comando, perché costava meno, perché la tattica è più importante della strategia, perché basta un po’ di comunicazione e il più è fatto no?, perché dovevamo rispondere a Berlusconi con le stesse armi, anzi essere noi stessi Berlusconi, fare come lui e come la sua ‘modernità’. Questo è. Se siamo a questo punto non ci siamo arrivati per caso, ma quale conseguenza delle scelte fatte dai fondatori del PD, in primis Veltroni e quindi Bettini, che fu l’ideologo di quel nuovo corso ‘all’americana’.
Ma poi, In fondo, il deserto piace. E viene teorizzato, perché serve a liberare le mani al leader e a illudere che i referendum-plebiscito o le primarie aperte siano davvero democrazia partecipata. Ma quel deserto diverrà presto un abisso profondo, ingoiando fiducia, rappresentanza e democrazia, se non si tenterà almeno un riequilibrio. Come? Riducendo il potere del leader, rafforzando la rappresentatività delle camere, cessando di illudersi sul potere taumaturgico dei plebisciti e delle primarie. Ma è proprio questo che Bettini non vorrebbe! Il fossato va colmato, invece, il deserto fertilizzato, mentre la soluzione proposta dal PD va proprio nella direzione opposta. Ora è chiaro che il PD è causa del problema, non la soluzione. Scatenare referendum, sondaggi e primarie come se piovesse non è potere ‘diffuso’, anzi. Tutto rischia di trasformarsi in una manfrina politica, come si fa oggi quando il leader ‘decide’ e la base è chiamata a sembianze di democrazia diretta (o viceversa). Il ‘senso’, come invoca pure Bettini, è tutt’altra cosa. E sta invece nei ‘contrappesi’ di cui la democrazia decidente e plebiscitaria, che lui propone, è strutturalmente carente. Perché di soli ‘pesi’ la democrazia non vive. Né di leader soli al comando e neppure di plebisciti. Lo sanno tutti.
Fonte: Nuovatlantide.org
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