di Vincenzo G. Paliotti
E’ ritornato in ballo il ponte sullo Stretto, me lo aspettavo e ad annunciarlo è il ministro Alfano, nemmeno quello delle infrastrutture. Si cominciano a regolare i conti in casa del governo. Così, si potranno sprecare i soldi pubblici per celebrare la grandezza dell’attuale premier/segretario. Rispettando naturalmente tutto quello che ci sarà dietro: mazzette, tangenti, appalti concessi a peso d’oro, costi gonfiati naturalmente per i vari passaggi di mano. Oltre al fatto che questo era il “piatto forte” che Berlusconi voleva servire agli italiani e non ci è riuscito anche per l’opposizione di quelli che oggi invece, cambiando di nuovo idea, appoggiano il progetto (perché ci sono loro a grufolare nel trogolo).
Al solito però si è guardato al fatto in superficie, senza però curare quelli che saranno “gli effetti collaterali” sicuramente negativi, che poi è una costante delle riforme e dei provvedimenti che il premier/segretario sta mettendo in atto.
In un paese dove uno dei problemi principali è l’occupazione non si è pensato che semmai sarà messo in opera questo “monumento” alla grandezza del premier/segretario, che già se ne bea, tutta quella piccola economia che ruota intorno alle due sponde morirà creando un deserto, senza contare i posti di lavoro che si perderanno perchè immancabilmente le compagnie di navigazione adibite al passaggio dello stretto saranno costrette a chiudere o al massimo ridurre notevolmente l’attività, e qui altri posti di lavoro che si perderanno e tante famiglie andranno ad incrementare le percentuali, già cospicue, di povertà.
Oltre ai danni ambientali che sicuramente ci saranno. Senza calcolare il costo che come tutte le opere pubbliche parte con un costo iniziale per poi farlo crescere “miracolosamente” nel corso dei lavori.
Oltre ai danni ambientali che sicuramente ci saranno. Senza calcolare il costo che come tutte le opere pubbliche parte con un costo iniziale per poi farlo crescere “miracolosamente” nel corso dei lavori.
Oppure, si inventeranno il “trucco” del project-financing, quella “finanza di progetto” che mescola i soldi pubblici con quelli privati, a vantaggio chiaramente delle banche. Ho trovato questa bellissima definizione sul web:
– Project financing. Inevitabile e appetitosa conseguenza dei patti di stabilità, costringe il committente pubblico a delegare l’investimento al privato e quindi: a) ad affidarsi ai fornitori finanziariamente – e non qualitativamente – più forti, escludendo dalla redistribuzione i player medio-piccoli; b) a spendere di più. Un’opera da 500.000 in project financing ventennale (tasso 5%) costa alla collettività 800.000. La differenza (300.000) è il costo del capitale da versare alle banche tramite aumento delle tariffe o intervento pubblico (aumento delle tasse o dell’indebitamento).
Ma tutto questo a chi vuole questa opera “epica” non interessa, in linea con la loro politica di facciata che di sostanza ha solo benefici per il poteri forti, ed un “pelo sullo stomaco” lungo quanto sarà lungo il ponte davanti alla prospettiva di incrementare la disoccupazione e la chiusura di attività commerciali che facevano vivere, come già detto, le località limitrofe alle due sponde.
Ora al governo manca solo di mettere mano alla giustizia come la voleva Berlusconi per poi completarne il programma che all’ex cavaliere non è riuscito di fare. Del resto Renzi ha sempre detto di guardare all’elettorato “deluso” di destra che oggi sarà invece contento perché lui è riuscito in quello che Berlusconi ha fallito.
Tutti questo alla faccia di chi ancora rivendica ditte, case, giardini: tutti spazi ormai occupati da chi un tempo era il nemico giurato del partito del premier/segretario e che oggi sono addirittura gli ispiratori di questa politica scellerata che porterà il paese a distruggere il ceto medio, spaccando l’Italia in due sole categorie: i ricchi e i poveri, proprio come vogliono i suoi veri “datori di lavoro”, i poteri forti, le banche, la BCE, la Merkel e la EU, e naturalmente, Berlusconi.
Fonte: Essere Sinistra
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