di Roberto Romano
L’istat sottolinea che la disoccupazione è scesa al di sotto della soglia psicologica del 12%. Buon risultato? Rispetto a chi e che cosa? Al netto della performance del lavoro a tempo determinato, sempre migliore del lavoro a tutele (indennità) crescenti, occorre valutare se il recupero di occupazione dell’Italia sia almeno in linea con quello medio di alcuni paesi europei di riferimento. Non dobbiamo mai dimenticare che dall’inizio della crisi (2007) ad oggi, il tasso di disoccupazione dell’Italia passa dal 6,1% al 12,7% del 2014. Tutti i paesi hanno visto crescere il tasso di disoccupazione nello stesso periodo: l’area euro passa dal 7,5% all’11,6%, la Francia dall’8% al 10,3%, la Spagna dall’8,2% al 24,5%.
Solo la Germania riduce il tasso di disoccupazione tra il 2007 e il 2014, dall’8,5% al 5%. Ma il rapporto tra chi cerca lavoro e non lo trova, rispetto alla popolazione attiva (tasso di disoccupazione), spiega solo una parte della verità. Di quanto è realmente cresciuto il tasso di disoccupazione dell’Italia, della Francia, dell’area euro nello stesso periodo? La faccenda diventa molto più seria. Infatti, la velocità di crescita del tasso di disoccupazione dell’Italia è seconda solo alla Spagna, rispettivamente 108,2% e 198,8%.
Tutti gli altri paesi hanno manifestato una certa velocità nella crescita del tasso di disoccupazione, ma sono sempre più contenuta rispetto all’Italia e alla Spagna. Solo per memoria, la velocità di crescita del tasso di disoccupazione del Portogallo è del 54,9%, della Finlandia del 26,1%, dell’euro area del 54,7%. L’Italia ha “creato” disoccupazione più velocemente di tutti gli altri paesi. Non è proprio un bel risultato.
Proviamo a fare il ragionamento contrario: a quale velocità si riduce il tasso di disoccupazione dell’Italia? Siamo in linea con la media europea e di alcuni paesi di riferimento? Prendendo in considerazione un periodo relativamente breve, primo trimestre 2013 e secondo trimestre 2015, si osserva che la velocità di riduzione del tasso di disoccupazione dell’Italia è terzultimo tra i paesi europei. Non è proprio una bella notizia. Vuol dire che tutte le politiche adottate non hanno prodotto l’esito atteso. Se poi consideriamo che il lavoro a tempo determinato rimane la principale via per entrare nel mercato del lavoro, lo scenario economico diventa ancora più stringente. Nel frattempo, non è ancora esplosa la crisi del settore automobilistico tedesco.
Infatti, una gran parte delle piccole e medie imprese del nord Italia del settore è legata all’industria tedesca come subfornitura. Aspettiamo la fine dell’anno e vediamo cosa accadrà. Quindi la capacità di ridurre la disoccupazione del sistema economico nazionale, cioè creare nuovo lavoro, è pressoché nullo se comparata alla capacità di altri paesi europei. La statistica è una cosa seria, ma lo è ancora di più se è comparata. La comparazione con l’Europa dice che le politiche di Renzi, Padoan e Poletti hanno fallito. Qualcuno potrebbe sostenere che prendendo in esame gli ultimi due trimestri del 2015 le cose vanno bene.
Se guardiamo questi dati senza compararli con l’Europa è vero, ma l’Italia è un paese europeo. Piaccia o non piaccia, la velocità di riduzione del tasso di disoccupazione dell’Italia è uguale a quella della media europea, con la differenza che l’Europa non regala denaro alle imprese per assumere, e non ha introdotto norme che pongono il lavoro al di fuori del diritto positivo. Inoltre, è credibile che la riduzione del tasso di disoccupazione, meglio ancora la sua velocità, sia interamente attribuibile alle politiche della BCE. In altri termini, Renzi ha solo reso più debole il lavoro per avere n cambio poco più di nulla.
Fonte: il manifesto
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