di Milena Mucci
"Ce la facciamo?". E credo che, decisamente, questo "plurale" fosse già una vittoria. Grande.
"Ce la facciamo?". È quello che migliaia di volte si è sentito dire chi si è occupato dei referendum proposti da Possibile in questa estate in cui niente, come sempre, sembrava accadere. Niente sembrava accadere nella calma piatta di una Sinistra che sembra non reagire. Che sembra passare il tempo solo a farsi inutili ragionamenti, nella infinita prateria delle possibilità che, invece, ci sarebbero da cogliere in questo momento unico di straordinaria voglia di "altro".
Ma, a prescindere dal risultato, qualcosa, c'è stato. Eccome se c'è stato. Migliaia di persone hanno firmato, hanno cercato "dove" si potesse firmare, si sono informate, sono arrivate a cercare quell'esercito di volontari, apparentemente folli, che si sono messi a disposizione per una estate in cui il caldo massacrava e avrebbero, ciascuno di loro, ovunque, potuto fare tranquillamente dell'altro.
Gente che ha firmato e si è messa pazientemente in fila per farlo, nonostante il suo Sindacato,per esempio, gli avesse detto che sarebbe stato "opportuno" fare "altro in altro momento", nonostante quel noto leader di sinistra poi si fosse ricreduto un minuto dopo e avesse poi deciso di tentare un'altra strada, o quell'altro non si fosse capito bene cosa volesse fare.
Insomma... gente che ha firmato gli otto referendum proposti su scuola, lavoro, ambiente e legge elettorale con cuore e volontà precisa di partecipare. Voglia di tornare ad esserci e di parlare, insomma, con il plurale diretto, amicale e spontaneo di un "Ce la facciamo?" mentre tu eri lì col crampo alla mano a registrargli la firma!
Ecco, esattamente in questo plurale credo stia il segreto e la ricetta per quello che si dovrà fare per il futuro. In questa straordinaria, fortissima, semplice, banale voglia di "plurale". Semplice e diretta. Semplice, senza le divisioni tatticistiche e macchinose di una Sinistra che sa solo dividersi e non concludere unita nel momento in cui più potrebbe raccogliere e realizzare. Semplice, con il recupero di un "plurale" semplice.
Quello che tanti, ora più che mai vogliono (che tutti noi vogliamo) per risentirsi "parte" di qualcosa di cui non sono più e che non trovano o che gli è stato rubato. Questo dovrebbe essere l'insegnamento più importante da trarre da queste giornate di file e di firme. Questo. Banale, ovvio ma rivoluzionario proprio nella straordinaria semplicità quel: "Ce la facciamo?". Politica da casalinga di Voghera dirà qualcuno più sofisticato?
Probabilmente... non lo metto in dubbio. Ma questo è quello che il cuore delle persone che hanno ripetuto a tutti noi lì a registrare nomi quel "Ce la facciamo" ha voluto passare. La "semplice", banale ma vitale necessità di una identità che riunisca, oggi, chi ha la stessa laica, giusta, inclusiva visione del mondo.
Lasciando a casa tatticismi in politichese, rimandi incomprensibili, insomma, mi viene in mente solo una definizione cruda e molto, molto toscana per definire questo atteggiamento ma magari non è il caso di scriverla. Insomma, la semplice banale voglia di essere Sinistra ricercando quel sentirsi "al plurale" che è il senso profondo da ritrovare . Essere di Sinistra è - oggi più che mai - "Fare qualcosa di Sinistra".
"Fare" per evitare qualcosa di ingiusto. A chi è più debole, a chi è meno protetto. Che si sia noi stessi, altri o l'ambiente che abbiamo intorno. Fare. Tutto il resto, credetemi e non faccio nomi... tutto il resto, giovani o vecchi leader di quel mondo che decide di "fare", appunto, qualcosa insieme per poi sfilarsi un minuto dopo nel tecnicismo che divide, insomma, tutto il resto non viene capito.
Non più. Non arriva, non serve, non ha senso in un momento dove c'è chi corre sulla corsia di sorpasso a smontare la visione del mondo che vorremmo mentre voi state sulla corsia di emergenza a decidere che gomme mettere in caso di probabili temporali mentre splende il sole. Tornare a "fare" qualcosa di Sinistra, insieme alla gente.
Questo, semplicemente per modo di dire, si è recuperato con i referendum e, questo, le persone hanno capito e dimostrato di volere, rispondendo con entusiasmo.
Migliaia di firme. Migliaia. Quorum, non quorum? A me questo ora, sarò anche folle, ma non interessa.
Il senso della vittoria, in questo momento, è comunque in quel "Ce la facciamo?". In quella voglia di plurale che noi, tutti noi, in tantissimi che ci abbiamo creduto in questa torrida estate appena passata abbiamo toccato e sentito.
Chi ha preso le firme e chi ha firmato. In quel sorriso e in quel momento che ci ha unito in quel "Ce la facciamo?" che ci siamo sentiti ripetere continuamente. Con educazione, rispetto di tutti per quello che si stava facendo. Con la voglia di tornare a contare, fare, partecipare e sentirsi uniti. "Ce la facciamo?".
Comunque, con questo straordinario senso di comunità ritrovato, di passione e di volerci essere ad ogni costo con cuore ed impegno dimostrato insieme, non c'è dubbio e non c'è storia. Ce l'abbiamo fatta.
Fonte: Huffingtonpost.it
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