di Sergio Cofferati
La storia dell´Unione europea è fatta di crisi, strappi e piccoli progressi. Oggi è però evidente tanto la grande e crescente difficoltà delle istituzioni comunitarie, quanto la loro intenzione di gestire le enormi difficoltà esistenti come fossero un affare quotidiano.
La loro sofferenza alimenta oggettivamente i nazionalismi e ne incrina la credibilità agli occhi anche di quei cittadini che credono nell'Unione, che considerano necessaria la moneta unica, che insomma non rinunciano al "sogno" della nuova patria.
Le vicende greche, il dramma epocale dell'emigrazione, la gestione della crisi economica e la necessità di politiche di crescita, sono stati e sono tuttora temi prioritari sui quali le istituzioni europee hanno evidenziato le profonde diversità di orientamento esistenti negli Stati membri, ma anche i limiti enormi insiti nell'azione delle istituzioni stesse per i vincoli esistenti oggi nei trattati.
Questa barriera è particolarmente negativa per le politiche (e per i valori che contengono) che la sinistra politica dovrebbe provare ad avanzare. Alcune contraddizioni vistose le abbiamo viste in questi anni e sono ancora davanti ai nostri occhi. Potrà mai la Grecia uscire dalla crisi e riprendere il cammino della crescita senza ulteriori drammi sociali, senza distruggere la coesione minima, non prevedendo una ristrutturazione del suo debito pubblico?
Come si potrà esercitare solidarietà efficace nei confronti dei rifugiati e dei migranti agendo non solo sull'accoglienza ma anche, contemporaneamente, sulle regole del mercato del lavoro nel quale loro entrano per evitare forme odiose di dumping sociale? E ancora di garantire a tutti l'utilizzo delle forme di protezione, di welfare, che danno concretezza a un'idea moderna di cittadinanza?
Pensiamo all'economia, una politica volta a garantire crescita costante e consistente è davvero praticabile con sistemi fiscali dalle profonde differenze l'uno con l´altro? Di fronte a differenze così rilevanti da trasformare i parametri storici della concorrenza e del mercato, sostituendo alla conoscenza nei processi e alla qualità dei prodotti il vantaggio fiscale per le aziende, possiamo ancora attendere l´unanimità tra gli stessi governi che praticano queste forme di competizione per poter introdurre politiche nuove?
È evidente l´incrocio tra le politiche da praticare e le regole istituzionali esistenti. Credo che molte delle scelte più importanti e positive su questi temi non siano praticabili perché le competenze in materia sono degli Stati membri e non delle istituzioni europee. I trattati oggi vigenti sono diventati una gabbia che oggettivamente accentua le difficoltà e contribuisce alla crescita delle ostilità verso l´Unione. Bisogna assolutamente liberarsi in fretta di questi vincoli. Non alimentando, a volte anche inconsapevolmente, l´idea di ritornare alla dimensione nazionale o di rinunciare alla moneta unica, bensì proponendo un nuovo trattato che confermando i valori istitutivi definisca nuove ed efficaci cessioni di sovranità degli Stati membri alle istituzioni europee, non senza un adeguato rafforzamento di strutture e processi democratici adesso ancora troppo deboli.
Non sfugge a nessuno la complessità e la difficoltà politica della riscrittura di un nuovo trattato, ma è ormai chiaro l´effetto di sgretolamento sulle istituzioni e sulla loro credibilità che l´immobilismo produce. La sinistra italiana e quella europea, nella loro variegata configurazione devono trovare il coraggio di proporre il "nuovo", in fondo è la loro missione.
Fonte: Huffingtonpost.it
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