di Eleonora Forenza e Claudio Riccio
L’Europa è ancora una speranza per un futuro migliore oppure — come diceva Monicelli — «la speranza è una trappola, inventata dai padroni?».
C’è una speranza per l’Europa? C’è una speranza per chi in Germania come in Grecia, al nord come al sud, nel cuore economico del continente così come ai suoi margini, dentro e fuori i confini dell’Unione subisce gli effetti dei dogmi neoliberisti?
Ce lo siamo chiesti insieme ad altre 600 persone che hanno animato la tre giorni del meeting internazionale di “Eur-Hope?”, svoltosi a Bari dal 25 al 27 settembre. Tanti gli interventi: da Maurizio Landini agli europarlamentari della Gue/Ngl, da Podemos alla Linke, dai movimenti Blockupy ad attiviste e attivisti di diversi paesi europei, ricercatrici e ricercatori che ci hanno parlato delle disuguaglianze di reddito, di genere, dei tanti Sud in Europa, delle soggettività e dei movimenti.
Ci siamo chiesti se fosse possibile togliere quel punto di domanda dopo la parola EurHope. Se la politica è ampliamento del fronte del possibile, costruzione della possibilità di trasformazione, non possiamo arrenderci al fatto che il “significante Europa” sia sequestrato dai Signori dell’austerità. Come disse Manolis Glezos in un suo intervento al Parlamento europeo, non possiamo «lasciare l’idea di Europa» alla governance neoliberista. È necessario oggi più che mai ricostruire una dimensione europea dei conflitti, dei movimenti, così come della rappresentanza, ovvero ciò che è mancato nei mesi più duri del ricatto alla Grecia. È indispensabile una sinistra europea unita, capace di ricompattare quella maggioranza che in tutta Europa vuole dire «OXI» all’austerità nella costruzione di un movimento di massa in grado di modificare i rapporti di forza.
«Unire ciò che il neoliberismo ha diviso» ha più volte detto Alexis Tsipras. Dunque ricomporre quella separatezza fra politico e sociale che è uno dei frutti più avvelenati del neoliberismo. Uno degli aspetti più interessanti del dibattito di Eur-Hope è stato il far saltare i ruoli e le dicotomie (sociale vs politico, piano A vs piano B) provando a elaborare proposte per una lotta a tutto campo contro la precarietà, per combattere la disoccupazione con nuova e buona occupazione, per conquistare nuovi diritti, combattere le diseguaglianze.
Dinanzi ad un’Europa dell’austerity immaginare un nuovo modello sociale europeo non è solo un modo di condurre una battaglia per cambiare le condizioni di vita materiali delle europee e degli europei, ma anche una grande campagna per rompere e ribaltare i paradigmi di questa Europa. Siamo partite/i da Sud per provare ad immaginare un progetto europeo fondato sulla rottura dell’Europa dell’austerità, che ha aumentato le disuguaglianze fra Nord e Sud, uomini e donne, ricchi e poveri.
Progettare un cambiamento a partire da sud — inteso non solo in senso geografico ma come posizionamento politico — immaginare una cittadinanza europea aperta a donne e uomini migranti, reinventare il modello sociale europeo, non fare dei generi e delle generazioni un tema accessorio ma fondativo di un nuovo modello di cittadinanza. Un percorso a cui la Gue/Ngl intende partecipare non come “sbocco politico”, ma come strumento di connessione a disposizione delle lotte europee.
EurHope continua, dunque, anche nella proposta Gue/Ngl di costruzione di un gruppo di lavoro permanente sui temi del basic income — aperto a ricercatrici e ricercatori, attivisti, rappresentanti delle forze politiche europee — che si riunirà il prossimo 20 ottobre presso il Parlamento europeo.
E, ancor prima, nella mobilitazione europea che attraverserà Bruxelles dal 15 al 17 ottobre, perché se c’è una speranza spetta a noi tutti costruirla e renderla concreta.
Fonte: il manifesto
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