La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 30 settembre 2016

La bussola del pacifismo

di Nigrizia 
Per fare scelte di giustizia e quindi di pace ognuno di noi deve sapersi orientare, individuando percorsi etici e politici. Il fatto è che sul mercato esistono tanti tipi di “bussola”, ciascuna tarata in base a una visione del mondo e a degli interessi specifici, ciascuna pronta a indicare all’opinione pubblica la direzione da prendere. Insomma, c’è competizione e il cittadino che deve fare le scelte è strattonato da tutte le parti. Così il movimento pacifista italiano – che in altre stagioni ha svolto un ruolo di orientamento sociale anche con momenti simbolici, pensiamo alla Marcia Perugia-Assisi e alle Arene dei Beati i costruttori di pace – non può oggi dare per scontato di saper interpretare e indirizzare il sentire comune semplicemente ripetendo qualche slogan edificante.
Per affermare una cultura di pace è necessario un ancoraggio etico. Ma sono altrettanto necessarie competenza sui singoli temi, capacità di leggere in profondità i nessi politici che determinano gli accadimenti, e volontà di incalzare i cittadini, le istituzioni e i partiti con proposte precise. Facciamo alcuni esempi.
Il cittadino che in piena buona fede ha visitato l’Expo 2015, dedicata alle strategie agricole globali, e si è fatto conquistare dalla sceneggiata fieristica, dall’albero della vita e da altre amenità, non può essere lasciato in balia della propaganda. È utile che possa comprendere come sia improbabile arrivare a nutrire il pianeta con l’accaparramento della terra e dell’acqua da parte dell’agricoltura industriale e come sia illusorio voler fermare i cambiamenti climatici con l’agrobusiness concentrato in poche mani. Nell’occasione, a fornire proposte in direzione dell’agricoltura sostenibile ci ha pensato la società civile attraverso l’Expo dei popoli. Rispetto dell’ambiente è uno dei nomi della pace, dunque pane per il pacifismo che è chiamato a rielaborare e rilanciare i temi dell’Expo dei popoli.
Sempre il nostro cittadino non ha remore nei confronti dell’accoglienza di richiedenti asilo di fuga da guerre, però è frastornato e impaurito dall’accavallarsi di conflitti in Africa e in Medio Oriente e dalla difficoltà di trovare soluzioni stabili. Gli va data l’occasione di sapere che la campagna “Un’altra difesa è possibile” ha raccolto oltre 50mila firme e presentato lo scorso anno in parlamento una legge di iniziativa popolare per istituire il Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta: si punta cioè a dotare l’Italia di uno strumento di difesa, alternativo a quello militare, con il compito di prevenire, mediare e risolvere i conflitti. Non è una partita facile, ma suggerisce un approccio costruttivo, competente e dialogante che potrebbe essere fatto proprio dall’intero movimento pacifista.
È anche credente il cittadino che stiamo bersagliando. Naturalmente apprezza le parole del papa sulla pace e ha sentito parlare della campagna “Taglia le ali alle armi”, lanciata nel 2009 dalla Rete italiana disarmo per il disarmo e da Sbilanciamoci, che considera uno spreco e uno sfregio alla Costituzione l’acquisto di cacciabombardieri F-35 da parte dell’Italia. Confessa però di non aver mai portato la discussione nel suo consiglio parrocchiale, che del resto non ha mai voluto prendersi la briga di riflettere nemmeno intorno alle “banche armate”, cioè quegli istituti di credito che supportano il commercio internazionale di armi e che da 17 anni sono al centro di una campagna voluta da Nigrizia, Missione oggi, Mosaico di pace. La campagna chiede, in particolare a parrocchie e congregazioni religiose, di confrontarsi pubblicamente con gli istituti di credito implicati nel commercio delle armi e, quando è il caso, di chiudere i conti correnti.
Ecco, in quest’ultimo esempio le difficoltà del cittadino cattolico e quelle del movimento per la pace sono sovrapponibili: entrambi si trovano in difficoltà a trasformare le enunciazioni etiche in impegno concreto, in scelta vincolante.
Il movimento per la pace ha una composizione variegata e plurale. E questo può essere un punto di forza. A patto che le diverse componenti non perdano la bussola e si rifugino in attività eticizzanti di piccolo cabotaggio o si dedichino all’autocelebrazione.
L’Arena di pace e disarmo del 25 aprile 2014 - voluta dalla Rete della pace, alla quale aderiscono organizzazioni quali Acli, Arci, Focsiv, Movimento nonviolento, Agesci - ha già dato un segnale per restituire soggettività politica al movimento. C’è da augurarsi che questo segnale sia colto in pieno dalla Marcia Perugia-Assisi del 9 ottobre e consenta un percorso di riappacificazione e di rilancio del movimento pacifista.

Fonte: Nigrizia.it 

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