di Communia Network
Aleppo non è certamente la sola città o territorio che soffra pesantemente una guerra contro le/i sue/oi cittadine/i. Nel Darfur si muore per bombardamenti chimici; in Somalia gli Usa hanno erroneamente ucciso soldati somali volendo colpire gruppi terroristi; a Kabul si continua a morire per attentati terroristi e per bombardamenti “antiterroristi”; in Iraq non è mai finita la guerra infinita del presidente George W. Bush; in Ucraina continua la guerra degli opposti nazionalismi e dei loro rispettivi padrini... e così via. Ma Aleppo è decisamente sola.
In queste momento la popolazione di Aleppo sta vivendo le ore più drammatiche del terribile assedio imposto dalle truppe del regime criminale di Assad. Secondo l'Unicef nella parte orientale della città, ancora in mano alle forze armate della rivolta siriana, da venerdì scorso sono stati uccisi 96 bimbi e feriti altri 223, ma in totale le vittime sono migliaia – e ancora gli ospedali sono obiettivi non casuali dei bombardamenti del regime e dei suoi alleati russi.
Aleppo è isolata, violentata, massacrata da un regime che non poteva permettersi la perdita di questo centro importante, e che ha potuto stringerlo d'assedio grazie all'aiuto determinante dell'aviazione russa e delle forze speciali iraniane.
Come fu per Sarajevo (di fronte al cui bombardamento ci fu addirittura chi salutò la rivolta delle campagne contro la città) di fronte ad Aleppo le coscienze che si vorrebbero civili tacciono, e forse è meglio così (visto che abbiamo dovuto persino leggere di Aleppo come della Stalingrado... di Assad, come se fosse il regime a subire l'assedio!).
E per molte/i la tragedia può essere tranquillamente rimossa o incanalata all'interno della propria gabbia ideologica, appellandosi alla "disinformazione" e alle "psy-op", così da cancellare i morti o rendere le vittime responsabili della propria stessa morte.
Tutto ciò accade nella più totale indifferenza della sinistra di movimento (quella istituzionale, o che istituzionale vorrebbe tanto ancora esserlo, nemmeno la prendiamo in considerazione, vista la sua inconsistenza politica e la sua inutilità pratica): giustamente si scende in piazza per la Palestina, giustamente si scende in piazza per il Kurdistan... ma mai per la Siria, mai per la popolazione civile massacrata dal regime, mai per le ragioni di una rivoluzione tentata e soffocata dalla repressione del regime e dalle politiche criminali delle tante potenze regionali o globali che hanno giocato una loro partita sulla pelle delle siriane e dei siriani.
Anzi c'è chi in nome di un distorto "anti-imperialismo" difende il dittatore Assad (del cui operato si potrà avere una testimonianza dal 5 al 9 ottobre al MAXXI di Roma dove sarà presentata la mostraNome in codice: Ceasar sulle torture del regime) e i suoi alleati russi e iraniani (che magicamente non sono più potenze imperialiste), chiudendo gli occhi di fronte ai loro crimini e ignorando totalmente l'autorganizzazione della popolazione per abbattere il regime.
Stesse considerazioni si possono fare per la marcia Perugia-Assisi, ultima testimonianza di quello che resta di un movimento per la pace che per cinque anni ha scelto il silenzio di fronte alla tragedia siriana e ancora oggi si presenta con un appello talmente generico da risultare quasi provocatorio.
Noi fin dal 2011 abbiamo scelto da che parte stare. Abbiamo cercato di testimoniare la nostra solidarietà alla rivoluzione siriana dal basso, alle esperienze dei Comitati locali di coordinamento che rappresentavano (e spesso ancora rappresentano) un'esperienza importante di partecipazione popolare democratica; abbiamo espresso la nostra solidarietà ai civili siriani sotto le bombe – anche partecipando alla raccolta di materiali e sostenendo piccoli progetti di solidarietà diretta.
Il primo ottobre è la Giornata internazionale della rabbia per Aleppo. Noi sentiamo quella rabbia: la rabbia per le migliaia di morti, per la vita sotto le bombe, per la fame a cui è ridotta la popolazione assediata – e la rabbia per la nostra stessa impotenza e incapacità di sostenere una mobilitazione necessaria.
Solidarietà alla Rivoluzione Siriana. #AleppoIsBurning #HolocaustAleppo
Fonte: communianet.org
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