di Rosalinda Renda
150.000 assunzioni nella scuola ed eliminazione del precariato: è stata questa l’arma di propaganda più efficace di Renzi fin dal settembre 2014, quando è stato dato in pasto ai media il piano del governo denominato infelicemente “la buona scuola” e poi divenuto legge della Repubblica lo scorso luglio con alcune modifiche per lo più peggiorative rispetto al piano iniziale, come la chiamata diretta dei presidi. Le sbandierate assunzioni (ridotte poi a circa 102.000) hanno altresì assurto il ruolo di strumento di ricatto per far passare una legge infame che segnerà la fine della scuola pubblica, democratica, libera, laica e pluralista costruita con le lotte soprattutto degli anni ’60 e ’70, e che, pur con tutti i suoi limiti e contraddizioni, permetteva la mobilità sociale e dava agli studenti una buona preparazione culturale. Il messaggio del governo è stato chiaro: opporsi alla legge avrebbe significato vanificare assunzioni di portata epocale che avrebbero finalmente eliminato la piaga del precariato.
La propaganda ha funzionato per i non “addetti ai lavori”, ma anche per una parte di docenti precari che aspettano il ruolo da anni e, quindi, sono disposti ad essere assunti ad ogni costo.
La maggior parte degli insegnanti, però, di ruolo e non, non si è fatta incantare dalle sirene di Renzi e ha messo in piedi una grande mobilitazione contro il DDL sulla scuola denunciandone il carattere aziendalista, autoritario e anti-democratico, smascherando altresì il bluff delle assunzioni: le assunzioni erano doverose, ma non c’era bisogno di una legge devastante per la scuola pubblica per metterle in atto. Sarebbe bastato restituire alla scuola pubblica quegli 8 miliardi di tagli dell’allora ministro Gelmini che hanno cancellato migliaia di cattedre e depauperato la scuola pubblica, tagli verso i quali il partito del presidente del consiglio si era dichiarato sempre contrario.
La maggior parte degli insegnanti, però, di ruolo e non, non si è fatta incantare dalle sirene di Renzi e ha messo in piedi una grande mobilitazione contro il DDL sulla scuola denunciandone il carattere aziendalista, autoritario e anti-democratico, smascherando altresì il bluff delle assunzioni: le assunzioni erano doverose, ma non c’era bisogno di una legge devastante per la scuola pubblica per metterle in atto. Sarebbe bastato restituire alla scuola pubblica quegli 8 miliardi di tagli dell’allora ministro Gelmini che hanno cancellato migliaia di cattedre e depauperato la scuola pubblica, tagli verso i quali il partito del presidente del consiglio si era dichiarato sempre contrario.
Anche dalle colonne di questo giornale abbiamo messo in luce cosa si nascondeva dietro le assunzioni del governo Renzi: mezzo di propaganda per far passare una riforma indigeribile ma non solo, in realtà è stata messa in atto un’opera di assoluta mistificazione. Ora che la riforma è passata e “il piano straordinario di assunzioni” sta per essere realizzato possiamo esplicitare meglio in cosa consiste questa grande mistificazione.
Innanzitutto le assunzioni nascondono migliaia di licenziamenti, in quanto riguardano solo i precari iscritti alla Graduatorie ad esaurimento (GAE) e gli idonei del concorso 2012: migliaia di precari iscritti nella seconda e terza fascia delle graduatorie di istituto abilitati all’insegnamento e che lavorano da anni ne sono esclusi, se costoro vogliono continuare a lavorare nella scuola dovranno sottoporsi ad un nuovo concorso.
Delle 102.000 assunzioni circa la metà non hanno nulla di straordinario, sono le normali assunzioni che vengono effettuate ogni anno sui posti vacanti. L’altra metà, e qui sta la novità, riguarda i posti relativi all’organico potenziato: queste assunzioni verranno effettuate dopo il 15 settembre, ovvero dopo che le scuole avranno deciso quale aree disciplinari potenziare. Chi verrà assunto sull’organico dell’autonomia non potrà esercitare del tutto la funzione docente, non insegnerà la sua disciplina, non avrà le sue classi dall’inizio alla fine dell’anno, ma sarà probabilmente impegnato in corsi di recupero o progetti pomeridiani, attività organizzative e spesso verrà utilizzato come tappabuchi per coprire le supplenze temporanee. Il precario che per anni ha insegnato la sua materia acquisendo esperienza e accumulando titoli, si ritroverà da neo-assunto a non essere un vero e proprio insegnante, a fare un lavoro flessibile, dequalificato rispetto anche alla sua prima esperienza di insegnamento. Non è ancora chiaro l’orario lavorativo e la sua articolazione per questi nuovi pària della scuola, certo è che saranno insegnanti di serie B, lavoratori atipici, umiliati e puniti dopo anni e anni di insegnamento.
Ma la punizione non finisce qui: il precario che decide di partecipare a questo piano straordinario di assunzioni deve fare una domanda e indicare nella stessa tutte e cento le province italiane in ordine di preferenza. Ciò vuol dire che il docente non partecipa al piano di assunzioni nella provincia in cui è inserito e lavora da anni e ha scelto di vivere e farsi un famiglia, magari una casa, ma in tutto il territorio nazionale. Forte è quindi il rischio, in mancanza di posti nella propria provincia, di essere sbattuti a lavorare a migliaia di chilometri di distanza dalla propria casa. Pensiamo al disagio esistenziale che ciò provocherà al personale precario che diventerà di ruolo in questo modo, oltre alla dequalificazione del lavoro anche la deportazione con relativa separazione dalla propria famiglia, dai propri affetti. E parliamo di un personale costituito per l’81% da donne con età media di 41 anni che spesso ha figli da accudire, genitori anziani cui badare. I magri stipendi renderanno difficile la stessa sopravvivenza considerando quando costano gli spostamenti, gli affitti, la vita in generale.
La ministra Giannini in un’intervista a La Stampa, ha risposto ai precari ribelli che vogliono boicottare il piano di assunzioni non presentando la domanda per evitare la mobilità nazionale, consigliando invece di farla perché "la mobilità è un fenomeno ineliminabile, finché ci saranno molte cattedre a Nord e molti insegnanti a Sud” e, quindi, “è chiaro che se in una provincia non ci sono posti, occorre spostarsi". In realtà le cose non stanno come le presenta la ministra: da decenni gli insegnanti precari si spostano soprattutto da sud a nord alla ricerca di una cattedra con considerevoli sacrifici sia dal punto di vista umano che economico. Ma un conto è decidere autonomamente (per quanto forzati dalla situazione oggettiva) di spostarsi scegliendo anche il luogo preferito, un conto è prendere parte a una lotteria nazionale, dove sarà il sistema informatico a scegliere per te la destinazione su tutto il territorio nazionale e ne sarai informato ricevendo una email, dopodichè avrai 10 giorni per accettare (e trasferirti); in caso di rinuncia sarai invece cancellato da tutte le graduatorie. Un sistema siffatto ha tutte le caratteristiche della deportazione di massa, è un sistema ricattatorio, punitivo, che più che l’eliminazione del precariato comporterà la soluzione finale dei precari della scuola.
La cosa che però rende il piano veramente diabolico è che le cattedre per assumere ci sono, sono quelle dell’organico di fatto che ogni anno vengono assegnate ai precari con contratto al 30 giugno. Ebbene queste cattedre continueranno ad essere assegnate ai molti precari che rimarranno nelle graduatorie che non saranno esaurite; si verrà, quindi, a creare la situazione paradossale che i precari storici con più titoli ed esperienza verranno spediti a chilometri di distanza mentre quelli con minore punteggio in graduatoria o addirittura senza titoli avranno il lavoro sotto casa.
La grande deportazione riguarderà soprattutto gli insegnanti meridionali, e tale operazione preoccupa dopo i recenti dati Svimez sul Mezzogiorno. Invece di investire su tutte queste risorse intellettuali per far ripartire il sud si preferisce favorire una nuova emigrazione che andrà a depauperare maggiormente il sud privandolo delle sue risorse migliori. Invece di ripristinare le migliaia di cattedre tagliate negli ultimi anni (l’80% dei tagli ha riguardato proprio il sud) diminuendo gli alunni per classe e di investire sul tempo pieno (nel sud praticamente assente) e sulla dispersione scolastica (altro dramma del nostro mezzogiorno), misure che creerebbero migliaia di posti lavoro, si preferisce separare le famiglie, distruggere la vita delle persone e, ancora una volta, privare il sud della sua ricchezza.
Ora ci si potrebbe chiedere perché creare un sistema così farraginoso, approssimativo, non razionale e pieno di ingiustizie, che avrà come conseguenza infiniti ricorsi e un caos devastante nelle scuole?
Per chi scrive non è solo un problema di inettitudine, che esiste, ma è in primis una questione ideologica. Il piano delle assunzioni di Renzi è perfettamente in linea con la controriforma della scuola appena passata. Tale legge autoritaria è stata approvata in modo autoritario, da un partito che si definisce democratico, che non ha ascoltato minimamente i soggetti coinvolti, tutti evidentemente contro questo piano devastante. Il fine è la distruzione della scuola pubblica, la logica che c’è dietro è quella neoliberista: distruggere il pubblico per favorire i privati. Contemporaneamente si aziendalizza la scuola e si inseriscono aspetti autoritari come il grande potere dato ai presidi, ciò favorisce la fine della libertà dell’insegnamento e del pluralismo nella scuola, appiattendo tutto al motivo ideologico dominante.
Le assunzioni dei precari fatte in tal modo favoriscono questa logica, la logica aziendale, del ricatto e sono la precisa attuazione dei dettami dell’Unione europea. Basta dare uno sguardo alla lettera della BCE del 2011 al governo italiano per rendersi conto come sia il Jobs act che il Ddl scuola siano proprio l’attuazione dei diktat europei e del grande capitale: la cancellazione dei diritti e della dignità dei lavoratori. Ecco svelata la mistificazione delle assunzioni: solo falsità, lo spavaldo Renzi, forte con i deboli, ma debole con i forti ha seguito pedissequamente tali direttive costruendo un piano diabolico che fa passare la distruzione della scuola e dei suoi lavoratori come una riforma con un piano di assunzioni straordinario,chapeu!
Tuttavia il mondo della scuola non potrà accettare tale umiliazione e devastazione, dovrà riprendere a settembre la mobilitazione cercando di compattarsi anche con gli altri lavoratori, gettando le basi di un nuovo autunno caldo. Un gruppo di docenti cagliaritani ha organizzato in questi giorni un sit-in: tutti davanti al Consiglio regionale della Sardegna con figli, genitori e valigia in mano per sottolineare il dramma del trasferimento coatto in un'altra regione. È solo l’inizio…
Fonte: La Città futura
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