La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 16 agosto 2015

Paul Krugman: competitività e guerra di classe


di Paul Krugman
Per motivi che non mi sono del tutto chiari mi sono trovato recentemente a pensare al libro di Lester Thurow ‘Head to Head: The Coming Economic Battle Among Japan, Europe and America’[Testa a testa: l’imminente battaglia tra Giappone, Europa e Stati Uniti]. Il libro di Thurow è stato un enorme campione di vendite nei primi anni ’90; ha toccato le corde di molti che temevano che gli Stati Uniti stessero perdendo il loro vantaggio economico, che il Giappone fosse un rullo inarrestabile, e via dicendo. E ha fatto anche il gioco delle generale idea dell’economia globale come una lotta per il vantaggio competitivo, una delle idee popolari perennemente preferite.
All’epoca fui piuttosto critico di quel concetto, sostenendo che il successo o il fallimento economico avevano poco a che fare con la competizione internazionale. Ma ciò cui mi sono ritrovato a pensare è stato la questione di chi sia realmente andato meglio nei decenni successivi al libro di Thurow. E la risposta è … nessuno.
Il grafico mostra il PIL reale per adulto in età da lavoro (15-64 anni) in Francia, Giappone e Stati Uniti a partire dal 1990. La correzione demografica è importante: il Giappone ha rallentato economicamente, ma molto di ciò è stato solo una questione demografica.




Fonte OCSE


Ciò che colpisce, qui, è la grande somiglianza dei tre andamenti. Il Giappone ha rallentato tra la fine degli anni ’90 e il primo decennio del nuovo millennio, ma ha recuperato. La Francia ha rallentato dal 2010 in larga misura a causa della crisi dell’eurozona e delle sue malaccorte politiche di austerità. Ma considerato quanta retorica c’è qui e là sui problemi strutturali, ciò che colpisce è quanta poca divergenza ci sia stata tra paesi avanzati.
Ciò che questo ci dice, ritengo, non è soltanto che la competizione internazionale è molto meno importante di quanto voglia la leggenda. Suggerisce anche che la crescita economica è parecchio insensibile alla politica: la Francia e gli Stati Uniti sono agli estremi dei regimi dei paesi avanzati e tuttavia non c’è molta differenza nei loro risultati a lungo termine.
Ma questo significa che la politica non conta? Per nulla. Poiché anche se non c’è, ripeto ‘non’, nulla di simile alla competizione a somma zero tra nazioni così amata dai tizi del mondo degli affari, c’è in realtà la questione di chi intasca i profitti. La crescita economica statunitense è stata buona negli ultimi venticinque anni; i redditi delle famiglie statunitensi non tanto, perché una fetta così grossa della crescita va al vertice estremo.
La competizione internazionale è una nozione prevalentemente fasulla; la guerra di classe è molto, molto reale.

Originale: http://krugman.blogs.nytimes.com/?_r=0
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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