C’è il settimo intervento a favore degli esodati, che secondo il governo sarà “l’ultimo” ma a conti fatti non basterà per archiviare le conseguenze della legge Fornero. Però, sorpresa dell’ultima ora, la seconda legge di Stabilità firmata da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan rimanda di altri due anni il ritorno dell’indicizzazione completa delle pensioni all’inflazione, congelata dal governo Monti e sbloccata dalla Consulta. Salta all’occhio, poi, il balletto sul taglio dell’Ires, con l’aliquota che inizierà a calare già l’anno prossimo solo se da Bruxelles arriverà un poco probabile via libera adaumentare il deficit in seguito all’emergenza migranti. La manovra provvede in compenso a spianare la strada da subito al decentramento della contrattazione e alla destatalizzazione del welfare, attraverso sgravi fiscali per il salario di produttività e le prestazioni assistenziali e sanitarie offerte dalle aziende ai propri dipendenti.
Il tutto mentre rinvia di 12 mesi il problema delle clausole di salvaguardia, spada di Damocle da 15,1 miliardi che occorrerà disarmare con la prossima finanziaria. Nel mare magnum dei 52 articoli del disegno di legge trova poi spazio anche la gabella per iragazzi stranieri che vengono a frequentare l’università o un corso in Italia: se oggi il visto per motivi di studio è gratuito, dal 2016 costerà 50 euro. E viene ampliata la detraibilità dalle tasse delle spese funebri: non sarà più necessario dimostrare, come avviene ora, il grado di parentela con il defunto.
Il tutto mentre rinvia di 12 mesi il problema delle clausole di salvaguardia, spada di Damocle da 15,1 miliardi che occorrerà disarmare con la prossima finanziaria. Nel mare magnum dei 52 articoli del disegno di legge trova poi spazio anche la gabella per iragazzi stranieri che vengono a frequentare l’università o un corso in Italia: se oggi il visto per motivi di studio è gratuito, dal 2016 costerà 50 euro. E viene ampliata la detraibilità dalle tasse delle spese funebri: non sarà più necessario dimostrare, come avviene ora, il grado di parentela con il defunto.
Ecco, nel dettaglio, tutti i punti del ddl giunto in Parlamento il 25 ottobre 2015, ben dieci giorni dopo il via libera del consiglio dei ministri. E modificato più volte rispetto alla versione uscita dall’esecutivo: per esempio in zona Cesarini il governo ha fatto retromarcia su ville e castelli, escludendoli dalla cancellazione dell’Imu, salvo poi con l’altra mano concedere uno sconto anche ai loro proprietari. Ripensamento anche sulla possibilità per i sindaci di aumentare l’aliquota sulle seconde case, sulla maxi multa per chi non pagherà il canone Rai inserito in bolletta, sulle nuove concessioni per i punti scommesse e sullo sconto previsto in una prima bozza per commercianti ed esercenti che, scoperti a non rilasciare lo scontrino o la ricevuta, avessero pagato la multa entro 60 giorni. Solo limature, invece, per una spending review da circa 8 miliardi che fin dal primo giro con l’esecutivo è risultata molto ridimensionata rispetto alle attese, tanto da attirare l’attenzione dell’agenzia di rating Fitch. E non solo.
LE USCITE: OLTRE META’ DELLO SFORZO PER EVITARE AUMENTO DI IVA E CARBURANTE
La voce più chiacchierata, che più che un’uscita è una mancata entrata, è l’abolizione della Tasi sulla prima casa, terreni agricoli e macchinari imbullonati, cioè quelli molto grandi che devono essere fissati al suolo. Ed è anche l’unica voce con il segno meno che sarà coperta con i risparmi della spending review. Più di metà delle uscite della manovra da quasi30 miliardi di euro sono invece garantite con l’aumento deldeficit pubblico. E si tratta del vero piatto forte della finanziaria: 16,8 miliardi che vengono impegnati solo per non far salire l’Iva e le accise come prevedevano leclausole di salvaguardia ereditate dal passato. Aggravi mancati, dunque, e non riduzioni di tasse. Sul fronte dellavoro, le aziende che assumono continueranno a godere disgravi sui contributi, ma il vantaggio sarà ridotto del 60% rispetto a quello in vigore quest’anno. Per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici vengono stanziati solo 300 milioni, tra le proteste dei sindacati. Arrivano in compenso 600 milioni per la lotta alla povertà e 90 per i disabili gravi senza sostegno familiare. Ma restano a bocca asciutta ipensionati. Scenderà poi, ma solo dal 2017, l’imposta sul reddito delle società, che incassano anche la possibilità di detrarre dalle tasse il 140% del valore degli investimenti
Clausole di salvaguardia scongiurate. Anzi no - Grazie anche ai 2 miliardi di incassi previsti (e in parte già conseguiti) con la voluntary disclosure, ossia l’operazione di emersione e regolarizzazione dei capitali illecitamente detenuti all’estero, il governo è riuscito a sterilizzare le clausole di salvaguardia che gravavano sulla manovra dello scorso anno e che avrebbero determinato già nei prossimi mesi un aumento delle accise sui carburanti e un innalzamento delle aliquote Iva per coprire il buco di bilancio. La sterilizzazione delle clausole, però, è solo parziale: gli aumenti delle accise sono stati scongiurati, ma l’aumento dell’Iva è stato solo posticipato al 2017. In pratica, sulla nuova legge di Stabilità grava ancora una clausola di salvaguardia da 15,1 miliardi che – se non verranno coperti nel corso del prossimo anno – porteranno automaticamente all’aumento dell’Iva dal 10 al 13% e dal 22 al 25% nel 2017. E questo solo per quanto riguarda i conti che ci trasciniamo dal passato. Sul presente pesano ulteriori clausole che potrebbero già scattare a maggio prossimo, ad esempio nel caso in cui il gettito della voluntary disclosure risultasse inferiore a quello previsto.
Via le tasse sulle prime case non di lusso. Bloccati gli altri tributi locali, ma solo nel 2016 - È una delle misure che più hanno scatenato le critiche della Commissione europea: l’abolizione della Tasi sulle abitazioni principali, che causerà minori entrate nelle casse dei Comuni per circa 3,6 miliardi di euro. Diversamente di quanto anticipato dal presidente del consiglio Matteo Renzi e messo nero su bianco nelle prime bozze della legge di Stabilità, è rimasta l’Imu sulle prime case di lusso, ovvero le dimore signorili, le ville e i castelli (categorie catastali A/1, A/8, A/9): una decisione di valore più simbolico che economico, visto che tale imposta riguarda solo73mila immobili per un gettito di 90 milioni. Restano comunque esentati da ogni forma di imposizione gli immobili definiti a catasto come “villini” (A/7), che rappresentano la maggior parte delle ville. Anche la quota di Tasi compresa tra il 10 e il 30% spettante agli inquilini delle abitazioni in affitto non sarà più dovuta nel caso in cui l’alloggio sia utilizzato come prima casa. Il proprietario non dovrà compensare tale quota. Per gli immobili delle imprese rimasti invenduti, la Tasi viene ridotta a un’aliquota dell’1 per mille, con facoltà dei comuni di azzerarla o elevarla fino al 2,5 per mille. Il minore gettito nelle casse dei comuni verrà compensato dal governo attraverso l’incremento della dotazione del fondo di solidarietà comunale. Per evitare che gli enti locali, a fronte del taglio delle imposte sulla prima casa, aumentassero altre imposte, la legge di Stabilità prevede il blocco degli aumenti dei tributi locali, a eccezione però della Tari, e di tutte le addizionali, a meno che l’ente locale non sia una regione inextra deficit sanitario o un Comune in una situazione di dissesto o pre-dissesto. Il blocco si applica anche alla ‘super Tasi‘, ovvero l’aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille che alcuni Comuni avevano introdotto per compensare le detrazioni sulle abitazioni principali: potranno applicarla nel 2016 su seconde case e altri immobili solo quei Comuni in cui è già oggi in vigore, come Roma e Milano. Per come è scritta la norma, però, imposte locali e super Tasi sono bloccate solo nel 2016. Per gli anni successivi si vedrà.
Taglio a Imu agricola e Irap su attività agricole - Coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali non pagheranno più l’Imu sui loro terreni. Per quanto riguarda gli altri proprietari, l’Imu continuerà a essere dovuta per i terreni in pianura. Rimangono invece esenti da Imu tutti i terreni situati nei comuni delle zone montane, con una nuova definizione di tali zone in senso ancora più estensivo rispetto a prima. Questa modifica unita all’esenzione per i coltivatori diretti peserà sulle casse dello Stato per 405 milioni di euro all’anno, parzialmente compensati da 95 milioni di Irpef che viene introdotta sui terreni per i quali non sarà più dovuto l’Imu e che verrà calcolato sul redditi dominicali. Le imprese che operano nel settore agricolo beneficeranno poi dell’abolizione dell’Irap, con minori entrate per lo Stato per 196 milioni all’anno.
Niente più Imu sugli ‘imbullonati’ – Sparisce l’Imu sui cosiddetti imbullonati, ovvero su quei macchinari di grandi dimensioni ancorati al suolo il cui valore andava ad aumentare la rendita catastale dei capannoni industriali e, di conseguenza, contribuiva alla base imponibile dell’Imu. Il governo fa dunque marcia indietro rispetto alla legge di Stabilità dell’anno scorso che, confermando una circolare dell’Agenzia delle entrate del 2012, aveva sdoganato una gabella molto criticata dalle imprese e sulla quale gli uffici territoriali dell’Agenzia avevano mostrato posizioni non uniformi in fase di accertamento fiscale. La misura comporterà minori entrate nelle casse pubbliche per circa 530 milioni all’anno, di cui 375 come quota dello Stato e 155 come quota dei comuni, ai quali verrà erogato un contributo statale di compensazione di pari valore.
Per gli enti locali, una “ manovra espansiva” – A partire dal 2016 gli enti locali e le regioni dovranno “conseguire l’equilibrio fra le entrate e le spese finali” solo “in termini di competenza”. E non anche in tutti gli otto diversi saldi (parte corrente e conto capitale, cassa e competenza; a preventivo e consuntivo) previsti dalla legge 243 del 2012 scritta per attuare il nuovo articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio. Secondo il testo, “il passaggio al pareggio di bilancio nel 2016 determina per i comuni una manovra espansiva determinando oneri in termini di indebitamento netto per 400 milioni. Con riferimento alle Province e alle città metropolitane, l’introduzione del pareggio determina un miglioramento dei saldi di finanza pubblica per 390 milioni di euro, in termini di indebitamento netto”. Per le regioni l’effetto positivo sul debito netto è di 1.850 milioni. Il comma 6 prevede poi che nel saldo di riferimento per il 2016 non siano considerate le spese sostenute dagli enti locali per gli interventi di edilizia scolastica entro il limite massimo di 500 milioni per l’anno 2016. Tuttavia “la predetta esclusione – recita il testo – non si applica ove non fossero riconosciuti in sede europea i margini di flessibilità correlati all’emergenza immigrazione”. Per province e città metropolitane delle regioni a statuto ordinario è previsto un contributo da 400 milioni a iniziare dal 2016 per viabilità ed edilizia scolastica. Il testo propone infine la nomina di un commissario, presso la Presidenza del Consiglio, per accompagnare le Regioni nel processo di riordino delle funzioni provinciali.
Detrazioni sulle ristrutturazioni, ecobonus e bonus a giovani coppie per acquisto mobili – Con l’intento di agevolare la ripresa dell’edilizia vengono prorogati per un anno i bonus fiscali attualmente in vigore per le ristrutturazioni. Come nel 2015, anche l’anno prossimo ci sarà la possibilità di detrarre dalle imposte il 50% delle spese sostenute per i lavori in casa fino a un tetto di spesa di 96mila euro e per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici a basso consumo fino a un tetto di 10mila euro. Nel caso di interventi che portino a una riqualificazione energetica la detrazione sarà ancora del 65% e nel 2016 verrà estesa agli enti che gestiscono l’edilizia residenziale pubblica. A tali bonus la legge di Stabilità ne aggiunge uno del 50% per l’acquisto di mobili, non legato alla ristrutturazione e destinato alle giovani coppieche acquistino un alloggio. La coppia deve convivere da tre anni e uno dei due componenti deve essere under 35, mentre il tetto di spesa in questo caso è di 8mila euro. Tutte le tipologie di bonus prevedono una detrazione da suddividere in dieci rate annuali.
Meno tasse per le imprese. Ma per partire subito serve l’ok dell’Ue – L’Ires, l’imposta sul reddito d’impresa, verrà ridotta dal 27,5 al 24 per cento. Due le ipotesi su come verrà realizzato il taglio. Se l’Unione europea, ipotesi sempre più in salita, concederà al governo maggiore flessibilità nel rapporto deficit/Pil in virtù dei costi dell’ondata migratoria, l’Ires passerà al 24,5% nel 2016, per poi scendere al 24% l’anno successivo. Se invece Bruxelles non darà l’ok alla cosiddetta clausola migranti, l’imposta scenderà di 3 punti e mezzo direttamente a partire dal 2017. Il taglio costerà a regime circa 4 miliardi di euro in minori entrate nelle casse dello Stato.
Con il super ammortamento maggiori deduzioni per gli investimenti in macchinari – Se il taglio dell’Ires sembra destinato a farsi attendere, le imprese potranno consolarsi con i macchinari. Le aziende e i professionisti che acquisteranno o prenderanno in leasing macchinari nuovi potranno considerare un costo maggiorato del 40% ai fini dell’ammortamento. In sostanza avranno diritto a unadeduzione extra del 40% da aggiungere alle quote ordinarie di ammortamento che contribuiscono al calcolo dei costisostenuti nel corso dell’anno. Lo sgravio sarà valido per beni acquisiti dal 15 ottobre 2015 fino al termine del 2016 e riguarderà quasi tutte le tipologie di macchine produttive, compresi i computer. Esclusi invece fabbricati e capannoni. La misura è finalizzata a incentivare gli investimenti.
Sgravi contributivi per chi assume, confermati ma dimezzati. “Atteso un milione di assunzioni” - Il governo è riuscito a prolungare il bonus contributivo per le imprese che assumeranno personale a tempo indeterminato nel 2016. L’esenzione coprirà il 40% dei contributi, arriverà fino a un massimo di 3.250 euro e durerà per due anni. Si tratta di una riduzione del beneficio rispetto al 2015, quando lo sgravio copriva la totalità dei contributi fino al limite di 8.060 euro e valeva per tre anni. Da gennaio ad agosto, secondo l’Inps, hanno beneficiato dell’incentivo 790mila contratti, di cui 180mila stabilizzazioni di rapporti precari e 610mila nuove assunzioni. Ora, i tecnici del Tesoro stimano un milione di assunzioni agevolate dalla nuova norma. Per finanziare il rinnovo della misura, l’esecutivo ha messo sul piatto oltre tre miliardi di euro nei prossimi tre anni: 834 milioni nel 2016, 1,5 miliardi nel 2017, 988 milioni nel 2018. Sono esclusi dal bonus quanti ne hanno già beneficiato nel 2015 e, come anche nella prima edizione, quanti avevano un contratto stabile nei sei mesi precedenti l’assunzione. Peccato che la norma sia stata già aggirata dai “furbetti del Jobs act”.
La spinta verso i contratti decentrati: sgravi fiscali per salario produttività, welfare aziendale e distribuzione degli utili - In attesa della riforma della contrattazione, pronta a scattare al definitivo fallimento delle trattative tra sindacati e Confindustria, già con la legge di Stabilità il governo spinge nella direzione degli accordi decentrati, con una serie di incentivi per i contratti aziendali e territoriali. Per questo pacchetto di interventi, il governo ha stanziato 1,2 miliardi di euro: 433 milioni nel 2016, 589 milioni nel 2017, 584 milioni nel 2018.
Dopo un anno di stop, ecco tornare la detassazione per i premi di produttività, cioè i bonus che l’impresa vorrà concedere ai dipendenti nel caso siano raggiunti determinati obiettivi di produzione. Fino ai 2mila euro lordi (un tetto abbassato rispetto ai 3mila euro del 2014), questi importi saranno tassati solo al 10 per cento. Lo stesso discorso vale per le somme erogate come partecipazione agli utili dell’impresa. Queste misure sono riservate ai dipendenti che percepiscano un reddito annuo sotto i 50mila euro: rispetto agli anni scorsi, questo tetto è stato alzato in modo da includere anche quadri e impiegati tra i beneficiari. Il provvedimento sarà apprezzato dalla Fca di Sergio Marchionne, che a luglio ha rinnovato il contratto aziendale: il Lingotto ha previsto un minimo salariale più basso rispetto all’accordo nazionale, costruendo un sistema basato su premi di produttività e partecipazione agli utili della società.
Il tetto di 2mila euro per la detassazione sale a 2.500 euro nei casi di aziende che scelgano di mettere in pratica la partecipazione dei lavoratori all’organizzazione dell’impresa, sul modello tedesco. I dettagli di questa possibilità, come i criteri per misurare gli incrementi di produttività, saranno contenuti in un futuro decreto dei ministeri del Lavoro e dell’Economia. Infine, si preparano anche incentivi al welfare aziendale. Se previsto da contratti di secondo livello, l’impresa può concedere ai lavoratori voucher esenti da tasse, entro i limiti imposti dalla legge, per pagare servizi scolastici e assistenza sociale e sanitaria. In alternativa, il dipendente può chiedere di sostituire il premio di produttività, in tutto o in parte, con un servizio di welfare.
Nuovo regime fiscale per le partite Iva - Sul fronte dei liberi professionisti e lavoratori autonomi, la legge di Stabilità introduce importanti novità rispetto agli anni scorsi in termini di fiscalità agevolata. Nessuna sorpresa nel testo definitivo rispetto alle bozze preparatorie: viene innalzato da 15mila a 30mila euro il tetto di fatturato entro il quale sono previste leagevolazioni per i primi cinque anni di attività. In sostanza, il tetto viene riportato al livello che che era stato fissato dalgoverno Prodi all’epoca dell’introduzione del forfait. L’aliquota è fissata al 5% per i primi cinque anni di attività, dai tre attuali, per poi salire al 15% per gli anni successivi, mentre l’aliquota contributiva per chi è tenuto al versamento allagestione separata dell’Inps resta ferma al 27% anziché salire al 33%: sono misure che vanno a favore della nuova imprenditoria e di tanti giovani e non più giovani che lavorano con la partita Iva e che hanno un giro d’affari limitato. Tra le novità introdotte, anche l’eliminazione del vincolo che impediva di accedere al regime forfettarioqualora nell’anno precedente il contribuente avesse percepito redditi da lavoro indipendente o assimilato pari o superiori al reddito d’impresa o qualora “la somma delle diverse fattispecie reddituali eccede l’importo di 20mila euro”. Del nuovo regime forfettario potranno avvalersi non solo i soggetti che avvieranno la loro attività nel 2016, ma anche coloro che l’hanno avviata nel 2015. Per questi ultimi, ovviamente, il periodo dell’agevolazione si riduce da cinque a quattro anni.
Ai contratti del pubblico impiego 300 milioni: “5 euro al mese? Una mancia” - Per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, il governo ha messo sul piatto 300 milioni di euro, 74 dei quali destinati alle forze di polizia. L’esecutivo è dovuto intervenire in questo senso dopo la sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco degli stipendi degli statali, in vigore dal 2010. Scampato il rischio di sanare il passato che sarebbe costato 35 miliardi di euro, l’esecutivo ha messo in campo una misura che per i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani si tradurrà in unaumento medio che i sindacati stimano intorno ai 5 euro al mese. Secondo le organizzazioni di categoria, questi soldi “non sono un contratto ma una mancia. I lavoratori pubblici vogliono un rinnovo dignitoso. La nostra mobilitazione sarà durissima”. Non a caso, la sigla Usb pubblico impiego ha già proclamato per il 20 novembre lo sciopero degli statali.
E se da un lato il governo aumenta gli stipendi in misura contenuta, dall’altro frena i nuovi ingressi nella pubblica amministrazione. La manovra prevede infatti anche un blocco del turn over: la spesa per le assunzioni di nuovi dipendenti pubblici, nel triennio 2016-2018, non dovrà superare il 25% dei risparmi ottenuti con le uscite di personale. Anche se, nel caso di Regioni ed enti locali, l’asticella si alza all’80% per favorire ilricollocamento degli esuberi delle Province. Non solo. Fino all’attuazione della riforma Madia, sarà congelato iltrattamento accessorio, cioè la quota di stipendio che si aggiunge alla paga-base, sia per i dirigenti sia per i dipendenti pubblici. Di conseguenza, lo sblocco delle retribuzioni si lega ai tempi dettati dall’azione di governo.
Invecchiamento attivo e no tax area pensionati – Sul fronte pensioni, tra le poche misure inserite e subito criticate dal presidente dell’Inps Tito Boeri, secondo il quale si tratta di“interventi selettivi e parziali che creano asimmetrie di trattamento e che daranno spinta a ulteriori misure parziali, tra l’altro molto costose”, ci sono la no tax area per i pensionati a reddito basso e il prepensionamento part time per gli over 63. In pratica i pensionati vedranno ridursi il prelievo fiscale, ma solo dal 2017 quando la no tax area, vale a dire la soglia di reddito entro la quale non si pagano più tasse, per gli over 75 salirà da 7.750 a 8.000 euro annui, sostanzialmente allo stesso livello dei lavoratori dipendenti. I pensionati con meno di 75 anni, invece, passeranno dagli attuali 7.500 euro a 7.750. La manovra prevede, infatti, detrazioni diverse e scaglionatea seconda dell’età del pensionato (fino 75 anni d’età) e del reddito complessivo che non deve essere superiore a 15mila euro.
Poi c’è la possibilità per i lavoratori del settore privato che maturano entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, di optare per il part time negli ultimi anni lavorativi. Bypassando, così, gli attuali requisiti previsti dalla legge Fornero. Quindi, chi è a tre anni dalla pensione, può scegliere di lavorare meno (tra il 40 e il 60%). Sempre che l’azienda sia d’accordo, dal momento che, nonostante l’orario ridotto, il datore di lavoro dovrà comunque continuare a versare mensilmente i contributi previdenziali relativi sia alla parte di lavoro effettuato (destinati all’Inps) sia a quello non effettuato (destinati al dipendente che li riceverà in busta paga). Mentre i contributi relativi alla parte non effettuata saranno figurativi cioè a carico dell’Inps e quindi dello Stato. Il budget stanziato è di 60 milioni di euro per l’anno 2016, 120 milioni di euro per il 2017 e 60 milioni di euro per il 2018.
Rinviata al 2019 la rivalutazione piena delle pensioni –Dopo la sentenza della Consulta, che ha definito illegittimo ilblocco della rivalutazione delle pensioni deciso dal governo Monti, il tandem Renzi-Padoan è dovuto correre ai ripari con il rimborso del bonus Poletti, lo scorso agosto. Nonostante i ricorsi a Tar e Corte dei diritti dell’uomo contro la perequazione solo parziale, la manovra non prevede alcunaulteriore integrazione. Anzi. Per risparmiare risorse con cui finanziare la conclusione dell’Opzione donna ed estendere lano tax area, l’indicizzazione completa viene ulteriormente rimandata: tornerà in vigore non nel 2017, ma solo nel 2019. Nel 2017 e 2018 resta quindi confermata solo la rivalutazione piena degli assegni fino a 3 volte il minimo, mentre per quelli sopra tre volte e fino a quattro volte il minimo la percentuale sale al 95% dal 90% previsto ora. Chi riceve tra quattro e cinque volte il minimo vedrà però l’indicizzazione fermarsi al 75% contro il 90% attuale. E i pensionati con assegni tra cinque e sei volte il minimo se li vedranno rivalutare del 50% e non del 75%. Sopra le sei volte il minimo, infine, la percentuale cala al 45% contro il 75% previsto per il biennio 2014-2016.
Peraltro l’Opzione donna, cioè la possibilità per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi versati di andare in pensione a 57 anni e tre mesi (se dipendenti) e a 58 anni (se autonome) a patto di accettare che l’assegno venga calcolato con il metodo contributivo, non viene prorogata al 2016 come auspicato. I fondi stanziati – 160 milioni per il 2016, 405 per il 2017 e 757 per il 2018 – serviranno solo per “portare a conclusione la sperimentazione” iniziata nel 2004. Quindi potranno sfruttare questa possibilità solo le lavoratrici che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2015.
Esodati, dalle parole ai fatti c’è di mezzo il mare – Nei giorni scorsi le prime bozze del ddl Stabilità avevano provocato una levata di scudi perché all’appello mancavano le tutele per oltre 20mila esodati. E la versione definitiva del decreto conferma la “dimenticanza”, nonostante il governo a più riprese avesse assicurato che la tutela di questi cittadini era una priorità: la legge di Stabilità limita a soli 26.300 lavoratori la cosiddetta settma salvaguardia, l’ennesima toppa sul buco aperto dalla riforma Fornero. Secondo i dati ufficiali forniti dall’Inps, gli esodati da salvaguardare sono 49.500: dunque all’appello mancano ben 23.200 lavoratori. I comitati dei lavoratori avevano preannunciato battaglia: “Gli esodati da salvaguardare sono 49.500, il governo deve mantenere i suoi impegni e ristabilire e rispettare il patto che i cittadini italiani hanno sottoscritto con lo Stato. Non si possono condannare 23.200 famiglie italiane a ulteriori mesi di ansia ed incertezza alla quale si deve dire basta”. La mobilitazione quindi è destinata a prendere corpo da subito per indurre il Parlamento ad intervenire. Oltretutto i soldi per salvaguardare questi lavoratori sarebbero già nelle casse dell’Inps: “Nel Fondo esodati ci sono 11,6 miliardi di euro destinati solo alle salvaguardie – aveva sottolineato pochi giorni fa l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano – ed è stato proprio l’Inps a comunicarci che, rispetto alla prima tranche di 6 miliardi di euro, ne sono stati risparmiati addirittura 3,3”. Dunque i fondi per tutelare tutti ci sarebbero: perché il governo ha limitato la salvaguardia a soli 26.300 lavoratori?
Alla Sanità 2 miliardi in meno del previsto. Rischio aumento ticket - Il Fondo sanitario nazionale viene fissato, per il 2016, a quota 111 miliardi, contro i 110 di quest’anno e i 113,1 previsti dal Documento di economia e finanza. Di questi, 800 milioni dovranno essere usati per finanziare i nuoviLivelli essenziali di assistenza, cioè il paniere di servizi e prestazioni che il Servizio sanitario garantisce ai cittadini, che dovrà essere aggiornato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di Stabilità previa istituzione di una commissionead hoc. L’ultima revisione risale al 2001.
La manovra non dice nulla riguardo a eventuali aumenti dei ticket richiesti ai pazienti. Ma i governatori di Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia, regioni sottoposte a piani di rientro a causa dell’eccessivo disavanzodella spesa sanitaria, potranno decidere se aumentare l’aliquota o intervenire su altri tributi e addizionali.
Arriva poi una stretta sulle aziende ospedaliere in rosso: quelle con costi che superano i ricavi di più del 10% (o di oltre 10 milioni) dovranno presentare un piano di rientro triennale e i direttori generali che non riusciranno ad attuarlo con successo perderanno il posto. A verificare i risultati sarà la regione stessa o il commissario ad acta in quelle che hanno la sanità in rosso. Dal 2017 le stesse regole varranno anche per leaziende sanitarie locali.
Lotta alla povertà e fondo per l’educazione – Seicento milioni di euro in più nel 2016 che si aggiungono a risorse preesistenti per un totale di 1,6 miliardi per la lotta alla povertà nel 2016. E un miliardo di finanziamenti aggiuntivi ai 500 milioni già esistenti a partire dal 2017, per un totale di un miliardo e mezzo strutturale. Questo è il Piano triennale nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale che verrà elaborato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con un chiaro scopo: unificare le prestazioni esistenti e arrivare a una misura unica di contrasto alla povertà, migliorando l’equità dell’assistenza sociale italiana.
In particolare, i 600 milioni previsti dalla legge di stabilità sono così suddivisi:
– 220 milioni finanziano l’Asdi, il sussidio introdotto con ilJobs Act per i disoccupati che abbiano esaurito il trattamento di disoccupazione coperto dalla Naspi e con minori a carico o almeno 55 anni che disporrà quindi di 600 milioni complessivi(200 milioni di euro finanziati dalla riforma dei sussidi di disoccupazione e 180 milioni dalla riforma della cassa integrazione);
– 380 milioni vanno al Sia, il sostegno per l’inclusione attiva,già oggetto di una recente sperimentazione sulle dodici maggiori città italiane che complessivamente nel 2016 avrà una dotazione di 800 milioni di euro data da 370 milioni dei “vecchi” finanziamenti, da 54 milioni del finanziamento strutturale introdotto nel 2008, per l’indennità una tantum prevista per i cocopro e cococo – contratti che dal 2016 non esisteranno più - e da 50 milioni di euro della Carta acquisti, rimasti inutilizzati dopo le restrizioni del nuovo Isee. Si raggiunge così per il 2016 una cifra attorno al miliardo e seicento milioni, mentre per il 2017 il quadro è più chiaro: il miliardo previsto dalla legge di stabilità si aggiungerebbe ai 250 milioni della vecchia carta acquisti e al fondo già previsto di 200 milioni dell’Asdi, più 50 milioni circa del fondo per i cocopro, per un totale di 1,5 miliardi.
La caratteristica di questi aiuti è che andranno perlopiù a famiglie che versano in uno stato di povertà ma con figli minori. A decidere, comunque sarà l’Isee, I cui dettagli saranno contenuti in un decreto che dovrà emanare il ministero del Lavoro. A beneficiarne, seconde prime stime saranno 200-250mila famiglie. Mentre dai dati Istat emerge che sarebbero necessari circa 5-6 miliardi di euro per colmare il divario tra soglie di povertà assoluta e spese delle famiglie povere. La disposizione istituisce altresì, in via sperimentale, per gli anni 2016, 2017 e 2018, un Fondo per il contrasto della povertà educativa, alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie (questa volta in via sperimentale e non strutturale). Il governo metterà a disposizione 100 milioni di euro l’anno che garantiranno uncredito di imposta alle fondazioni che interverranno. Il meccanismo è chiaro: per ogni 100 euro investiti in questo settore le fondazioni ottengono 75 euro di credito utilizzabile in compensazione degli oneri fiscali e contributivi nell’esercizio fiscale in corso, che può anche essere ceduto. Si tratta quindi di un credito molto flessibile e a vasta esigibilità.
Nuovi fondi sulla cassa integrazione in deroga, 250 milioni di euro - Nel 2016, l’ammortizzatore sociale potrà essere richiesto solo per tre mesi, contro i cinque mesi del 2015. Con questo sostegno, si intende accompagnare le micro imprese verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, che sarà pienamente operativo solo dal 1 luglio 2016. La durata della cassa in deroga si accorcia da cinque a tre mesi, mentre quella della mobilità in deroga passa da sei a quattro mesi.
Concorso internazionale per 500 docenti universitari, giornali digitali e ciclabili - È prevista l’assunzione di 500 docenti universitari italiani e stranieri da selezionare attraverso un concorso internazionale del Miur. A tale fine vengono stanziati 38 milioni nel 2016,12 in meno dei 50 previsti nelle prime bozze e 75 nel 2017. Una quota dei finanziamenti non superiore a 10 milioni sarà destinata alla mobilità tra un ateneo e l’altro. Altri 55 milioni nel 2016 e 60 nel 2017 finanzieranno un piano per l’assunzione di 1.000 ricercatori, a cui se ne dovrebbero aggiungere un altro centinaio grazie allo sblocco del turn over. Arriva poi una novità da tempo attesa dagli editori: l’Iva agevolata al 4% si applicherà non solo agli e-book ma anche ai giornali digitali. La perdita di gettito prevista è di 7,2 milioni di euro. Buone notizie pure per i ciclisti. Lo Stato investirà poi 5 milioni nel 2016, 13 nel 2017 e 15 nel 2018 per la realizzazione di “ciclovie turistiche e ciclostazioni” e interventi “per la sicurezza della ciclabilità cittadina”.
Maglie più larghe sul contante. Con le giustificazioni - Una delle misure che hanno suscitato più polemiche è l’innalzamento di tre volte, da 1.000 a 3mila euro, del tetto sotto il quale è possibile pagare usando denaro contante. Solo i pagamenti sopra i 3mila euro dovranno quindi essere fatti con assegni, bancomat, carta di credito o attraverso lebanche o la posta. E viene meno l’obbligo di versare stipendi e pensioni sul conto corrente, se l’ammontare non supera il tetto. Il nuovo limite varrà anche per i money transfer, gli sportelli che permettono di inviare denaro all’estero senza passare per una banca. La relazione tecnica ricorda che le restrizioni alla circolazione del contante rispondono alla doppia finalità di “aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita” e “contrastare l’evasione e l’elusione fiscale”, e spiega la scelta di alzare la soglia con “l’esigenza di garantire maggior fluidità nelle transazioni effettuate quotidianamente per il soddisfacimento di bisogni di stretto consumo” e la volontà di “allineare la soglia prevista dall’ordinamento italiano alle scelte degli altri Stati membri, diretti competitors dell’Italia, tendenzialmente attestati su politiche meno restrittive”. Quanto agli eventuali effetti negativi sul gettito, i tecnici si limitano a scrivere che ci sono “studi che escludono un indice di correlazione diretta tra utilizzo del contante ed evasione fiscale” e sottolineano che “il ricorso frequente all’utilizzo del contante è da correlarsi, tra l’altro, all’elevata percentuale di soggetti unbanked”, cioè le persone che non dispongono di un conto corrente.
Lo stesso articolo del ddl cancella il divieto di pagare l’affitto cash, che era stato introdotto nella legge di Stabilità per il 2014 varata dal governo Letta, e l’obbligo di saldare tutte le fatture dell’autotrasporto con moneta elettronica. Entrambe le norme avevano l’obiettivo di garantire la tracciabilità delle operazioni e limitare, per quanto possibile, il “nero”. La relazione spiega la decisione di abrogarle notando, per quanto riguarda gli affitti, che “la norma si è dimostrata di scarsa efficacia, anche per la oggettiva difficoltà di enforcement” (applicazione, ndr) legata al fatto che “non è prevista nessuna sanzione”, e “ha creato disagi per le locazioni turistiche e, più in generale, ai soggetti che operano correttamente”. Quanto alla filiera dei trasporti, ”la norma ha creato disagi per il caso di piccoli pagamenti regolati ad esempio dagli autisti dei mezzi di trasporto”. E anche in questo caso “è di difficile enforcement, anche perché non è prevista alcuna sanzione“, mentre ”a carico di commercialisti e altri soggetti che tengono la contabilità delle ditte di trasporto è previsto l’obbligo, totalmente ignorato, di segnalare le violazioni”.
LE ENTRATE: SOTTO AL DEFICIT SOLO TAGLI DI SPESA (DIMEZZATI) E RIENTRO DEI CAPITALI
La copertura della finanziaria, in ogni caso, è appesa alle decisioni di Bruxelles, a cui il governo ha chiesto via libera per far salire il deficit di 17,7 miliardi. Il resto a confronto sono briciole: attraverso la spending review Palazzo Chigi e il Tesoro puntano a risparmiare 7,9 miliardi. Da prelievi e concessioni sui giochi pubblici è previsto poi 1 miliardo di introiti e altri 2 miliardi dovrebbero arrivare nelle casse dello Stato sotto forma di proventi della voluntary disclosure, la procedura per il rientro dei capitali nascosti all’estero a cui si può aderire fino al 30 ottobre. Se però l’obiettivo non sarà centrato, scatterà l’ennesima clausola di salvaguardia: il gettito mancante sarà recuperato alzando a partire dall’1 maggio 2016 le accise su alcol, tabacchi e prodotti energetici.
Poco più di 3 miliardi i tagli ai ministeri nel 2016. Economia e Università i più colpiti – I tagli imposti ai ministeri ammontano per il 2016 a 3,1 miliardi. Ulteriori riduzioni di spesa sono previste nel 2017 per 2,5 miliardi e nel 2018 per 1,7 miliardi. Sul triennio quindi le amministrazioni centrali dovranno contenere la spesa per un totale di 7,3 miliardi. I sacrifici maggiori sono chiesti al ministero dell’Economia e delle finanze che, in tre anni, dovrà risparmiare oltre 5 miliardi di cui 2,43 miliardi nel 2016, 1,79 miliardi nel 2017 e altri 924, 89 milioni nel 2018. Nell’ambito delle revisioni di spesa finiscono colpiti i sindacati con un taglio di 100 milioni ai Caf e altri 48 ai patronati. Subirà una decurtazione importante anche il fondo per la riduzione della pressione fiscale (1,6 miliardi nel triennio di cui 809 milioni nel 2016).
Dopo l’Economia, il dicastero più penalizzato è Università e ricerca scientifica che subisce una decurtazione della spesa da 830 milioni spalmata su tre anni con i primi 324 milioni di economie previste per il prossimo anno. I tagli sono più contenuti per Interni (164 milioni di cui 37 milioni per il prossimo anno), Farnesina (37 milioni nel 2016) che dovrà ridimensionare la spesa di 27 milioni l’anno per i due esercizi successivi e Giustizia (118 milioni nel triennio di cui 36 milioni per il 2016). Il disegno propone un taglio delle indennità da corrispondere ai giudici di pace, onorari aggregati, onorari di tribunale e ai vice-procuratori onorari (6,6 milioni nel 2016 e 7,5 milioni a partire dal 2017).
E’ previsto anche un taglio al Fondo per il recupero di efficienza della giustizia (4 milioni sono nel 2016). Per ilLavoro arriva una sforbiciata da 36 milioni per il 2016 e da 41 milioni per il biennio successivo. Infine, la legge di Stabilità prevede inoltre 482 milioni di tagli per il ministero delleInfrastrutture che nel 2016 dovrà contenere i costi per 126 milioni, mentre al ministero della Difesa la spesa dovrà scendere di 253 milioni di cui 219 già il prossimo anno. Infine per il 2016 dovranno spendere di meno anche le Politiche agricole (81 milioni di cui 48 nel 2016), i Beni culturali (8 milioni concentrati sull’anno prossimo) e la Salute (93 milioni nel triennio di cui 33 nel 2016).
Ai sacrifici dell’amministrazione centrale contribuiscono anche “ulteriori riduzioni” che interesseranno il Formez(930mila euro l’anno su tre anni) e la Scuola Nazionale Pubblica amministrazione (1,4 milioni l’anno sul triennio). E’ previsto inoltre un efficientamento della spesa di beni e servizi che dovrebbe comportare risparmi per soli 163 milioni l’anno. Infine sono ridotti anche gli stanziamenti a favore dellaPresidenza del consiglio per un totale di 62 milioni in tre anni. Di questa cifra 23 milioni dovranno essere risparmiati già nel 2016.
L’articolo sulla riduzione delle spese dei ministeri e delle società pubbliche dispone tra l’altro un taglio dei fondi a disposizione dei partiti. In seguito all’approvazione del ddl Boccadutri, che sblocca i rimborsi elettorali anche per le formazioni politiche i cui bilanci non sono stati approvati dalla Commissione di garanzia, controllo e trasparenza, il governo ha deciso infatti di ridurre il plafond del 2 per mille, cioè la quota di Irpef che i cittadini possono decidere di destinare al partito di riferimento. Le risorse disponibili scendono da 27,7 a 17,7 milioni per il 2016 e da 45,1 a 25,1 per il 2017.
Privatizzazioni e società pubbliche: cala il silenzio sull’Enav – Dal disegno di legge scompare il riferimento alle vendite dei “gioielli” di Stato. Nelle prime bozze era presente una misura per rendere più efficiente l’Enav in vista della privatizzazione. Per le aziende pubbliche viene introdotta invece una previsione normativa a costo zero che comporta un obbligo di pubblicazione relativo a “incarichi di collaborazione, di consulenza o professionali, inclusi quelli arbitrali”. L’adempimento di tale obbligo diventa “condizione di efficacia dei relativi pagamenti”. Secondo il testo la misura favorirà “meccanismi più virtuosi nella gestione delle risorse pubbliche”.
Slot machine e videolotterie, sanatoria gratuita per gli abusivi e nuovi bandi – Al netto del balletto sulle nuove concessioni, il testo definitivo prevede l’incremento dell’aliquota del prelievo erariale unico (Preu) sulle slot al 15% contro l’attuale 13 per cento. Per le cosiddette Video Lotteries Terminal, cioè terminali controllati da remoto all’interno delle sale da gioco, l’aliquota aumenterà dello 0,5% al 5,5 per cento. Complessivamente l’operazione porterà poco più di 600 milioni l’anno nelle casse dello Stato per il triennio 2016-2018. Circa 500 milioni verranno dalle slot machine sul presupposto di “una raccolta invariata rispetto al 2014”. E’ prevista infine fino a fine gennaio 2016 una sanatoria gratuita per i “soggetti non concessionari che offrono, con qualsiasi modalità, scommesse con vincite in denaro in Italia”. Quanto ai nuovi bandi (15mila) e al gettito atteso, nuove risorse arriveranno dalle gare per il rinnovo delle concessioni di scommesse (410 milioni), bingo (73,5 milioni) e gioco online (24 milioni) per un totale superiore ai 507 milioni. Grazie anche all’aumento delle basi d’asta.
Canone Rai tutti, tutto e subito - Annunciato, smentito, boicottato e tacciato di incostituzionalità, alla fine il canone Rai è riuscito a finire in bolletta: non è più a rate, ma si paga tutti, tutto e subito nella prima fattura elettrica di febbraio 2016. L’importo è stato fissato a 100 euro contro gli attuali 113,5. Sparita all’ultimo, invece, l’ulteriore diminuzione a 95 euro dal 2017. Quindi, si tratta di un taglio di appena 13,5 euro per la tassa più odiata ed evasa dagli italiani (nel 2015 l’evasione dovrebbe sfiorare il 30%, toccando quota 600 milioni di euro), nonostante col nuovo meccanismo di pagamento, che coinvolge 22 milioni di utenze familiari, possano entrare nelle casse dello Stato oltre 2,5 miliardi di euro.
La misura è stata una delle più tormentate della Stabilità e, di bozza in bozza, non sono stati modificati soltanto il costo e la modalità di pagamento, ma anche la forma. Il canone si versa, infatti, una sola volta nelle abitazioni in cui si è residenti e non sulle seconde o terze case. Restano quindi esclusi tutti coloro che si trovano inclusi nello stesso stato di famiglia e il conto è legato esclusivamente al possesso della tv (esclusi pc, tablet e smatphone). Sul fronte pagamento, il canone viene inserito nel conto del primo bimestre, insieme all’energia elettrica, ma viene tenuto distinto dalle altre voci della bolletta per evitare che la luce venga staccato in caso di evasione. L’importo è esentasse, nel senso che non diventerà reddito delle compagnie elettriche che comunque continuano a non vedere di buon occhio la norma. Per chi ha già la domiciliazione sul conto corrente bancario o postale, anche il prelievo del canone sarà automatico con l’addebitato diretto.
Chi non ha il televisore? Il titolare del contratto di energia elettrica dovrà presentare all’Agenzia delle Entrate un’autocertificazione in cui dichiara di non possedere il televisore. Cosa accade a chi non pagherà il canone? Rischia ripercussioni anche penali, visto che sarà un super cervellone a incrociare il mondo delle utenze elettriche con quello dell’Anagrafe tributaria. Anche se il caos è dietro l’angolo visto che nella sua Relazione per il 2014, il Garante del settore elettrico ha calcolato che in Italia ci sono 461 società autorizzate emettere la bolletta della luce. Per avere, comunque, il quadro definitivo, toccherà aspettare ancora, visto che il decreto attuativo firmato dai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Economia e dall’Autorità per l’energia elettrica, che si occuperà di definire anche il problema dei ritardi di pagamento e degli eventuali interessi di mora, dovrà essere approvato solo tra 45 giorni.
Le clausole di flessibilità sul deficit e l’incognita Bruxelles – La vera incognita della partita sono le decisioni di Bruxelles a cui è appesa più della metà delle entrate necessarie per finanziare le misure per la crescita e taglio delle tasse. L’anno prossimo, infatti, l’Italia intende lasciar salire il rapportodeficit/pil al 2,2%, contro l’1,4% concordato con Bruxelles nel 2014. Uno scostamento che vale, appunto, circa 14,6 miliardi di euro. Per avere il semaforo verde della Commissione, Renzi e Padoan fanno appello ad alcune delle clausole di flessibilità introdotte a gennaio: attenuanti a fronte delle quali i governi possono ottenere più tempo per rispettare gli obiettivi di bilancio. La prima deroga chiama in causa le riforme strutturali, dal Jobs Act alla riforma della pubblica amministrazione passando per quella del fisco, passibili di avere un impatto positivo sul pil.
La scorsa primavera è stata già chiesta e ottenuta una deviazione di 0,4 punti percentuali, ora il governo vuole un altro 0,1% a fronte degli interventi in materia di crediti deteriorati e diritto fallimentare. Viene poi invocata, per un altro 0,3% del pil (5 miliardi), la clausola degli investimenti pubblici. In pratica si chiede alla Ue di poter dedicare 5,1 miliardi al cofinanziamento di opere che riceveranno fondi europei. La spesa totale, considerando anche le risorse comunitarie, ammonterà a 11,3 miliardi, di cui 3,1 saranno impiegati per trasporti e reti infrastrutturali, 1,6 per l’agenda digitale (banda larga, smart cities, sanità digitale), 1,3 per la competitività delle piccole e medie imprese, 1,2 miliardi per “occupazione e mobilità del lavoro“. Sempre sul fronte degli investimenti, il ddl ufficializza che la Cassa depositi e prestiti avrà il ruolo di istituto nazionale di promozione degli investimenti fatti in Italia con le risorse del Fondo europeo da 21 miliardi previsto dal piano Juncker. La cassa che gestisce il risparmio postale degli italiani potrà anche mettere a disposizione 8 miliardi di risorse proprie.
Infine, il governo si appella alla flessibilità per un ulteriore 0,2% del Pil anche per le spese sostenute a causa dell’emergenza migranti. Ma su questo fronte le possibilità che Bruxelles dica sì sono ridotte al lumicino. Anche perché Roma userebbe almeno 2 dei circa 3,1 miliardi in più che si renderebbero disponibili per finalità che con la gestione dell’immigrazione non hanno niente a che vedere: l’anticipo al 2016 della riduzione dell’Ires e dell’ampliamento della no tax area per i pensionati.
Articolo di Brusini, Capozzi, De Agostini, De Rubertis, Fior, Franco, Scacciavillani.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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