La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 30 novembre 2015

Marco Parma, scuola pubblica e laicità prese sul serio

di Paolo Flores d'Arcais
Marco Parma, preside dell’Istituto Garofani di Rozzano, non ha affatto abrogato il Natale, come una (dis)informacija corriva verso il pensiero unico Renzi-Alfano-Verdini-Salvini-Berlusconi-Meloni continua a propalare. Si è limitato a non accogliere la pretesa di due mamme che volevano utilizzare il tempo della mensa scolastica per insegnare ai bambini due canti natalizi religiosi [“Adeste fideles” esordisce così: “Adeste fideles læti triumphantes, venite, venite in Bethlehem. Natum videte Regem angelorum. Venite adoremus (ter) Dominum”].
E perché mai avrebbe dovuto accettare? Chi vuole insegnare (e imparare) canti religiosi, vada in parrocchia, la scuola pubblica è di tutti e dunque laica. Il professor Marco Parma ha ragione, ha fatto benissimo, si è anzi comportato in modo esemplare, se vivessimo in una democrazia degna del nome (quindi laica per definizione) il ministro dell’Istruzione avrebbe già pronunciato un encomio.
Mentre ci tocca l’obbrobrio di un primo ministro clericale che gargarizza un anatema per il tentativo di “affogare le identità in un politicamente corretto indistinto e scipito”, lui che di “politically correct” ha saturo il midollo. Quale sarebbe l’identità di cui conciona e sbrodola? L’unica identità che un primo ministro può esibire e curare è quella repubblicana della Costituzione e dei suoi valori, tra i quali la religione cristiana e il suo “adoremus (ter) Dominum” non è contemplata.
Un unico appunto al professor Parma: sembra che in una dichiarazione, per motivare il suo sacrosanto “non possumus” abbia invocato il carattere offensivo che il canto di una religione avrebbe potuto rappresentare per i bambini di altre religioni. No, caro Parma, questa è una motivazione inaccettabile, la scuola è laica perché pubblica, cioè di tutti, non di tutte le religioni ma di nessuna religione. Tanto è vero che se un programma scolastico suonasse offensivo per una fede (accade, in storia, scienza, perfino educazione fisica, e non solo per l’islam, sia chiaro), tanto peggio per quella religione, il programma andrebbe completato lo stesso.

Fonte: MicroMega online 

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