di Marco Simoncelli
370,7 miliardi di dollari. È questa la cifra che rappresenta il totale delle vendite dai cento più grandi produttori d’armi del mondo nel 2015. A rivelarlo è l’Istituto internazionale di ricerca per la pace di Stoccolma (Sipri) in un rapporto pubblicato ieri. Una quantità di denaro esorbitante che oltretutto non tiene conto delle aziende cinesi, poiché non coperte dalla ricerca. Lo studio segnala però una diminuzione dello 0,6 % rispetto al risultato dell’anno scorso. Apparentemente lieve, è vero, ma comunque un elemento positivo perché è il quinto anno consecutivo in cui viene registrato un calo, il che potrebbe rappresentare la conferma di un’inversione costante nell’andamento delle vendite, iniziata nel 2011.
Tuttavia i ricercatori ci tengono a sottolineare che questo mercato è del 37% più alto rispetto a quello ottenuto nel 2002, quando il Sipri iniziò a fare le prime rivelazioni.
Tuttavia i ricercatori ci tengono a sottolineare che questo mercato è del 37% più alto rispetto a quello ottenuto nel 2002, quando il Sipri iniziò a fare le prime rivelazioni.
Dentro i dati
Il rapporto fornisce alcune conferme: Stati Uniti ed Europa occidentale continuano ad ospitare le 10 compagnie più produttive del mondo. Gli Usa dominano la classifica con un totale di vendite pari a 209,7 miliardi di dollari, grazie a 39 imprese nel ranking e a teste di serie come la Boeing o la Lockheed Martin (della quale l’Italia è cliente per via dei discussi caccia F-35). Ma questo dato fa registrare una diminuzione pari al 2,9 %, anch’essa confermata per il quinto anno di seguito.
Affiorano però anche delle novità, perché mentre il mercato statunitense è in calo, quello europeo è cresciuto del 6,6 % nel 2015, raggiungendo i 95,7 miliardi di dollari. Un dato in netta controtendenza rispetto alle rivelazioni dei due anni passati.
Francia fucina d’armi
La principale causa di questa crescita è ben visibile. Basta soffermarsi sul totale delle vendite delle sei aziende francesi in graduatoria che hanno raggiunto la bellezza di 21,4 miliardi di dollari, con una crescita del 13,1 % rispetto al 2014, quando la maggior parte delle vendite delle imprese in classifica era in calo. I dati della Francia “hanno trascinato la recente crescita di vendite europea” si legge nello studio, e i recenti accordi commerciali con Egitto e Qatar hanno fatto da volano agli affari armieri di Parigi. Il 65,5 % di crescita nelle vendite della Dassault Aviation Group (che produce i caccia da combattimento Rafale) ne è la prova, come anche i risultati della Thales (+12,6%) e della Safran (sopra il 17 %).
Rallenta l’officina russa
Al caso francese va unito il fenomeno russo del quale ha sicuramente beneficiato. Con le sue 11 compagnie, Mosca ha raggiunto i 30,1 miliardi di dollari di vendite e rappresenta l’8,1 % del mercato totale. L’incremento russo è stato del 6,2 %, ben più basso rispetto all’astronomico 48,4 % registrato tra il 2013 e il 2014. Il calo è dovuto alla crisi economica che ha colpito il paese e causato la perdita di valore del rublo nel 2015. La crescita è comunque mantenuta grazie ai grandi investimenti in acquisizioni di armi, messi a punto dal ministero della Difesa russo per l’ammodernamento delle sue attrezzature.
New entry Corea del sud
Ci sono anche molte aziende produttrici in paesi “emergenti” in questo settore. Le vendite a loro attribuibili rappresentano il 9,5% ed equivalgono a 34,5 miliardi di dollari. In questo dato si individua una crescita del 3% di aziende produttrici già radicate nel mercato e del 15,9 % attribuibile a imprese new entry. Tra queste ultime, a sorpresa, molte sono sudcoreane e le loro vendite sono aumentate del 31,7% in un anno. Come per la Russia, anche qui la causa è l’aumento della domanda del ministero della Difesa di Seul, a causa della minaccia rappresentata dal regime nordcoreano di Kim Jong-un.
Cina assente, Italia cresce
Come detto, nello studio il Sipri non ha potuto inserire i dati della Cina perché impossibile ottenerne di affidabili. Dalle poche informazioni disponibili, i ricercatori ritengono però che la spesa militare cinese sia aumentata di oltre cinque volte in termini reali tra il 2000 e il 2015, e considerevoli sarebbero anche le esportazioni. Inoltre, delle 10 grandi aziende armiere cinesi, almeno 9 sarebbero certamente nella top 100.
Un piccolo appunto invece sul nostro paese, il quale rappresenta il 2,9 % del mercato totale ed è in crescita. Le sue due aziende più importanti, Finmeccanica e Augusta Westland, sono rispettivamente in 9° e 27° posizione. Finmeccanica ha incrementato le vendite militari passando da 8,8 a 9,3 milioni di dollari, mentre Augusta è rimasta sugli stessi livelli del 2014.
Fonte: Nigrizia.it
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