di Federico Giusti
Un “patto per la fabbrica” , per la crescita del paese, è quanto annunciato da Cgil Cisl Uil e da Confindustria per "rimettere al centro dell’attenzione la questione industriale". Il patto nasce da una proposta di Cgil Cisl Uil a Capri, al convegno dei Giovani industriali organizzato nell'Ottobre scorso, si parla di innovazione, formazione, conoscenza, giovani e Mezzogiorno. Attendiamo di conoscere i contenuti reali di questo patto ma già abbiamo alcuni elementi di riflessione. Nei giorni scorsi è stato sottoscritto il contratto nazionale metalmeccanici quasi a costo zero con un forte incremento della previdenza e sanità integrativa.
Il modello contrattuale senza conflitto, sancito dal Testo unico del Gennaio 2014 , sta diventando il punto di riferimento per tutte le relazioni sindacali, pubbliche o private.
L'ultimo rapporto Istat fotografa un paese nel quale quasi il 30% della popolazione è in miseria, decine di migliaia di uomini e donne che solo negli ultimi mesi hanno rinunciato a curarsi, a mangiare sano per mancanza di soldi, migliaia di inquilini morosi per giusta causa, migliaia di abbandoni scolastici.
L'emergenza reale di questo paese, oltre a un territorio devastato e senza manutenzione. è legata al crescente impoverimento che ormai riguarda anche settori di quella classe media che fino a pochi anni fa era fuori dalla crisi.
Un patto per il rilancio e per la innovazione dovrebbe partire dalla desertificazione industriale, dalle delocalizzazioni, dai distretti in crisi, dal nanismo industriale, dalla crisi del lavoro autonomo. Si parte invece dalle relazioni industriali che nell'immaginaro collettivo sanciscono solo perdita ulteriore del potere di acquisto e di contrattazione.
In questi anni il clima di dialogo tra le parti sociali è solo servito ad ottenere ammortizzatori sociali non certo per creare nuova occupazione, il sindacato si è reso complice di certe politiche di deindustrializzazione o sicuramente non le ha avversate.
Ad oggi questo Patto è costruito solo sulle chiacchere e su concetti che ci riportano ad una arrendevole subalternità del sindacato a una imprenditoria che in questi anni ha vissuto per lo piu' di finanziamenti statali, di compressione del costo del lavoro e di ammortizzatori sociali quando non ha delocalizzato la stessa produzione.
Un «grande atto di corresponsabilità, in un momento delicato per riportare all’attenzione del Paese la questione industriale e costruire una politica economica per un’industria competitiva e un’idea di crescita»?
Intanto sono concetti astratti perché vorremmo capire cosa si intenda per crescita, se per gli industriali, vecchi o giovani che siano, significa devastare il paese con le grandi ed inutili opere.
Secondo noi un rilancio del paese dovrebbe partire dalla reinternalizzazione delle attività industriali, da investimenti tecnologici che in interi settori sono ridotti al lumicino, qui si parla invece di relazioni sindacali all'insegna della partecipazione, di convergenza sulle chiacchere.
Non è che ci stiano preparando l'ennesima truffa fatta di gabbie salariali, deroghe nel sud ai contratti nazionali, salari di ingresso, investimenti statali a fondo perduto senza avere in cambio una politica industriale degna di questo nome? siamo quasi certi che sia cosi', non a caso stanno parlando della rappresentanza nel senso di piegare anche le ultime rsu combattive ai dettami padronali.
Gli sviluppi li vedremo nei prossimi mesi, di sicuro tanto entusiasmo di cgil cisl uil è a dir poco immotivato soprattutto perché gli scenari all'orizzonte sono dei peggiori.
Fonte: controlacrisi
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