di Stefano Porcari
Fare nuovo debito pubblico per finanziare l'industria della Difesa, aumentare le spese militari al di fuori dei vincoli del Patto di Stabilità che tagliegga invece le spese sociali. Un incubo? No la realtà. La tabella di marcia per la costituzione di un complesso militare-industriale europeo, ha subito infatti una ulteriore accelererazione. E' stato presentato il 30 novembre scorso l’European Defence Action Plan (Edap). Le 19 pagine del documento scritto dalla Commissione Europea mirano a rafforzare le capacità di difesa e di sicurezza dell’Unione, questa volta però da una prospettiva industriale e di rafforzamento del mercato interno.
Le iniziative messe in campo dal documento devono essere ricondotte alla Global Strategy on Foreign and Security Policy dell’Unione Europea e con il suo Implementation Plan, presentati a metà novembre dall’Alto Rappresentante al Consiglio Affari Esteri e Difesa Federica Mogherini.
“Complessivamente il documento presenta alcune novità forse inattese e introduce una serie di aspetti che meritano di essere verificati con attenzione nei prossimi mesi, durante i quali si procederà alla sua vera e propria “execution” sottolinea la ben informata newletter Affari Internazionali.
Viene costituito ufficialmente il European Defence Fund, (Fondo per la Difesa Europea) composto da due “finestre” complementari, ma distinte in termini gestionali, giuridici e finanziari. Il coordinamento tra le due verrà affidato ad un coordination board costituito da rappresentanti della Commissione Europea, dell’Alto Rappresentante, dagli Stati membri, dell’Eda e, quando necessario, anche dell’industria.
Qualcuno ha cominciato anche a fare i calcoli, indicando che 1 euro investito nell'industria militare, ne produce 1,6 di ritorno. Esattamente la stessa logica su cui è stato costruito e legittimato il complesso militare-industriale statunitense dagli anni'50 in poi.
Il progetto prevede degli incentivi degli investimenti all’interno della catena dei fornitori dell'industria militare: 1) maggiore e migliore accesso ai finanziamenti per le Piccole e Medie Imprese (Pmi) e per il settore della difesa nel suo complesso; 2) rafforzamento del supporto fornito dai fondi Ue agli investimenti nella difesa; 3) incoraggiamento allo sviluppo di centri regionali di eccellenza tecnologica; 4) supporto al mantenimento delle capacità professionali nel settore della difesa.
In tal senso va letta linea adottata dalla Commissione Europea per sostenere la revisione dei criteri di concessione dei prestiti da parte della Banca Europea degli Investimenti (Bei) che attualmente esclude il settore della difesa e penalizza, in particolare, le Pmi.
Nel documento approvato il 30 novembre e nel suo piano di azione, la Commissione si dice “pronta ad impegnarsi a un livello senza precedenti” per sostenere gli Stati membri nel settore della difesa.
Insomma non è stato mandato in soffitta solo il "vecchio modello sociale europeo dai costi insopportabili" (parole di Draghi nel 2012), piuttosto le classi dominanti europee ci stanno presentando nero su bianco una delle loro priorità (l'altra è la stabilità del sistema finanziario). E ci dicono esplicitamente che i tagli dolorosi alle spese sociali in nome del rigore, servivano solo a reperire le risorse per finanziare le "loro" priorità a discapito delle nostre. E lo fanno con una perversione in più: rendere senso comune il dogma per cui le spese sociali sono un costo e sono improduttive, mentre le spese militari producono effetti benefici sull'economia e il sistema industriale. La ciliegina che mancava per un polo imperialista – quello europeo – che intende giocare a tutto campo nella competizione globale.
Fonte: Contropiano.org
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