di Sarantis Thanopulos
Alla fine Matteo Renzi ha perso la sua scommessa. È andato dalla buona alla cattiva sorte: non era privo di qualità, si è perso a causa della sua autoreferenzialità e degli errori ad essa conseguenti. La sua caduta non lascia un’eredità significativa. Mancandogli l’intima convinzione, è restato incompiuto. Il suo sentirsi portavoce della «generazione Telemaco» – un’idea stravagante che ha portato fin dentro l’aula del parlamento europeo- è stato un segno inequivocabile della sua condizione di orfano di un’identificazione convinta e solida con la funzione genitoriale.
Un segno rivelatore che è stato, dai più, ignorato. La verità scomoda, da accantonare, è l’identificazione di gran parte degli italiani con la condizione di orfanilità di cui Renzi è stato inconsapevolmente espressione.
Un segno rivelatore che è stato, dai più, ignorato. La verità scomoda, da accantonare, è l’identificazione di gran parte degli italiani con la condizione di orfanilità di cui Renzi è stato inconsapevolmente espressione.
Ci si sente orfani della solidità di valori democratici fondamentali (libertà, fraternità, uguaglianza, giustizia sociale), messi a dura prova da imponenti movimenti migratori e da una crisi economica sempre più complicata. Dell’affidabilità delle istituzioni, danneggiate dal loro piegarsi alle opportunità del momento. Dei legami solidali che rischiano di essere spazzati via dalla difesa dei particolarismi. Di relazioni di scambio sufficientemente regolate e garantite. L’orfanilità mette in crisi l’introiezione della «qualità genitoriale» dell’esistenza: la capacità di gestire la propria vita assumendone pienamente la responsabilità e fidandosi della propria creatività, in continuità e, al tempo stesso, in discontinuità con la propria tradizione. Imparando ugualmente dai suoi successi e dai suoi fallimenti.
Telemaco rappresenta la volontà dei figli di fondare la loro legittimità sulla precedenza dei loro genitori, sul fatto di essere, nel bene e nel male, eredi e non inventori. I figli devono afferrare il testimone dove chi li precede gliel’ha passato o di raccoglierlo nel punto in cui l’ha fatto cadere. La successione non è mai rottamazione anche quando è compromessa. È necessario che si faccia rialzare, rivivere dentro di sé il genitore caduto, assente -il che richiede un lungo lavoro di elaborazione del lutto- evitando di affrettarsi a dichiararlo defunto.
L’ossimoro psicologico Telemaco-rottamatore in cui si è impigliato Renzi, porta a voler sostituire i genitori restando figli, a pretendere di poter fare come se essi non fossero mai esistititi (e perfino a sentirsi liberati della loro presenza). Si scambia la successione con la sostituzione tout court dei predecessori e si finisce per rottamare la funzione genitoriale piuttosto che loro. Non è Telemaco, ma Icaro la figura di riferimento dei giovani frettolosi.
È una società in crisi profonda quella che, affidando ai figli una funzione messianica, ignora la tradizione e pretende di rifondare tutto a partire dal nulla. La sua delega inganna i giovani perché è al servizio della gerontocrazia, dell’imbalsamatura della vita. Sorregge ciò che è vecchio, stantio, il prodotto di un’incapacità di gestire il lutto e il cambiamento. Trasforma il desiderio di viaggiare verso il futuro nell’attesa passiva di una redenzione miracolosa. La ricerca, nella sostanza, di soluzioni prêt a porter di consolazione.
Proprio perché questa è oggi una pressione molto forte, e i giovani del governo caduto, su una riforma impropriamente costruita, l’avranno pure sentita sulla loro pelle, Telemaco non deve morire. I giovani che con il loro voto hanno fatto cadere un governo «amico», hanno rigettato la mela avvelenata che una società matrigna ha loro offerto. Ribellarsi è giusto. La ribellione rivendica il futuro, la rottamazione l’annulla.
Fonte: Il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.