La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 30 novembre 2015

Oltre 9 milioni di lavoratori in difficoltà

Oltre 9 milioni e trecentomila persone in difficoltà, +66,3% rispetto al 2007, e occupati sempre più anziani, +15% gli over 55 e -12% gli under 34 dall'inizio della crisi. Sono questi i dati emersi nell'attività di monitoraggio del mercato del lavoro svolta dalla Fondazione Di Vittorio. La Fondazione della Cgil offre infatti una lettura periodica delle statistiche ufficiali su disoccupazione e inattività, e in questa occasione ha analizzato il primo semestre 2015 (gennaio-giugno), periodo durante il quale hanno avuto piena applicazione i provvedimenti di legge che prevedono per tre anni l’esonero dei contributi a carico del datore di lavoro che assume a tempo indeterminato. E a quanto pare, non sono tutte rose e fiori.
I dati sulle forze lavoro relativi ai primi sei mesi dell’anno presentano in effetti luci e ombre. Il tasso di occupazione guadagna mezzo punto su base tendenziale ma l’aumento è tutto imputabile agli over 34, soprattutto ai più anziani nella classe 55-64 anni.
L’area del disagio, del precariato e della sottoccupazione, invece, conta più di 4 milioni e 300 mila persone, il 12.8% della platea degli occupati in età 15-64 anni. E tra i giovani occupati fino a 34 anni aumenta di mezzo punto il tasso di disagio, la quota di occupati a termine e part-time involontario, dal 35.8 al 36.3%. 
Il tasso di disoccupazione perde, sì, quattro decimi di punto ma per i giovani fino a 24 anni resta altissimo (sopra il 40%) mentre aumenta per i giovani adulti in età compresa tra 25 e 34 anni (dal 18.9 del primo semestre 2014 al 19.3% dello stesso semestre 2015). L’area della sofferenza di chi non ha un lavoro individuata dalla Fdv, si contrae su base annuale del 3% circa (meno rispetto alla flessione del 2011) e, con quella, il tasso di sofferenza (-3 decimi di punto) ma solo in ragione del minor numero di disoccupati e di occupati in cassa integrazione, mentre gli scoraggiati – che rinunciano a cercare un lavoro nella convinzione di non trovarlo - non diminuiscono in valore assoluto. La consistenza dell’area resta comunque eccezionale, stimata in circa 5 milioni di senza lavoro (compresi gli occupati in cassa integrazione). 
Le luci, quindi, vengono dalla forza lavoro più matura, in un contesto di progressivo invecchiamento della popolazione: ma se il contributo all’economia del Paese dei lavoratori over 54 cresce rapidamente per ragioni demografiche e per ragioni normative (legge Fornero), aumenta anche la sofferenza delle persone anziane che non lavorano (il tasso di sofferenza della classe 55-64 anni, vale a dire la quota di persone in età che cadono nell’area della sofferenza, ha raggiunto il 7.1% nel primo semestre 2015, pari a 541 mila persone, dal 6.1% di un anno prima e dal 2.4% del primo semestre 2007). 
Nel primo semestre 2015, di conseguenza, l’area della sofferenza e quella del disagio interessavano ancora più di 9 milioni e 300 mila persone complessivamente: rispetto al primo semestre 2014, il punto di massimo nell’arco degli ultimi otto anni, hanno registrato insieme una flessione dell’1.2% (equivalente a -117 mila persone).
Si tratta di un risultato che, secondo la Fondazione Di Vittorio, scaturisce dalla combinazione di fattori diversi legati alla congiuntura internazionale, alle aspettative degli imprenditori, all’andamento dei prezzi, in particolare dell’energia, alla politica espansiva promossa dalla Banca Centrale Europea (quantitative easing), ai provvedimenti di politica economica e agli incentivi posti in essere dal governo. “E' ancora prematuro valutare la misura dei singoli effetti, in particolare quanto sia robusta la ripresa e quanto sia influente su di essa la riforma appena approvata – scrivono i ricercato della Cgil -. Soprattutto è impossibile valutare la tenuta nel lungo periodo della nuova occupazione, quella che 14 nasce col beneficio del sollievo contributivo, in un contesto nel quale il carattere indeterminato dei nuovi rapporti di lavoro è tutto da verificare. Comunque i giovani ancora mancano all’appello e restano ai margini del mondo del lavoro, sospesi tra scoraggiamento, disoccupazione e precarietà”.
I DATI
Nel primo semestre 2015 il numero dei disoccupati è stimato in circa 3 milioni e 200 mila, 73 mila in meno (-2.2%) rispetto al numero record delle stesso semestre 2014, e il tasso di disoccupazione è al 12.5%, in flessione di 4 decimi di punto su base annuale ma ancora più del doppio rispetto al tasso pre-crisi del primo semestre 2007 (6.0%). Nel Mezzogiorno il tasso è al 20.3%, (21.8% per le donne e 19.5% per gli uomini), in discesa di sei decimi di punto ma solo per effetto della riduzione osservata nella componente femminile. Un cenno a parte meritano proprio le donne nel mezzogiorno che detenevano ancora nel primo semestre 2015 il record europeo dell’inattività (60.2% nel primo semestre 2015) e il più basso tasso di occupazione dell’Unione (31.1%). Guardando al futuro prossimo del nostro Paese, alle generazioni di giovani e giovani adulti fino a 34 anni di età che cercano di entrare nel mercato del lavoro e, una volta entrati, cercano di consolidare la loro posizione, osserviamo che il relativo tasso di disoccupazione è stabile rispetto al primo semestre 2014, fermo al 24.7%, il doppio di quello totale (nel 2007 era al 10.9% e la distanza tra i due tassi era contenuta in meno di 5 punti percentuali). 


Gli occupati nel primo semestre 2015 sono stimati in 22 milioni 328 mila e guadagnano 156 mila unità su base annuale (+0.7%); il tasso di occupazione è al 55.9%, mezzo punto sopra il valore registrato nel primo semestre 2014. L’analisi per classi di età indica però che nel primo semestre 2015 i giovani e i giovani adulti fino a 34 anni perdono insieme 151 mila occupati rispetto allo stesso semestre 2014 e il tasso di occupazione specifico scende al 38.3%, in flessione di mezzo punto su base annuale e di 12.3 punti rispetto al primo semestre 2007. Nell’ultimo anno si è registrato un lieve incremento stimato in 110 mila unità (pari a +0.7%), circa un decimo rispetto al volume di occupazione stabile e a tempo pieno perduto negli anni della crisi.


Negli ultimi otto anni la variazione complessiva del numero di occupati standard è stata negativa nelle classi fino a 44 anni e positiva nelle classi over 44 e, in particolare, nella classe 55-64 anni che rappresentava, prima della riforma Fornero, il periodo della transizione verso l’inattività. In 5 questi ultimi anni si è ridotto infatti progressivamente il numero di quanti, in quella fascia di età, lasciano il lavoro (anche a motivo dell’inasprimento dei requisiti di accesso alla pensione), con il conseguente, inevitabile invecchiamento della platea degli occupati, fenomeno più rilevante quando l’economia stenta a generare nuova occupazione. Tra il 2007 e il 2015, a fronte di un incremento demografico della classe 55-64 anni nell’ordine di 600 mila unità, il numero di occupati nella stessa classe è cresciuto più del doppio (+ 1 milione e 326 mila) e il tasso di occupazione specifico ha segnato un aumento straordinario, dal 33.4% al 48.1%.


Se analizziamo il tasso di sofferenza per classi di età, l’aumento nel periodo non ha risparmiato nemmeno i più anziani (55-64 anni) per i quali si registra un ulteriore incremento su base annuale (dal 6.1 al 7.1%) ancora nel primo semestre 2015. I giovani e giovani adulti fino a 34 anni e i lavoratori in età centrali (35-54 anni) hanno visto crescere la sofferenza in misura eccezionale tra il 2012 e il 2014; nei primi 6 mesi dell’anno corrente, come nel 2011, si registra un una diminuzione che tuttavia lascia l’indicatore su valori ancora sopra quelli registrati nel primo semestre 2013. 


La scansione del disagio per classi d’età dimostra che precariato e sottoccupazione hanno caratterizzato l’occupazione negli anni della crisi, interessando anche il lavoro degli occupati più anziani ma connotando in particolare quello di giovani e giovani adulti: nel primo semestre 2015 il 36.3% degli occupati under 35 cadevano nell’area del disagio, con un incremento di mezzo punto percentuale rispetto allo stesso semestre del 2014.



Fonte: Rassegna Sindacale

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