di Suan Morelli
Boom, sbang. È arrivata la nuova “generazione Bataclan”.
Per una che arriva un’altra scompare; non siamo i nostri genitori che lottavano per ottenere dei diritti, e non siamo i nostri figli che nasceranno rassegnati alla guerra e alle difficoltà; siamo quella generazione che dagli ultimi trent’anni di storia si è resa conto che il mondo va avanti in una sola direzione e che anche quando ti accorgi delle storture, l’unica cosa che possiamo ottenere è un “racconto” diverso.
Il quindicenne di oggi è nato in guerra e in crisi e imparerà facilmente ad odiare; ma noi, i quindicenni di ieri, gli racconteremo come qualcuno ha tradito i nostri sogni e i nostri ideali per far si che questa società diventasse realtà.
Gli insegneremo cosa vuol dire sognare un mondo di pace e di libertà come facevano i nostri genitori, gli insegneremo a sopravvivere in una società che manipola le loro vite, gli insegneremo ad essere figli della storia per costruirsi un futuro.
Abbiamo pensato di costruire una società in cui i nostri figli sarebbero stati felici di vivere ma non è stato così, perché siamo stati prima sedotti col miraggio del benessere e poi abbandonati a suon di bombe e di crisi.
Hanno costretto le future generazioni ad odiare le proprie vite, gli stanno insegnato a conformarsi e a non lamentarsi, gli stanno costruendo una società in cui si insegna ad amare ciò che non rende liberi.
Media e politica insegnano loro come vestirvi, gli dicono dov’è “figo” vivere, gli dicono quando sia bello non avere la certezza di un lavoro e di una vecchiaia serena, gli insegnano a fidarsi di ciò che dicono gli altri senza preoccuparsi di ciò che pensano, gli insegnano che è meglio una “paghetta”, con cui affogare i propri dispiaceri, anziché gli strumenti per costruirsi un futuro, gli insegnano ad essere competitivi per poter essere consumisti.
Gli fanno accettare l’idea che sia normale nascere in una società che tiene sotto controllo le persone, in città militarizzate in cui non è consentito il dissenso, per garantire la sicurezza.
Non sarà consentito preoccuparsi della pace e degli alti, non sarà consentito preoccuparsi del clima, della povertà, del futuro; ci insegneranno ad adorare la “delega”, ma non ci spiegheranno mai che per emergere in questa società dovremmo firmare un “patto con il diavolo”, non ci diranno mai che il successo, la notorietà, la sopravvivenza stessa dipende da ciò che serve agli affari.
Saremo la generazione zero, saremo la generazione che si autodenuncia, che racconterà come abbiamo costruito un mondo “a misura d’uomo” per i nostri figli; racconteremo come non abbiamo combattuto la criminalità organizzata, la corruzione, la guerra, le istituzioni internazionali che opprimono, l’apparire anzichè l’essere, abbagliati da una società che ci illudeva di volerci bene e ci diceva di non preoccuparci.
Glielo racconteremo perché siamo una generazione che non esiste, che non ha niente da perdere e che non capisce come sia possibile che il mondo continui ad andare avanti, nonostante tutte le contraddizioni che condizionano negativamente le nostre vite.
Non abbiamo bisogno di stelle, di bandiere o pregiudizi, siamo la generazione che non ha bisogno di difendere i valori antifascisti e laici perché ne faremo condividere i principi; siamo la generazione che non ha bisogno di difendere il welfare e il lavoro, perché ne faremo capire l’importanza; siamo la generazione che non avrà bisogno di difendere la libertà perché imparerà a costruirla.
A tutto ciò che sembrerà “normale”, obietteremo raccontando perché, in realtà, non lo è.
Quando l’istruzione sarà un privilegio, noi racconteremo che una volta era pubblica grazie alle lotte dei nostri genitori finchè qualcuno, anno dopo anno, non ci ha convinto che fosse meglio privatizzarla.
Quando la guerra sembrerà normale, noi racconteremo che è nata per scelte economiche e politiche ben precise di alcuni individui e che è sempre stato così.
Quando vi sembrerà normale che intere civiltà spariscano sotto i colpi dei cambiamenti climatici, noi vi racconteremo di come non abbiamo fatto niente perché era più “conveniente” avvelenarci.
Quando vi sembrerà normale essere cristiani, racconteremo di come i vostri rapporti con le altre religioni siano cambiati dopo che hanno spacciato una guerra tra clan come una guerra di civiltà; rideremo delle ipocrisie e racconteremo perchè non può essere sufficiente un “Papa di buon senso” per ripulire l’immagine della Chiesa.
Ci siamo costruiti questa società perché ci raccontavano che la globalizzazione e la competizione ci avrebbero resi più ricchi e invece ci siamo resi più poveri; ci raccontavano che aiutavamo i popoli oppressi a conquistare la libertà e invece ci siamo costretti allo sfruttamento e alla guerra; ci raccontavano che la tecnologia ci avrebbe reso più liberi e invece ci siamo costretti sotto l’occhio del Grande Fratello (ieri adoravamo quello in Tv, oggi chiediamo quello nelle strade) .
Volevamo una società che fosse l’opposto di questa, ci siamo fidati e siamo stati traditi, siamo stati superficiali perché abbagliati da un’idea di società commerciale, e l’unico modo che abbiamo per sdebitarci è piantare un paletto nella storia, dicendo a chi verrà dopo di noi che esistere non è così semplice come appare.
Siamo la generazione che dice come la pensa, che se ne fregherà dei giudizi e dei pregiudizi, che sorriderà ogni volta che verrà attaccata, che ridicolizzerà le ipocrisie e metterà a nudo le contraddizioni che condizionano le nostre vite.
Se siamo davvero una generazione sapremo trasformare la nostra vita in arte, ne scriveremo, lo canteremo, lo racconteremo, faremo in modo che la generazione Bataclan sappia che la loro storia è figlia di una generazione disillusa pronta a gettare la maschera.
R-Esistiamo
Fonte: Esseblog
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