La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 4 gennaio 2016

Una sinistra di tutte e di tutti per dare voce alla generazione senza voce

di Nicolò Ollino
Analizzando la società italiana pare che sfugga qualcosa: l’Italia è appena piombata all’ultimo posto in Europa per numero di laureati, la disoccupazione entro i 35 anni è crescente, chi lavora o è precario o se dipendente registra tutele in discesa, se autonomo è senza riconoscimento previdenziale.
Dovrebbe essere una situazione sul punto di esplodere con una generazione senza voce e futuro pronta a scatenare una protesta da far impallidire il ’68 ed il ’77.
Eppure no: non assistiamo ad alcuna tangibile ripresa del consenso della sinistra politica, né a forme credibili e larghe di autorganizzazione né alla messa in campo di una massiccia mobilitazione di popolo.
Al contrario i giovani sono la categoria che più di ogni altra alimenta statistiche quali fuga di cervelli, di manodopera e di aspirazioni di autorealizzazione, che è soggetta a fenomeni di alienazione dalla politica quando non di sostegno a forze politiche che si pongono come post-ideologiche, semplicisticamente pragmatiche e genericamente più spostate sul fronte dell’avversione che su quello della proposta.
Forse non sfugge nulla di particolare e questa è la naturale conseguenza dei passati trent’anni che hanno registrato, in progressione, l’istituzionalizzazione della pacificazione sociale ed il raffreddamento del conflitto con un sindacato divenuto meno combattivo. Il tutto condito di un individualismo che diventa debolezza collettiva e che può mutare in razzismo e strisciante eversione. Questa deriva umana e culturale che ha contraddistinto tutto il periodo berlusconiano trova il suo coronamento ed il suo campo più fertile nel renzismo. In questo senso, più che nel modo cabarettistico di relazionarsi con i media e paternalistico verso le persone, direi che Renzi è politicamente affine a Berlusconi.
Per evitare che questo contesto tragico si cristallizzi definitivamente e per tentare di costruire una risposta collettiva, alternativa all’altezza si deve produrre un cambio di passo. L’appello “per la sinistra di tutti e tutte”, che ci convoca per il 19-20-21 febbraio a Roma, è positivo perché tenterà di emanciparsi dai veti incrociati di forze politiche che hanno esaurito la propria funzione cercando invece di innescare un processo largo, partecipato, libero e innovativo. L’unico appunto è che forse davvero andava firmato, come suggeriva nella sua intervista al manifesto Cofferati, da un gruppo di persone giovani rappresentative di varie istanze territoriali, credibili nel proporre l’inizio di un percorso aperto e così togliendo argomenti a chi sfotticchia parlando di appello anonimo ma dei soliti noti.
Se l’appuntamento funzionerà non è scontato, naturalmente. Se sarà in grado di coinvolgere in assemblea e soprattutto in prospettiva la generazione senza voce e senza futuro ad oggi è un auspicio, ma la possibilità c’è. Occorre però che si ponga attenzione a due temi: la forma, ovvero che l’impostazione dell’appello rimanga solidamente quella enunciata, quindi assenza di proprietari e azionisti maggiori e totale condivisione delle modalità organizzative così da far sentire da subito potenzialmente tutti partecipi e non ospiti. Il secondo tema è la credibilità dei contenuti alla base dell’incontro, che devono essere attuali e innovativi e rispetto ai quali va presentato da subito un piano di continuità nell’elaborazione. Per fare qualche esempio: le tematiche del lavoro che ci interrogano anche sulle necessità di nuovi modi di sviluppo alternativi allo schema neoliberista; la porosità del percorso rispetto a tutte quelle sollecitazioni positive di cui la nostra società è ancora ricca; la contaminazione con le difficili modalità comunicative e partecipative delle nuove tecnologie; una serrata e franca riflessione collettiva in merito ai temi riguardanti l’Europa e la geopolitica internazionale.
Naturalmente un inizio, proponendosi di scrivere insieme entro qualche settimana dall’assemblea una carta di valori, un codice identificativo politico basilare e riconoscibile – come da appello – da tutti e tutte.

Fonte: Esseblog 

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