La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 settembre 2016

Da Marchionne a Illy: la schiera degli industriali a favore della controriforma costituzionale

di Loris Campetti
Il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, l’amministratore delegato e il presidente di Fca (Fiat Chrysler Automotive) Sergio Marchionne e John Elkann sono i grandi sponsor di Matteo Renzi e della sua controriforma costituzionale che butta nel fiume 47 articoli della Carta fondamentale delloStato italiano. Renziano senza freni anche il padrone dei freni Brembo, Alberto Bombassei, spirito animale del capitalismo nostrano, che al massimo canta al sindaco d’Italia “si può fare di più”. Per non parlare del re del caffe, Illy.
Tutti per il Sì, naturalmente: dove lo troverebbero un altro premier capace di smantellare i diritti del lavoro senza provocare rivolte e manifestazioni milionarie al Circo massimo? Vogliono semplicemente sostituire la democrazia con la governabilità, chiedono decisionismo e rapidità e, soprattutto, più agevolazioni all’impresa e meno tasse. Il liberismo di centrosinistra, per loro, garantisce risultati migliori del liberismo di centrodestra.
Quale scenario migliore di Shangai per l’ennesima partitella d’allenamento di pingpong tra premier e padroni? In Cina per il G20 che deve affrontare i grandi problemi del pianeta, Renzi in cerca di altri padroni disponibili a venire ad abbufarsi nel Belpaese, dopo aver omaggiato il nuovi padroni dell’Inter e della Pirelli, non perde l’occasione per l’ennesima propaganda referendaria: “Aperti al cambiamento… l’Italia dopo molti anni di crisi ha ricominciato a marciare nella giusta direzione (più ingiustizia sociale, zero pil, disoccupazione giovanile al top, ndr)… l’Italia ha grandi possibilità, purché smetta di piangersi addosso e faccia le riforme”.
Ma il meglio di sé, Renzi lo dà all’università di Tongji e nel ristorante più esclusivo di Shangai, Hause of Roosevelt, a cena con la creme de la creme del padronato italico – Ferrero e Ferrari, Luxottica e Prada, Brembo e Fincantieri, Marcegaglia e Intesa, Gucci e l’intero sistema bancario, Mps compresa: “Torino sembrava finita” con la crisi Fiat invece è ripartita e alcune delle aziende più innovative sono nate sotto la Mole; e “la Fiat è ripartita, ha salvato e comprato la Chrysler, ha saputo ripensarsi”.
Contemporaneamente all’ennesimo peana in onore di Marchionne, l’ultima assemblea torinese della holding della famiglia Agnelli che sta al vertice dell’impero Fca (con la Giovanni Agnelli Sas che consente alla famiglia torinese di controllare Exor) decreta la fine di ogni, ultimo rapporto con l’Italia e la fuga, come già Fiat, Cnh Industrial, Ferrari, Partner Re, in Olanda dove viene trasferita la sede legale. Dopo 117 anni di favori da parte dello stato italiano, sgravi, regali, detassazioni, incentivi, rottamazioni, aree, riforme ad hoc, la ex Fiat fa marameo al fisco e ci saluta tutti. Sedi legali nei Paesi bassi e fiscali a Londra.
È il modello che piace a Renzi. Quanto poi a Torino, il grande rottamatore di uomini, idee e Costituzione ha dimenticato di dire ai nostri padroni seduti a mangiare spiedini di cavallette alla Hause of Roosvelt che purtroppo, pur di rimandare a casa Fassino che aveva invitato gli operai di Mirafiori a baciare la mano di Marchionne votando sì al referendum lavoro in cambio di diritti, hanno votato in massa per la candidata del M5S. E chissà che gli operai torinesi al prossimo referendum, quello sulla controriforma costituzionale, non finiranno per dare una nuova delusione a Matteo Renzi.

Fonte: Il manifesto 

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