La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 20 settembre 2015

Ma il problema vero dei beni culturali è che spendiamo meno di Cipro e Bulgaria

di Vittorio Emiliani
Nella marea di cronache e di commenti immediati che ha invaso televisioni, web, giornali online sulla chiusura di due ore e mezza del Colosseo, una delle rarissime voci di saggezza è stata quella dell'attore Valerio Mastandrea il quale da Lilli Gruber ha chiesto: "Ma non dovremmo discutere di altre priorità? Di altri problemi più importanti per il Paese?" E anche il giorno dopo non è che i quotidiani ci abbiano fatto una gran figura: i più si accodano a Renzi e a Franceschini nel fustigare il personale della Soprintendenza Archeologica di Roma additandolo al pubblico ludibrio, alla gogna anche internazionale per aver osato "sfregiare l'immagine di Roma". Così si è espresso anche il sindaco Ignazio Marino. Ma non c'è ben altro di cui Roma e la sua classe dirigente dovrebbero arrossire, per esempio degli appalti comunali che per un anno dopo Alemanno sono stati aggiudicati a trattativa privata anziché con libere gare.
Per fortuna ci sono ancora menti sagge che hanno raddrizzato la barra di questa comunicazione mediatica come impazzita in una maionese di pressapochismo e di facile esecrazione dei sindacati.
Alcuni (pochi) hanno spiegato che queste assemblee era dovute all'esasperazione per il numero sempre più ridotto di personale: al Colosseo appena 27 custodi a turno (a volte anche notturno) per 6.000 e più visitatori al giorno, quando l'ingresso è stato gratuito, ben 9.000. E che gli straordinari maturati da nove mesi ad oggi non stati pagati a dipendenti che guadagnano sui 1.100 euro al mese (gli stessi funzionari di seconda fascia, responsabili di grandi musei o di siti archeologici non arrivano a 1.900). Dopo la famigerata assemblea si assicura che saranno pagati.
Con piglio decisionista napoleonico Matteo Renzi ha varato in giornata un decreto legge (si è perso il conto, credo) col quale i servizi museali vengono equiparati a quelli ospedalieri, ai trasporti pubblici, ecc. Cosa non facile sul piano giuridico e che però accontenta la "pancia" di chi non sopporta i sindacati. Il problema di fondo era questo? No, proprio no. L'hanno notato Massimo Cacciari, Tomaso Montanari, Simone Verde e non molti altri (quorum ego, diceva il Brera). Il problema centrale è rappresentato dalle risorse cronicamente scarse che i governi destinano ad Arte & Cultura: nel 2006, ultimo governo Prodi, non erano un granché però rappresentavano ancora lo 0,40 % del bilancio statale. Col governo Berlusconi si sono più che dimezzate precipitando allo 0,19. Va precisato, a questo punto, che, secondo dati Istat, nel 2011 l'Italia - col formidabile patrimonio che ha ereditato - figurava al 22° posto nella classifica della spesa, in assoluto e in percentuale sul PIL, sotto la media Ue e dopo Malta, Cipro e Bulgaria. Non dovremmo arrossire e indignarci per questo che la causa di quasi tutto?
Pare di no. La nota integrativa al bilancio statale per il triennio 2014-2016 prevede un ulteriore calo delle risorse da spendere per "tutela e valorizzazione (fa sorridere) dei beni e delle attività culturali e del paesaggio" pari all'8,3 % . Calo ancor più marcato, così imparano ( - 9,4 %), per i beni archeologici: dove avrà scovato il ministro Franceschini i 20 milioni di euro da destinare alla hollywoodiana Arena Colosseo già celebre per la sua superfluità Il primato però nella riduzione delle risorse toccherebbe ai beni artistici, architettonici e paesaggistici (messi assieme in un gran minestrone): - 10,3 %. Quanto all'organico dei dipendenti ministeriali, in certi casi è già dimezzato, coi musei e gallerie che aprono quando possono (nel polo Bologna-Ferrara il personale è sceso da un'ottantina a meno di venti addetti).
Secondo dati sindacali, con le nuove piante organiche varate con decreto (e ti pareva) da Franceschini in agosto, i dipendenti del Ministero - che erano a quella data 25.175 - devono scendere a 19.050 Condite tutto ciò col silenzio/assenso su grandi opere, lottizzazioni, villaggi, ecc, e con la sottomissione delle Soprintendenze ("Sovrintendenti de che?", ha scritto Renzi derisorio nel 2011 sbagliando pure la sigla) ai Prefetti si può ben dire che è praticamente pronto, per la gioia dei mercanti e degli speculatori, dei privati così avari di mecenatismo ma così desiderosi di fare business, il funerale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turistiche. Se lo sarebbero immaginato Spadolini, Biasini, Ronchey e altri galantuomini titolari del Collegio Romano?

Fonte: Huffington Post

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