La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 29 novembre 2015

Il teatro delle elezioni

di Justin Podur
Negli 11 anni scorsi, fin dal colpo di stato e dal rovesciamento del governo eletto nel 2004, Haiti è stata considerato uno stato così non funzionante, così fallito, che la comunità internazionale ha deciso di gestirlo direttamente. Le truppe dell’ONU pattugliano le sue strade. Le organizzazioni non governative supervisionano la maggior parte delle misure sociali. I donatori forniscono i finanziamenti. Le risorse e la capacità del governo sono limitate. Ci sono state le elezioni nel 2010/2011 e ci sarà un’elezione presidenziale con ballottaggio alla fine di dicembre – entrambe queste elezioni si sono svolte in questo regime di governo limitato, con un massimo di comunità internazionale (che si potrebbe definire ‘governo dei donatori’ e che io chiamo la ‘Nuova Dittatura di Haiti’). Le elezioni del 2010/11 erano state politicizzate e non corrette. Avevano impedito al partito più popolare, Fanmi Lavalas, di partecipare. Il primo turno delle attuali elezioni è stato caratterizzato da massicci brogli, e gli haitiani lo sanno. Stanno protestando e le loro proteste vengono accolte da gas lacrimogeni della polizia – una delle poche cose che è permesso fare al governo (anche se questo importante dovere è spesso condiviso con l’ONU).
Alcuni osservatori potrebbero mettersi le mani nei capelli e dire: come ci si potrebbero aspettare elezioni credibili? Haiti è un paese povero e non funzionante. Haiti, però, ha avuto elezioni corrette – si sono svolte nel 1995 e nel 2000, prima che subentrasse l’ONU. La comunità internazionale che governa Haiti fin dal 2004, è l’organismo che è incapace di gestire elezioni corrette. Ciò che è successo ad Haiti, è accaduto anche in Afghanistan dove le elezioni presidenziali del 2014 sono state vinte da Ashraf Ghani, dopodiché la comunità internazionale ha imposto la condivisione del potere con il perdente, Abdallah Abdallah. E’ stato negoziato un accordo straordinario come parte di questo: gli esatti totali dei voti non sarebbero stati resi pubblici.
La prima versione mondiale di ciò che accade ad Haiti e in Afghanistan è ciò che Tariq Ali definisce il Centro Estremo, in cui i partiti politici non si distinguono l’uno dall’altro riguardo ai problemi più importanti, e si alternano al potere. In queste condizioni, in cui argomenti importanti sono fuori discussione, le elezioni giuste sono accettabili per le élite.
Naturalmente i ricchi paesi occidentali hanno i loro problemi riguardo alle elezioni. Il caso più famoso è stato quello delle elezioni presidenziali americane del 2000, quando i dispostivi per votare e le schede sono state rese incomprensibili per i votanti, quando le corti supreme sono intervenute a impedire un nuovo conteggio dei voti ed altri eventi che sono più strani della finzione. In confronto, gli imbrogli elettorali in Canada nel 2006 e nel 2011 sono stati relativamente minori. Quando Jeremy Corbyn divenne leader del partito laburista, un generale disse ai media casualmente, che ci potrebbe essere un colpo di stato militare se Corbyn vincesse mai un’elezione generale.
Se ci si potesse fidare che gli elettorati fanno la cosa giusta, allora coloro che sono al potere non avrebbero necessità di imbrogliare. Molti tiranni hanno padroneggiato l’arte del teatro delle elezioni: il presidente dell’Egitto, Sisi, è riuscito a vincere le elezioni presidenziali del 2014 con un sorprendente 96,91 dei voti. Il presidente della Siria, Assad, ha tenuto le elezioni nel 2014 dove le persone stavano scappando per salvarsi la vita e dove il suo esercito e i suoi oppositori stavano massacrando un grande numero di elettori. Ha ottenuto un notevole 88,7% dei voti. Paul Kagame, Presidente del Ruanda che è riuscito a far eliminare i limiti in modo che lui (e lui solo) poytesse candidarsi alla presidenza, ha vinto le elezioni del 2010 con il 93%. I vicini di Kagame, Joseph Kabila, nella Repubblica Democratica del Congo e Yoweri Museveni in Uganda, usano alcune delle stesse tecniche, compreso l’arresto dei rivali e terrorizzare la stampa, ma hanno avuto un successo molto più modesto (Museveni ha vinto le elezioni del 2011 con il 68%, Kabila ha vinto le elezioni del 2012 con il 48,95%).
Alcuni paesi non si danno pena di fingere. Due esempi: Israele non fa finta di dare voce in capitolo ai palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, dei quali controlla la vita fino all’ultimo dettaglio, riguardo al modo in cui vengono occupati. L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta che programma perfino le decapitazioni e le crocifissioni dei giovani come Mohammed Nimr che è ancora molto in pericolo. I governi occidentali che osservano intensamente e che fanno commenti severi sulla correttezza delle elezioni in paesi come Ecuador e Bolivia, fanno ottimi affari di molti miliardi di dollari con Israele dell’apartheid e con il Regno Saudita.
Ma, chiaramente, la finzione non è importante. Pochissimi paesi ottengono il tipo di immunità che hanno Israele o l’Arabia Saudita. Malgrado la trasparenza della frode e la non credibilità dei risultati, la maggior parte delle dittature svolgano consultazioni elettorali. Nella maggior parte dei casi, la parvenza di legittimità elettorale è sufficientemente importante per conservare il teatro delle elezioni, anche se in molti luoghi gli elettorati non sono potenti abbastanza da imporre realmente il loro volere tramite le elezioni.
D’altra parte, ci sono ancora elezioni corrette, dove l’elettorato ha realmente voce in capitolo. Un esempio: il BJP (Partito del Popolo Indiano) di Narendra Modi è stato sorpreso di avere perduto le recenti elezioni nello stato del Bihar, in cui l’elettorato ha espresso il suo verdetto sulle dichiarazioni non comprovate del BJP riguardo allo sviluppo e sul suo programma controverso e anti-laico. Un altro esempio: mentre la nazione più ricca e potente della storia umana continua a lottare con combinazioni incomprensibili di schede cartacee e con i dispositivi per votare, il Venezuela è riuscito a creare un sistema di voto con cui è difficile frodare (credo che almeno una volta, tempo fa, i dispostivi che usa il Venezuela per votare, erano fabbricati negli Stati Uniti – almeno una volta questi dispositivi hanno contribuito a elezioni corrette in qualche posto).
Anche queste elezioni reali pongono dei rischi, perché la fede nella legittimità elettorale non è condivisa da tutti i candidati. Il desiderio del partito BJP di rendere l’India una nazione hindu, contrasta con la costituzione democratica dell’India. Se in dicembre l’opposizione venezuelana andrà al potere, è improbabile che rispetterà la costituzione o che manterrà l’integrità del sistema elettorale.
Le elezioni sono importanti. Se non le fossero, non si impiegherebbero tanti sforzi per manipolarle, limitando le opzioni disponibili per l’elettorato, e impedendo loro di essere liberi. E molti tiranni non sentirebbero di avere ancora necessità di dimostrare con delle prove che hanno le elezioni, anche se non libere. Ma un mondo di elezioni libere, corrette con delle scelte per gli elettori, è ancora un’utopia lontana.
E anche dove ci sono elezioni relativamente corrette, i buoni sistemi elettorali sono sempre a rischio. Questi non sono faccende tecniche gestite da parti disinteressate. Sono faccende politiche e questo è il motivo per cui anche le parti che sembrano più disinteressate, come la comunità internazionale che governa Haiti, non sembra che le capisca bene. Per fare questo, la comunità internazionale dovrebbe valutare la democrazia haitiana più positivamente rispetto al suo governo prolungato, e credere che gli haitiani hanno il diritto e la capacità di prendere le loro proprie decisioni riguardo al governo. Quel tipo di sentimento democratico è sorprendentemente raro, specialmente tra coloro che si sono abituati a governare senza essere stati eletti.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale : TeleSUR English
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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